Tagli graduali al reddito di cittadinanza, con un risparmio di 734 milioni nel 2023 e l’abrogazione della misura nel 2024: l’ha stabilito il Consiglio dei Ministri che ha approvato la prima manovra di bilancio del nuovo corso sovranista. Nel 2023 il beneficio sarà gradualmente cancellato per coloro che possono lavorare. I cosiddetti occupabili sono individuati in base all’età e ai carichi familiari: devono avere tra 18 e 59 anni d’età e non avere in famiglia disabili, minori o anziani over 60. L’anno prossimo gli occupabili potranno avere il sussidio per non più di 8 mesi e dovranno partecipare per almeno sei mesi a un corso di formazione o riqualificazione, pena la perdita dell’assegno.

Già dai primi mesi del 2023, invece, non sarà più possibile presentare domanda per il Reddito di cittadinanza. I percettori dell’assegno che non sono abili al lavoro, continueranno invece a ricevere la prestazione fino alla fine del 2023, poi, dal 2024, saranno assistiti con una nuova forma di sussidio, dedicato esclusivamente ai poveri, le cui modalità di accesso e di funzionamento saranno probabilmente individuate in uno dei disegni di legge di accompagnamento alla manovra. Gli “occupabili”, invece, potranno ottenere una prestazione diversa: non più il Reddito, ma programmi di formazione e collocamento al lavoro. Nel 2023, anno di transizione verso il nuovo sistema, ci sarà anche una stretta sui controlli e sulle regole di decadenza dal sussidio: basterà rifiutare anche una sola offerta congrua di lavoro per perdere il sussidio. Con la stretta si risparmieranno 734 milioni nel 2023.

Gli inabili al lavoro, cioè minori, anziani, disabili, persone con problemi di inclusione e altri soggetti, rimarranno ‘coperti’; gli altri dovranno cercarsi un’occupazione. Almeno quelli con le carte in regola per la sottoscrizione del Patto di Lavoro all’interno dei Centri per l’impiego. Dal 2019, anno dell’istituzione del Reddito, in tanti, forse troppi, non l’hanno fatto. Adagiandosi sulle opportunità di rinnovo della misura e sul malfunzionamento dei Cpi (e dei navigator) che non sono riusciti a garantire un matching fra domanda e offerta, ma nemmeno una convocazione per la cosiddetta ‘intervista’.

La Sicilia, dove si annuncia una manifestazione di protesta per lunedì 29 (a Palermo) è una delle regioni più toccate dalla problematica. Secondo le ultime rilevazioni dell’Inps di fine agosto, il 18% dei percettori del Reddito si trova nell’Isola, che conta, fino ad agosto, 276 mila nuclei familiari percettori di Rdc, pari a 667 mila persone (sono circa 2,5 milioni in Italia), e un assegno medio di 622 euro mensili. Il dato è sopra la media italiana, che vede un importo medio di 588 euro. Palermo e Catania sono fra le città a più alta densità di beneficiari, dopo Napoli e Roma. Il capoluogo supera quota 64 mila nuclei percettori di Rdc e 5 mila per quanto riguarda la Pensione di cittadinanza, con importi medi rispettivamente di 663 e 271 euro mensili. Catania è seconda in Sicilia e quarta in Italia, con oltre 52 mila percettori per quanto riguarda il Reddito, a 631 euro di guadagni mensili. Una fetta cospicua di queste persone dovrà rinunciarci.

Per Meloni è questo il momento di osare. Dopo l’ampia affermazione nelle urne che le ha consegnato la guida del centrodestra e del Paese, la premier potrebbe dimostrare – anche se la pratica amministrativa è ben altra cosa rispetto alla campagna elettorale – di saper mantenere le promesse. In effetti la leader di Fratelli d’Italia è stata tra le poche ad assumere un netto atteggiamento di chiusura nei confronti di divanisti e furbetti, annunciando una battaglia su questo fronte (anche se i propositi di abolizione del “metadone di Stato” sono stati via via smussati). A lei si è accodata Salvini, meno Forza Italia, il cui atteggiamento conservatore ha permesso una tenuta anche nelle regioni più “povere” e condizionate da questa forma di assistenzialismo.

Come la Sicilia, cioè una delle poche regioni ad aver accolto in maniera trionfale Conte e i 5 Stelle, fra i sostenitori più strenui della misura. L’ex premier, che durante il suo tour palermitano è stato definito “papà del Reddito”, non si rassegna e annuncia battaglia: “Viaggio in prima classe per evasori e corrotti che girano con mazzette in contanti, un tuffo senza paracadute nel precipizio sociale ed economico per lavoratori e famiglie povere. È l’Italia che ha in mente Giorgia Meloni”. E ancora: “Un Paese che volta le spalle alle difficoltà di lavoratori e famiglie, taglia il Reddito di cittadinanza a donne e uomini over 50 e 60 che faticano a trovare un impiego e a persone che già lavorano, ma chiedono il Rdc per integrare stipendi da fame. Altro che “divano”. Siamo pronti a dare vita a un’opposizione fortissima in tutte le sedi, nelle Istituzioni e nel Paese”. La Sicilia sarà pronta a seguirlo anche stavolta, senza elezioni in ballo?