“Mi rifiuto di esprimere valutazioni sulla Corte dei Conti”. Lo ha ripetuto due volte Nello Musumeci, nel corso dell’intervista al collega Mario Barresi su “La Sicilia”. Due volte, e non è un errore di stampa. Al cronista che gli chiede sui parametri negativi dei giudici contabili, freschi di pronuncia sul Defr; e sulle prospettive di crescita al ribasso. “Ho grande rispetto per tutta la magistratura ordinaria, amministrativa e contabile – ha argomentato il presidente della Regione – E sono convinto che chi amministra debba essere al di sopra di ogni sospetto. Ma credo debba esserlo anche il magistrato che esamina l’operato dell’amministrazione”. “Ho saputo, ad esempio, che uno dei relatori del mio operato è un magistrato laico ex assessore di una giunta di centrosinistra nel comune di Palermo. Credo che in termini di opportunità qualche problema ci sia”. Il riferimento è a Luciano Abbonato, ex assessore al Bilancio della giunta Orlando, che nel 2016 lasciò l’esecutivo e fece il proprio ingresso, spinto dall’Anci, nella sezione di controllo regionale della Corte dei Conti. E’ fra i cinque relatori che si sono presentati un paio di giorni fa all’Ars, per l’audizione in commissione Bilancio.

A Musumeci l’ennesima bocciatura dei giudici non è andata giù. La Corte ha bollato come “irrealistiche” le prospettive di crescita contenute nel documento di economia e finanza della Regione (per il triennio 2020-22) approvato dalla giunta regionale nello scorso mese di ottobre. E’ la seconda durissima reprimenda dopo quella del 13 dicembre scorso, giorno del giudizio di parifica. E Musumeci si è sentito di intervenire con forza, a gamba tesa, pur di difendere l’operato da quattro in pagella del suo assessore all’Economia, Gaetano Armao, ormai funestato dalle brutte notizie. Il governatore non accetta gli scapaccioni, e non è d’accordo sul fallimento delle politiche contabili e finanziarie, certificate un giorno sì e l’altro pure dagli organi competenti.

Eppure Musumeci, il 13 dicembre scorso, si era presentato nella sede dell’istituto di Storia Patria, a Palermo, per assistere al giudizio di parifica che ha “svelato” il disavanzo monstre dell’Amministrazione. E’ stato il primo governatore della storia a prendere la parola al termine della relazione dei giudici. Un segno di distensione. “Devo rappresentare – disse in quel caso – le ragioni di un ente che è oggettivamente in crisi finanziaria. Il dato è il frutto di un passato che ha visto sprechi e mala gestio. Mi conforta non essere mai stato responsabile degli elementi che hanno generato questa crisi. Abbiamo però la responsabilità di fare fronte a quanto ora emerge”. A distanza di qualche mese l’apertura è venuta meno, e i sospetti avanzano. Non tutti i membri della Corte sarebbero imparziali. L’ascia da guerra è stata dissotterata. “Ogni giorno un nemico nuovo” è il mood del governo.