Le grandi manovre si compiono d’estate. In attesa della riapertura dell’Ars, fissata per oggi, il panorama nel centrodestra è cambiato. Complice la spaccatura fra Schifani e la Lega sul caso Tardino e l’avvicinamento fra il governatore e Raffaele Lombardo, che ha finito per consolidare un’alleanza data per morta: quella tra Forza Italia e Mpa. Nella coalizione di governo che ha superato la boa di metà mandato, si sono formati due fronti contrapposti: il secondo è quello che tiene uniti con la ceralacca Luca Sammartino e Totò Cuffaro o, per uscire da una visione troppo personalistica, Lega e Democrazia Cristiana. L’unico partito a rimanere fuori da questi giochini, schiacciato (forse) dal peso della questione morale e dalle inchieste che pendono sulla testa di Gaetano Galvagno, è Fratelli d’Italia.

I patrioti sono stati comunque protagonisti. Non solo per l’intervento dei probiviri, che al momento non ha sortito effetti. Né per le dichiarazioni rese ai magistrati da Elvira Amata, allieva (non proprio in gamba) della “corrente turistica”. Semmai per l’evento di Ragalna, dove grazie alla presenza rassicurante di Ignazio La Russa, si è provata a insabbiare un’estate impossibile da dimenticare. Il partito è stato commissariato da un intervento di Meloni, che ha spedito nell’Isola Luca Sbardella al posto della coppia di coordinatori composta da Pogliese e Cannella; Carlo Auteri, dopo aver creato il caos con i contributi alle associazioni amiche, è scappato armi e bagagli nella Dc; e Manlio Messina si è addirittura dimesso dal gruppo parlamentare a Montecitorio (con la “minaccia” di abbandonare il parlamento una volta per tutte).

Siamo al tramonto della corrente turistica e, probabilmente, l’esercizio dei riposizionamenti è l’ultimo dei problemi. Il partito di Giorgia Meloni – stanca di assistere alle denunce dei magistrati  e agli strali dei giornali nei confronti dei suoi dirigenti – si presenta sfregiato dalle inchieste della Procura di Palermo, che hanno colpito il presidente dell’Ars Gaetano Galvagno e l’assessora al Turismo Elvira Amata. Entrambi dovranno rispondere di corruzione, e per Galvagno si aggiunge anche l’accusa di peculato per l’uso smodato dell’auto blu, trasformata – secondo l’impianto accusatorio – in un taxi personale per familiari, amici e collaboratori. Una vicenda che ha fatto il giro dei giornali nazionali, ridicolizzando non solo il diretto interessato ma l’intero partito, già sotto stress per una questione morale che rischia di minarne l’affidabilità.

Gli unici a farne le spese sono stati i collaboratori: travolti dalle intercettazioni, si sono dimessi la portavoce di Galvagno, Sabrina De Capitani, che aveva mani in pasta dappertutto (compresa la Fondazione Federico II) e auspicava la scalata di “Gae” ai vertici della Regione; ma anche il segretario dell’assessore Amata, Giuseppe Martino, anche lui indagato per corruzione (era il gancio con gli imprenditori, tipo la Cannariato, che godevano di un accesso privilegiato ai finanziamenti elargiti dall’Ars). Lo stesso assessore, presentandosi qualche giorno fa dai magistrati, ha negato qualsiasi ipotesi di corruzione. Mentre Galvagno, in attesa del chiarimento del quadro accusatorio, ha spiegato che “mi butterei nel cassonetto di Paternò se mai dovessi farmi corrompere per un abito, ma neppure per tutto l’oro del mondo. E neppure per una palestra”.

La gestione della crisi è stata affidata a un commissario, Luca Sbardella, catapultato in Sicilia direttamente da Giorgia Meloni dopo lo sconquasso del caso Auteri. È lui a dover tenere la barra dritta e promettere rigore, oltre che a curare i rapporti con gli alleati. Ma il commissariamento è il segnale più evidente di un partito commissariato non solo nella forma, ma anche nella sostanza. L’uscita di Manlio Messina dal gruppo parlamentare ha rappresentato l’atto finale, il più clamoroso. Fino a un anno fa era il dominus, organizzava rassegne (tipo a Brucoli), era l’uomo di punta dei talk show, sfiorò persino il ruolo di capogruppo alla Camera dopo l’investitura di Foti come ministro degli Affari regionali. Ma da quel momento il tramonto è stato irreversibile.

Lo stesso Messina – pur non essendo indagato (ci vorrebbe l’autorizzazione a procedere) – resta legato a un secondo filone dell’inchiesta Cannes, dove la magistratura e la Corte dei conti stanno ancora passando al setaccio missioni e spese sostenute durante la sua stagione da assessore al Turismo. In particolare gli inquirenti hanno segnalato alcune note sospette: tre voli aerei (Catania-Nizza, Nizza-Parigi e ritorno) effettuati a fine maggio 2022, quando non risultavano attività istituzionali legate al Festival, e un appartamento da 12 mila euro affittato per venti giorni dal cosiddetto “Messina team”. Elementi finiti in un rapporto della Guardia di finanza che, insieme agli omissis contenuti nella rogatoria internazionale, mantengono aperto il capitolo relativo alla Costa Azzurra.

È proprio attorno al turismo che si è sviluppata una “corrente” interna a Fratelli d’Italia, che ha gestito eventi e finanziamenti con disinvoltura. Il flop del programma SeeSicily, con fondi Ue dichiarati non ammissibili, è stato solo il primo campanello d’allarme. Poi sono arrivati i progetti natalizi, le mance alle associazioni dei familiari, le missioni internazionali: un filone ininterrotto di sospetti che hanno finito per travolgere uomini e donne simbolo del partito. E mentre a Roma si prova a contenere i danni con la retorica del rigore e del rinnovamento, in Sicilia il partito sembra sempre più logorato da faide interne e ombre giudiziarie.

A questo punto la domanda è inevitabile: basterà la presenza dell’inossidabile La Russa a confermare per Fratelli d’Italia il ruolo di primo partito nell’Isola? O la corsa solitaria dei meloniani finirà annacquata dalla forza d’urto delle inchieste e dalla concorrenza di Forza Italia, che intanto sogna il sorpasso? Qualcuno ipotizza che a soccorrerli, nel momento del bisogno, possa spuntare l’ennesimo alleato di ventura. Magari Cateno De Luca, molto in sintonia con Arianna Meloni (da ciò che si sussurra a Roma) e sempre pronto a rientrare in scena. Stavolta non più nelle vesti di lupo solitario.