Era destino, sussurra tra sè Marta Pasquini tra i marmi del foyer del Teatro Massimo alla fine di una prova. Era destino, forse, che dopo tanti anni a suonare in giro per il mondo con il suo violino – anche nella sua città. Palermo – debuttasse proprio qui, dove è nata, come direttrice d’orchestra. Perché nonostante una brillante carriera da solista, Marta Pasquini non si è fermata e oltre all’archetto la sua curiosità l’ha spinta a prendere in mano anche la bacchetta.

Il violino è stato la sua passione, sempre. Pianoforte e violino a soli quattro anni, poi la svolta a nove, al Conservatorio di Palermo, le quattro corde e l’archetto diventano il suo futuro, la sua vita. Dopo il diploma ancora gli studi di perfezionamento con grandi maestri come Zachar Bron e Isaac Stern, le Masterclass di Jorma Panula, Colin Metters, Yoel Levi, Kenneth Kiesler, Julius Kalmar e Donato Renzetti. E un’applaudita carriera da solista, in Italia e all’estero.

“Sentivo che non bastava, non era ambizione, né quel senso del dominio che qualcuno crede che lo stare sul podio possa regalare, era soprattutto curiosità, era quel fascino che avevo avvertito nel gesto, nel movimento del direttore, di chi legava in un’unica magia il suono dell’orchestra e quello del mio violino, la grande famiglia degli archi, dei fiati, delle percussioni a quella del solista”. E così nel 2012 arricchisce il suo curriculum con il diploma in Direzione d’Orchestra al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano con Vittorio Parisi, oltre che con il Postgraduete all’Universitat fùr Musik und Darstellende Kunst Wien con Uros Lajovic.

Era destino però che il debutto sul podio avvenisse nella sua città, domani, domenica, alle 18, con l’orchestra del Teatro Massimo nel foyer del teatro lirico. In programma, l’Ouverture da “Così fan tutte” di Mozart, la Sinfonia n. 104 Salomon di Haydn e la Sinfonia n. 36 Linz K 425 sempre di Mozart. “Inutile nascondere l’emozione che è chiaramente diversa da quella che provo ogni volta che esco in proscenio col il mio violino e il mio archetto, inutile nascondere l’orgoglio di esordire in questo ruolo nella mia città e soprattutto nel teatro lirico della mia città”.

Sono sempre più le direttrici d’orchestra che si fanno strada sul podio dei grandi teatri che è sempre stato appannaggio degli uomini. “Giusto, naturale che sia così, anzi forse qui da noi arriviamo con un certo ritardo. Ma non è una rivincita, è il legittimo riconoscimento che non ci sono ruoli prefissati, che il talento non conosce barriere”. Superfluo dunque chiederle se voglia essere chiamata direttore o direttrice, una questione già sollevata da anni e dunque ormai noiosa. “Tra le barriere di cui parlavo c’è anche quella di genere che non può, non deve esistere, sul podio e giù dal podio”.