Nella schiera di sovrintendenti e direttori artistici dei teatri lirici di mezzo mondo che si sono divisi in colpevolisti della prima ora e garantisti, Francesco Giambrone si iscrive tra questi ultimi e conferma: Placido Domingo sarà a Palermo, come era stato annunciato, nel febbraio del 2021 con il «Simon Boccanegra» di Giuseppe Verdi (la stagione 2021 si aprirà a gennaio con l’«Onegin» di Ciajkovsky). Non dice nulla, il sovrintendente del Teatro Massimo, sulla vicenda delle molestie sessuali che ha visto coinvolto l’artista spagnolo più celebre al mondo accusato da 51 donne (cantanti, orchestrali, ballerine, impiegate di varie istituzioni lirico-sinfoniche internazionali) che hanno detto di essere state vittime di pressanti attenzioni da parte del tenore/baritono e direttore d’orchestra, accuse che, per ultimo, hanno portato al clamoroso annullamento, da parte dello stesso artista, delle recite di «Macbeth» al Metropolitan di New York (Domingo si era esibito alla “generale” lunedì scorso ma ha poi preferito rinunciare al debutto previsto per mercoledì sera e alla repliche successive). Per Giambrone dunque “in dubio pro reo” e chissà comunque cosa potrebbe ancora accadere (o non accadere) nei prossimi sedici mesi che ci separano dal febbraio 2021.

Di vere e presunte molestie sessuali sono piene le cronache e l’aneddotica del mondo dell’opera: da artiste sequestrate a doppia mandata di chiave nel proprio camerino a palpeggiamenti singoli e multipli sia simulando “scenica scienza” (come canterebbe Tosca) durante gli spettacoli o dietro le quinte, di relazioni parallele e semiclandestine, alcune vissute nella leggerezza scandalistica delle riviste rosa, altre nel doloroso privato di rinunce a figli per il “buon nome” familiare e artistico.

In tempi di “me too” quelle indirizzate a Domingo sono pesanti come macigni. L’artista si difende, se qualcosa è accaduto – dice – è stato non senza il consenso dell’altra parte. La decisione di lasciare il «Macbeth» avviene in un teatro nel quale il “divo” spagnolo ha esordito 51 anni fa, quando era appena ventisettenne e sul cui palcoscenico è salito per quasi mezzo secolo di fila. Intanto dall’altra parte dell’America arrivano nuove disdette: quella della Philadelphia Orchestra e dell’Opera di San Francisco, per esempio, che hanno cancellato le date in calendario che prevedevano la partecipazione del cantante, mentre una commissione d’inchiesta è stata istituita dalla Los Angeles Opera dove Domingo ricopre il ruolo di direttore.

L’onda d’urto del “me too” è comunque più debole in Europa dove lo “scandalo Domingo” è arrivato con la forza flebile di una risacca. Tanto che il cantante è stato accolto da un trionfo alla fine della «Luisa Miller» nel cui cast figurava al Festival di Salisburgo a fine agosto, a pochi giorni dalle accuse. E non sembra che altre date siano state cancellate tra quelle in programma in varie capitali del Vecchio Continente nei mesi a venire.