Lui era lì, giovanissimo, accanto al Maestro. Poco più che ventenne, al fianco di un Gigante della Scena ché Gigante era stato già prima, con Strehler, al Piccolo, impareggiabile Cotrone. Anche stavolta un mago, scespiriano stavolta, da Cotrone a Prospero. A quel Prospero, a L’ultimo Prospero, così si intitola il suo docufilm che verrà presentato alla Festa del Cinema di Roma (il 21 ottobre al Teatro Palladium, il 26 al MaXXi), Daniele Gonciaruk, attore e regista messinese, dedica adesso questa sua opera filmica. Omaggio a Turi Ferro, scomparso nel 2001, il più grande tra i siciliani del Novecento sulla scena, ma anche il più moderno, il più contemporaneo dei suoi tempi.

Gli avevano consigliato di non andare in scena, quella sera del novembre 1997, a Turi/Prospero. La febbre, il catarro… e poi c’erano gli anni ma, come si sa, quelli sono solo una convenzione per un grande attore. No, si va in scena lo stesso. Prospero non può aspettare e nemmeno Catania, il “suo” Teatro Stabile, il pubblico, il debutto, l’inaugurazione di stagione, la critica.

Alle nove meno dieci in sala si smorzano per ultime le mezze luci. Platea e galleria del “Verga” stracolme e silenziose. Prospero è pronto. Il malessere, i 38 e passa di temperatura, l’età (anche quella sì, perdio), la tosse che lo tormenta ma che lui, chissà come, doma. A tre quarti di spettacolo, lo tradisce solo la memoria, il fuoco che ha in corpo sovrasta quello che gli si accende ogni volta che recita. Si ferma un attimo, un attimo soltanto: il tempo di sibilare «scusate» ma senza neanche guardarlo, il pubblico che sta in apnea, avvicinarsi alla quinta di destra, uno schiocco di dita quasi impercettibile, autorevole solo nel gesto, il suggeritore che gli porge il copione senza mostrare la mano, non c’è denaro per sapere quante parole lesse, quante poche righe, quali battute, con quali occhi lucidi di febbre, con quale sortilegio il mago di Shakespeare tornò, nel giro di una manciata di secondi  – tra i 5 e i 10 – ad operare il suo incantamento.

Allunga il braccio, l’attore/mago, restituisce il copione in quinta e riprende ad ammaliare. In platea non l’accenno di un applauso, non il soffio di un fiato. Solo enorme rispetto. Grande Turi. Gigantesco. Immenso. Trionfo. Come sempre, ad ogni chiusura di sipario.