La busta con un proiettile calibro 7,65 recapitata negli uffici della commissione regionale Antimafia, e destinata al suo presidente Claudio Fava, è un messaggio intimidatorio che fa pensare. Pensare alla viltà dell’autore – unanimemente condannato dal mondo politico, col Ministro dell’Interno in primis – ma anche al lavoro di straordinaria efficacia che questa Commissione, sotto la direzione del deputato dei Cento Passi, sta portando avanti. L’ultima iniziativa legata al nome di Fava è la legge che prevede di dichiarare la propria adesione alla massoneria per tutti i politici siciliani che rivestono un ruolo istituzionale (dal presidente della Regione in giù). Ma anche su altri fronti, tutti caldissimi, Fava si batte sin dal suo insediamento: ad esempio sui legami politici e imprenditoriali che ruotano attorno all’arresto dell’ex capo di Sicindustria, Antonello Montante; e alla storia del maxi depistaggio organizzato attorno alla tragedia di via D’Amelio, in cui perse la vita il giudice Paolo Borsellino.

L’antimafia dei fatti che a qualcuno non va bene. Da qui la busta con un proiettile. Senza una firma (ovvio!), senza un messaggio. Al solo scopo di intimidire. Anche se Fava non è uno che cede e con discreto fastidio ha reagito alla “provocazione”: “Le intimidazioni e le minacce non fermeranno in alcun modo il nostro lavoro, che va avanti” ha spiegato. Già oggi la Commissione Antimafia è tornata al lavoro con l’audizione di Giuseppe Lumia, esponente del Pd ascoltato nell’ambito dell’istruttoria sul caso Montante.