Inciampa, ruzzola, si rialza, gira su se stesso e prosegue, sempre al timone di una imbarcazione per una navigazione virtuale.
Questa volta, quando si è votato la quarta manovra finanziaria dell’anno con una dotazione consistente, Schifani è finito nella rete che lui stesso aveva predisposto. Con una furbata, roba neppure da consiglio comunale di un modesto centro, ha fatto uscire dall’aula una parte della sua maggioranza, con l’obiettivo di rendere palese il “tradimento” di Fratelli d’Italia, e questa volta avrebbe trovato l’accordo con le opposizioni.
Gli è saltata così una parte della manovra, quella che finanziava per ben trenta milioni – il resto, molto di più, è destinato a spese d’obbligo – le minutaglie, i campi di padel, i marciapiedi, i campetti di calcio e altre amenità di questa natura.
È successo già più volte nei mesi precedenti, a segnalare una difficoltà crescente di rapporti tra il presidente della Regione e l’Assemblea.
Ché non si tratta solo di empatia o di sentimenti, roba per la quale c’è poco spazio nella politica.
Si tratta di uno scollamento sempre più evidente della maggioranza, tenuta insieme dalle convenienze, dagli interessi e perfino, lasciatemelo dire, da un senso di responsabilità maggiore di quello dell’opposizione.
Da questo panorama ormai da tempo la politica è scomparsa, anzi quel panorama si è composto proprio perché non c’è la politica. Non solo a Palermo, se pure a Palermo in modo più evidente.
Qui ormai tutti possono stare con tutti, in alleanze o in convergenze tra posizioni apparentemente incompatibili.
Gli accordi finiscono a volte per richiamare l’olio e l’acqua, non si mescolano ma fanno volume e rendono sempre più forte la maggioranza, che in Sicilia non è minimamente insidiata dall’opposizione, non ha difficoltà tra la gente, in una realtà sonnolenta, che in notevole misura vive a carico della Regione.
Quella maggioranza è costantemente sottoposta a tensioni e a forti polemiche, e tuttavia regge. Procede, e ciascuno dei suoi componenti vota in base al proprio interesse, convinto di poterlo fare perché anch’egli non corre nessun rischio di natura elettorale.
E poi le elezioni sono ancora lontane, il governo resta in piedi, l’Assemblea arriverà alla sua scadenza naturale.
Il risultato è che Sala d’Ercole è divenuto un luogo di scambio. Su che cosa, del resto, possono esercitare la loro funzione di legislatori i suoi componenti? Se sono solo chiamati a spartire contributi, anche perché il governo in aula porta esclusivamente quella merce, non avendo nei suoi magazzini né un progetto, né una proposta di riforma, tutto finisce lì e inesorabilmente sfocia in zuffa, perché è difficile trovare sempre la soddisfazione e il consenso di tutti sullo scambio.
Se le nomine negli enti sono fatte con il criterio un tanto a te un tanto a me, la soluzione che accontenta tutti risulta problematica. Se i prescelti sono gli amici, i candidati non eletti, persone che in genere non hanno nessuna attinenza con la funzione alla quale vengono chiamate, non ci può essere neppure il pudore a frenare il dissenso.
Chi non si sente soddisfatto reagisce, e se può impallina. Se i problemi della Sanità si affrontano tenendo solo in conto la forza dei deputati e dei gruppi e non la tutela della salute dei cittadini, perché chi vede escluso il nosocomio del proprio paese dai provvedimenti dovrebbe accettare le proposte?
Se poi ai vertici del sistema vengono nominati amici e sodali, come si può subire l’estromissione del proprio capo elettore, che magari la prossima volta non ti vota?
E allora?
Capisco quanto sia facile e perfino inutile fare il moralista, quanto sia impossibile fermare un andazzo che va avanti nell’indifferenza generale.
È giusto almeno indignarsi di fronte al costante, inarrestabile degrado di quella che un tempo si chiamava Autonomia.
L’indignazione e la denuncia potranno non servire, potrà continuare la vendita al dettaglio, la trasformazione dell’Assemblea in un mercato di periferia (non se ne abbiano i deputati, ché loro, come i senatori sono probiviri, l’Assemblea, come il Senato, è mala bestia) – a scanso di equivoci, mi limito a riportare una frase di Cicerone.
Schifani, dopo il recente inciampo, riprenderà la postura dello skipper, si rimetterà al timone aspettando di sapere se potrà continuare nella prossima legislatura.
L’esito di questa vicenda che tiene col fiato sospeso tutti i siciliani dipenderà dai giochi della maggioranza, dalla composizione e scomposizione dei rapporti, ché con ogni probabilità i voti li avrà e poco o nulla inciderà l’opposizione, divisa in tre parti come la Gallia: due partiti democratici e un esangue Movimento Cinque stelle.