Le oltre cento nomine di sottogoverno tengono il governo nel limbo. Sotto scacco. E da ieri anche l’Assemblea regionale. Per evitare veti e rivendicazioni – tradotti nella bocciatura di provvedimenti finanziari e nel solito crollo d’immagine – si è deciso di rinviare la discussione sulle mance (un tesoretto da 25 milioni, destinato a crescere) alla manovrina che terrà impegnati i 70 parlamentari prima delle ferie estive. Impossibile giungere a un compromesso quando non si è ancora deciso come affrontare il tema (scottante) delle poltrone. E’ quello che i partiti della maggioranza si attendono da un vertice convocato per ieri, e poi slittato (forse alla prima settimana di giugno).
A questo summit si parlerà di sottogoverno e delle caselle da riempire. Tutte poco attrattive per i cittadini: ci sono l’Esa, l’Ente di Sviluppo agricolo, ma anche l’Istituto Olio e Vino, gli Iacp (Istituti Autonomi di Case Popolari), e persino gli Enti parco (Etna, Madonie, Nebrodi, Alcantara), i Consorzi Universitari e così via. Anche i collegi sindacali, all’interno delle varie partecipate, sono territori di conquista, ove i partiti – a livello locale – vorrebbero piazzare la propria bandierina per assicurare una posizione di rendita a qualche “trombato” e iniziare a lavorare nella prospettiva di ottenere da quell’ente (attraverso il classico giro di consulenze, incarichi, finanziamenti) un bacino di potenziali preferenze in vista della prossima tornata elettorale. Qualunque essa sia.
E’ così che ragiona la politica. Da sempre. Anche se gli incarichi più “pesanti” non risiedono in questi acronimi imbarazzanti (c’è il Maas – Mercati Agroalimentari Sicilia, c’è la Sas – Società Ausiliari Servizi), bensì nelle posizioni apicali. Non ce ne sono tantissime e non sono alla portata di tutti: non riguardano i cacicchi del territorio, loro devono sapersi accontentare; bensì i leader di partito regionali. Prendete Sbardella, commissario di Fratelli d’Italia: non tornerà a fare il parlamentare semplice a Roma, concludendo l’incarico assegnatogli personalmente dalla Meloni, finché non avrà rimediato ai patrioti una poltrona di rango nella sanità. Ce ne sono libere addirittura tre: la prima è quella di Direttore della Pianificazione strategica all’Assessorato della Salute (il contratto di Salvatotre Iacolino è blindato fino a ottobre); ma ci sono anche quelle di Direttore generale nelle Asp di Palermo e di Trapani.
Quest’ultima è vacante da qualche giorno, a seguito delle dimissioni di Ferdinando Croce dopo lo scandalo dei referti istologici. La prima è senza guida da gennaio, cioè da quando Daniela Faraoni si dimise per diventare assessore (è subentrato il Direttore sanitario ad interim). Se le giocano i partiti di maggioranza relativa: perché non è solo Fratelli d’Italia ad avere il dente avvelenato nei confronti di Schifani, ma anche e soprattutto il suo partito, Forza Italia, rimasto fuori dalla scelta degli assessori (quello alla Sanità ma anche quello all’Economia). I patrioti, di queste tre poltrone, potrebbero accaparrarsene due.
Sono questi gli equilibri delicatissimi su cui la maggioranza di governo rischia di sgonfiarsi, o di andare in frantumi. Sono scelte condizionanti per la legislatura, ma anche per le prossime Regionali. A tal proposito tornano in mente le altre due posizioni super ambite: quelle di Amministratore delegato e Direttore generale delle Gesap, cioè la società che gestisce l’aeroporto Falcone-Borsellino di Palermo. La prima è disponibile da qualche settimana, dopo le dimissioni di Vito Riggio (nominato dallo stesso Schifani in quota FI); la seconda da più tempo, anche se la procedura per il nuovo Dg è avviata (la commissione, anche quella “contesa” dai partiti, sta valutando le candidature). Punta Raisi è una leva di potere, perché va incontro al destino ineluttabile della privatizzazione. E anche se la Regione non c’entra praticamente nulla, non in termini di partecipazione azionaria, ci ha messo dei soldi per garantire lo sviluppo dello scalo. Un dato fattuale che Schifani non si stanca mai di ribadire.
Il sindaco Lagalla ha resistito alla proposta di azzeramento della governance avanzata dal governatore, ma è consapevole che il prossimo Ad – dopo Ferragosto? – dovrà essere espressione di Forza Italia. Indipendentemente dalle sue abilità nel gestire un aeroporto che vuole aprirsi al futuro e al mondo (qualche giorno fa è stata inaugurata la tratta con New York gestita dalla compagnia United). Ma se non ce l’ha fatta Riggio, dall’alto della grande esperienza di cui era provvista, come potrà farcela un burattino qualunque?
Un altro tassello da mettere a posto, in ambito culturale, riguarda la Foss. La Fondazione Orchestra Sinfonica Siciliana. Un ramo dell’Amministrazione e di sottogoverno perseguitata, ormai da anni, dalla nuvola di Fantozzi. Dopo il fallimento di Andrea Peria, costretto a dimettersi dal ruolo di Sovrintendente per incompatibilità, è arrivata la commissaria Margherita Rizza. Che però fa altre mille cose nella vita: riveste, ad esempio, il ruolo di segretaria generale ad interim dopo la scomparsa prematura di Maria Mattarella. A piazza Politeama c’è voglia di normalità, di una nomina competente e al di sopra delle parti; ma non è detto che la politica decida di rispettare questi requisiti. La Fondazione, che dipende dall’assessorato al Turismo e agli Spettacoli, potrebbe risentire delle solite influenze patriote (che presidiano ancora l’assessorato) o magari potrebbe rientrare in uno scambio che nemmeno al calciomercato d’agosto. Nell’attesa che si concluda il baillame, il governo rimane fermo. Ma anche qui, nessuna novità.