Siamo alla resa dei conti. Messa la parte la tregua elettorale, al Pd ricomincia la partita. In cui condividono lo stesso campo Davide Faraone, attuale segretario regionale, e tutti i suoi oppositori, che alla vigilia del congresso si riconoscevano nella figura di Teresa Piccione. Ma la Piccione, per presunte violazioni interne – e contro la scelta di far partecipare anche gli esponenti di Sicilia Futura alle primarie “dem” – aveva scelto di ritirarsi a pochissimi giorni dal voto, facendo venire meno l’esigenza di allestire i gazebo. Eppure l’ala zingarettiana del partito, quella che in Sicilia fa capo a storici esponenti come Giuseppe Lupo e Antonello Cracolici, non ha mai digerito l’autoproclamazione di Faraone, avvenuta in un hotel, alla vigilia di Natale, alla presenza dei soli delegati eletti: i suoi. Così è cominciata la ridda dei ricorsi. Oggi la commissione nazionale di garanzia del Pd, presieduta da Silvia Velo, si riunirà a Roma per sentire l’accusa. Quello che chiedono i sostenitori di Zingaretti è la sospensione di Faraone e il commissariamento del partito.