Negli ultimi sei giorni il presidente Renato Schifani ha tagliato tre nastri. La media di un’inaugurazione ogni quarantott’ore. Ma spesso il battesimo di opere pubbliche, sagre, iniziative, reparti d’ospedale (talvolta), nasconde profonde inefficienze mai sanate. Fateci caso. Giovedì scorso, vigilia dell’Immacolata, il capo del governo, accompagnato da Alessandro Aricò, in qualità di assessore alle Infrastrutture, si è recato allo svincolo di Modica dove ha “aperto” il tratto d’autostrada che porta dalla città della Contea alla vicina Ispica: 12 km in tutto. Nessuno, nel Ragusano, si spiegava il motivo di cotanta festa: quel pezzo di A18, infatti, era pronta da almeno sei mesi e tutti i deputati locali avevano fatto a gara per annunciare l’apertura e “bruciare” il coinquilino di turno. Hanno fallito miseramente perché la Cosedil, impresa che ha portato a termine il lotto, si era rifiutata di consegnare l’opera – già collaudata – in attesa che venissero saldati i pagamenti arretrati. Così tutto è slittato.

Ma non è finita. L’autostrada che sarebbe dovuta arrivare a Gela già da cinquant’anni, resta un’incompiuta: il lotto successivo, che terminerà a Scicli, è stato finanziato per quasi 400 milioni ma non è stato ancora appaltato. Se questi sono i tempi della burocrazia, spinta da una politica inefficiente, quanti altri anni ci vorranno per vedere l’opera conclusa? E quanti altri nastri potrà tagliare Schifani nel frattempo? Non molti… La progettazione dei lotti successivi, fino a Gela, è in alto mare. Il deputato del Partito Democratico, Nello Dipasquale, ha banalizzato la questione facendo centro: ¨Mentre il governo di centrodestra inaugura per la seconda volta questo intervento (il primo tra Rosolini e Ispica, nel 2021) finanziato dal Partito Democratico e appaltato dal governo Crocetta, ci chiediamo quando l’esecutivo in carica penserà di portare nuove risorse per la realizzazione di infrastrutture che, come questa, favoriscono lo sviluppo del territorio”.

Mancano le opere, mancano i soldi, manca tutto. Sempre nel campo delle infrastrutture, un altro messaggio distorto arriva dal nuovo collegamento diretto fra Agrigento e l’aeroporto Falcone-Borsellino di Palermo, che Schifani e Aricò hanno ufficialmente lanciato nei giorni scorsi (con un altro taglio del nastro). Il treno partirà due volte al giorno e impiegherà circa due ore e mezzo per arrivare a destinazione. Il collegamento, che permetterà di evitare i cambi e di bypassare la fermata di Palermo centrale, appare utile finché si vuole, ma comunque limitato (e limitante). “Si celebra il nulla – fa notare Ismaele La Vardera, di Sud chiama Nord – ovvero 106 km percorsi in 2 ore e 33 minuti (meno di un chilometri al minuto). La domanda è: cosa c’è da festeggiare? Davvero la nostra classe politica si accontenta delle briciole date ai siciliani? Davvero dobbiamo continuare a festeggiare per dei collegamenti che sono distanti anni luce da una normalità che qui da noi è vista come straordinaria?”.

Quella porzione di territorio, inoltre, attende la conclusione di un’opera importante come la Palermo-Agrigento, dove Aricò ha promesso che verranno smontati tutti i cantieri entro il 2024, giusto in tempo per la manifestazione “Agrigento Capitale della Cultura” che verrà celebrata l’anno dopo. Fino ad allora percorrerla sarà un’impresa, un continuo zig zag. Mentre il ministro Salvini, con la solita dose di qualunquismo, elenca numeri stratosferici: “In Sicilia sono previsti investimenti per circa 15 miliardi di euro, con particolare attenzione alle strade statali di collegamento, alle tangenziali di Palermo, Agrigento e Catania e ai lavori dell’autostrada Siracusa-Gela” (stiamo parlando della stessa Siracusa-Gela di prima). “Per la rete ferroviaria, sono programmati investimenti per 13 miliardi. Siamo determinati a utilizzare tutte le risorse, anche europee, pur di recuperare decenni di immobilismo”. Intanto però ha dovuto incassare la retromarcia di Schifani sul co-finanziamento per il Ponte sullo Stretto: il miliardo e 200 mila euro promesso alcune settimane fa, sarà rivisto al ribasso, perché il Psc (Piano Sviluppo e Coesione) 2021-27 prevede altre priorità “di forte impatto economico e strategico”. Il vicepremier si è “vendicato” stornando la cifra di 1,6 miliardi dai fondi destinati a Sicilia e Calabria.

Un altro nastro tagliato da Schifani è quello di Chocomodica, evento per il quale l’Assemblea regionale ha scucito di recente 75 mila euro (con il Collegato-ter). Ma altri tagli e altre imprese, a fronte di altrettante inefficienze, sono passati in rassegna di recente. La settimana scorsa è stato il turno della piattaforma robotica Mako ad alta tecnologia per la chirurgia protesica, installata all’ospedale Ingrassia di Palermo: “E’ un momento che dà il senso della responsabilità della sanità pubblica e dell’adeguamento tecnologico dei macchinari”, ha detto Schifani.

Anche se sul fronte dell’edilizia ospedaliera sono stati fatti passi avanti risibili. Molti reparti per l’emergenza e urgenza, assegnati alla supervisione della struttura commissariale anti-Covid (si parla di aree di pronto soccorso e nuovi reparti di Terapia intensiva) non hanno visto lo striscione del traguardo, mentre la struttura medesima è stata assorbita dal Dipartimento della Pianificazione strategica. Anche sul fronte del Pnrr – ospedali e case della comunità – si viaggia a scartamento ridotto. Per non parlare della sanità in generale: mancano medici e infermieri, la cui assenza ha prolungato l’agonia degli ospedali di periferia; non si smaltiscono le liste d’attesa, coi pazienti esasperati e “costretti” virare sui privati; il futuro dei convenzionati è appeso a un filo, complice un Nomenclatore tariffario (stabilito a Roma) che porterà i laboratori analisi sul lastrico. Ogni rappresentazione d’efficienza, promossa a mezzo social, finisce col decuplicare ed evidenziare le numerose criticità del sistema.

Schifani ha anche tagliato i nastri della Fiera Mediterranea del Cavallo e della Coppa d’Assi, entrambe scippate alla tenuta di Ambelia (glorificata da Musumeci) e trasferite alla Favorita di Palermo. E poi ci mancava poco che non tagliasse il nastro – in quel caso si è limitato a una cospicua sponsorizzazione su social e giornali – per l’arrivo di Aeroitalia in Sicilia. Il “terzo vettore” che avrebbe dato filo da torcere a Ita e Ryanair. Non solo la compagnia di Intrieri e Corona, il country manager amico del presidente, ha derogato ai prezzi calmierati (l’antica promessa prima di sbarcare nell’Isola) ma adesso non applica neppure gli sconti sulla tratta Palermo-Milano, per il semplice fatto che non esiste un volo diretto. Chi fa scalo, infatti, è considerato cittadino di Serie B.

Questo “limite” rientra nel catalogo dei bluff – già ampiamente appurati – introdotti con gli sconti. Che si sono rivelati guadagni aggiunti per le compagnie. Quelle aderenti all’Avviso della Regione (vedi Ita e Wizzair), non solo hanno aumentato le tariffe; ma non hanno neppure adeguato i sistemi di prenotazione, costringendo i clienti all’odiosa pratica dei rimborsi. Prima prenoti, poi viaggi e alla fine, se hai conservato la carta d’imbarco, forse recuperi il 25 per cento (o il 50). Non è dato sapere in quanti mesi, dato che sarà la Regione a occuparsi dei bonifici su conti corrente dei richiedenti.

Dietro ogni annuncio di belle speranze, si nasconde una voragine. Vale per il caro-voli, per le strade, per i treni, per la sanità. Ecco perché ogni inaugurazione, anziché rappresentare un momento di sviluppo e di svolta, è la dimostrazione plastica del suo opposto. Delle occasioni mancate. Dei soldi sprecati. Di un immobilismo quasi imperituro. Di una rassegnazione, da parte dei cittadini, sempre più dilagante.