A Gela la protesta è già scesa in piazza. Il sindaco Terenziano Di Stefano guida i cittadini contro i tagli al “Vittorio Emanuele”, simbolo delle criticità della nuova rete ospedaliera, ancora in bozza ma già contestata in tutta la Sicilia. A rendere più drammatico il quadro sono le testimonianze dei familiari, riportate dall’edizione palermitana di Repubblica: Flavia ricorda il figlio Rocco, accoltellato e salvato a fatica perché «la chirurgia toracica a Gela non c’è e l’elisoccorso tardava ad arrivare». E Giusy, madre di Francesco, morto a vent’anni, accusa: «È una ferita che non si chiude. Se quel reparto fosse stato aperto – si riferisce alla Gastroenterologia, chiusa la sera per mancanza di medici – mio figlio si sarebbe potuto salvare».

L’assessore Daniela Faraoni respinge le accuse dei sindaci: «Noi abbiamo incontrato tutti». Ma la rabbia si estende dall’entroterra fino alle città d’arte. Da Bronte, Pino Firrarello avverte: «Non si può parlare di ospedale se poi ci lasciano 25 posti letto. Così è un po’ più di una guardia medica». Il sindaco di Corleone, Walter Rà, parla di un «disegno finalizzato alla penalizzazione delle aree interne». A Nicosia, Fabio Bruno denuncia: «Ne hanno mantenuti 7 per un reparto che fa 600 interventi l’anno. Una follia».

Il presidente dell’Anci, Paolo Amenta, sottolinea: «Questa rete, così com’è, non risponde al bisogno di salute dei siciliani». E da Noto, Corrado Figura aggiunge: «Si può tenere chiusa un’area di emergenza in cui salvano vite per mezza giornata, tutti i giorni?». Anche in politica crescono le tensioni: Nuccio Di Paola (M5S) attacca «un sistema basato su logiche politiche», mentre FdI avverte con Giuseppe Zitelli: «Così si crea soltanto l’inevitabile effetto imbuto per i pronto soccorso degli ospedali maggiori».