Reddito, furbetti e navigator

Il Ministro degli Esteri (ex Lavoro) Luigi Di Maio durante il lancio della card gialla del reddito di cittadinanza

Delle 161 mila domande inoltrate ai Caf, alle Poste e online al 30 aprile 2019, ventisei sono figlie di informazioni mendaci. Perseguibili a norma di legge. La notizia, riportata in questi giorni dai principali organi di stampa, si riferisce ovviamente alla Sicilia. Dove circolano già la bellezza di 110 mila card, in attesa delle altre. Ma la principale misura di sostegno al reddito, che porta la marca indelebile del Movimento 5 Stelle, è al centro di un autentico altarino. Messo su dagli irredimibili “furbetti” che, oltre a lavorare in nero (primo reato), ai avvalgono della possibilità di reperire l’aiuto statale rivolto agli indigenti (secondo reato) fin quando non vengono scoperti. E sono tantissimi i carabinieri del nucleo ispettorato del Lavoro che in questi giorni si aggirano per cantieri, aziende, pasticcerie, alla ricerca di lavoratori mancati e percettori sospetti. L’ultimo caso si è verificato a Pioppo, borgata di Monreale, in cui un uomo di 43 anni è stato sorpreso a montare cancelli in ferro – la sua mansione abituale – presso un’abitazione: peccato che avesse fatto richiesta del reddito di cittadinanza, e gli fosse stato riservato l’assegno per intero (780 euro).

Nei cantieri edili, dove il lavoro nero è una pratica che affonda le sue radici nel passato, ben prima dell’introduzione del sussidio, si fa ampio uso di artifici. Non è un caso che, nell’ultimo mese, siano stati quattro i “furbetti” smascherati tra Sferracavallo e le Madonie. Stavolta, a chiedere il reddito di cittadinanza erano state le mogli, che costituiscono – nella maggioranza dei casi – un elemento centrale della truffa. Le donne, infatti, si recano ai Caf per inoltrare la domanda, mentre i mariti si sbracciano fra travi e betoniere senza essere ingaggiati. E finché qualcuno, indagando fra i cantieri, non incrocia la condizione contrattuale dell’uomo e la documentazione Inps, riescono persino a farla franca.

“La novità è che i controlli adesso sono più serrati per la violazione legata al reddito di cittadinanza – ha spiegato a Repubblica Piero Ceraulo, segretario generale di Fillea Palermo – Ma ciò che interessa a noi è la lotta al lavoro nero. Quindi proponiamo alla Regione di investire più risorse perché ci sia un numero congruo di ispettori che possa attuare controlli ancora più capillari”. Come quelli che hanno portato, qualche giorno fa, a individuare un altro furbetto ad Acqua dei Corsari, una borgata di Palermo. Stavolta i cantieri non c’entrano. Il nucleo familiare percepiva oltre 1000 euro, ma il marito preparava dolci nel laboratorio di un bar.

Non esiste ancora una giurisprudenza specifica, ma il pasticciere provetto verrà processato: e, oltre a non poter più usare la carta gialla, rischia una condanna da 1 a 6 anni. “Nei casi finora riscontrati la dinamica è sempre uguale – ha spiegato al Giornale di Sicilia il tenente colonnello Pierluigi Buonomo, del nucleo ispettorato del Lavoro – La consorte disoccupata va al Caf e fa richiesta del reddito di cittadinanza per l’intero nucleo familiare, mentre il marito lavora senza essere messo in regola. Ogni volta il reato viene compiuto in concorso, quindi la denuncia scatta per entrambi i coniugi”.

I casi segnalati in provincia di Palermo sono dieci. Mettendo insieme le altre esperienze a livello regionale si arriva a 26. Non è ancora scattato il livello di guardia, ma il dato è già un indicatore. I bug del sistema, che prevede misure molto stringenti sia per inoltrare richiesta che per le modalità di spesa (non si possono acquistare beni di lusso, ma soltanto generi di prima necessità o apparecchi tecnologici) vengono facilmente aggirati dai “furbetti”. Nei mesi scorsi, quando ancora il reddito non era entrato in funzione, persino all’interno dei Caf furono scoperti dipendenti che spiegavano agli avventori in che modo fosse possibile aggirare i controlli dell’Inps. Che tuttora risultano molto severi.

Ci sono parecchi casi di aspiranti percettori che, dopo aver inoltrato una richiesta per la prima volta (specie se alle Poste, al cui sistema dei Caf non può accedere direttamente) si vedono costretti a dover integrare una mole di documenti. Spesso riguardanti l’occupazione non dichiarata, l’ultima posizione lavorativa o eventuali dimissioni. Fra i due momenti, come noto, l’Inps non eroga la card, ma predispone e attende l’esito della verifica. Condizione imprescindibile per fare richiesta è la certificazione di un reddito ISEE inferiore a 9.360 euro e aver presentato nei centri per l’impiego, che attendono una riforma strutturale (Di Maio dixit), una dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro. Perché il reddito, va da sé, non è come vincere alla lotteria. Ma un modo per ovviare a delle difficoltà temporanee.

In questa prima fase di sperimentazione – oltre al giochino moglie/marito che sembra avere le ore contate – un altro artifizio è il cambio di residenza. Scomporre il nucleo familiare consente di mettersi in una posizione di vantaggio: solo nel mese di gennaio a Palermo si sono registrati 1000 cambi di residenza e la corsa al reddito non era ancora scattata. “Gli operatori del Caf lavorano solo alla trasmissione del modulo, non è nostra competenza controllare la veridicità di quanto dichiarato dal cittadino” si affrettano a specificare in tutti gli uffici, come confermato da Maurizio Corso, coordinatore Caf Uil Sicilia al Gds. La stangata, però, è dietro l’angolo. E a infliggerla è l’Inps.

Ma in questo baillame di situazioni, in cui non si è ancora toccato il fondo, oltre a chi lavora (sporco) per ottenere il reddito, c’è chi lo fa per scavalcare la barricata. E magari trovare l’impiego della vita dietro uno sportello, cercando di spulciare tra le opportunità di lavoro da indicare ai percettori del reddito minimo. E’ quella che viene definita la fase-2. Consumato un brindisi per l’avvenuto riconoscimento del sussidio, infatti, bisogna mettersi in riga, far la fila al centro per l’impiego e valutare assieme agli addetti, e ai loro nuovi assistenti (i navigator), quale mansione risponda meglio ai requisiti di ognuno. E al servizio di quale impresa.

Ecco, la partita dei navigator è appena cominciata: solo in Sicilia se ne sono candidati circa 11 mila. A livello nazionale ne verranno selezionati appena 2.980 tramite un concorso che si terrà a Roma, dal 18 al 20 giugno, organizzato dall’Agenzia nazionale per il Lavoro (Anpal). La prima scrematura ha portato a una riduzione, per nulla drastica, dell’esercito: si è passati da una schiera di 78.888 candidati a 53.907, selezionati in base al voto di laurea. Chi passerà il test verrà ingaggiato per un paio d’anni, fino al 30 aprile 2021. Otterrà una retribuzione annua lorda di 27 mila 338 euro e un rimborso spese forfaittario di 300 euro mensili. I candidati siciliani ammessi allo step finale del maxi-concorso sono 8.872, secondi solo alla Campania: 2.526 arrivano da Palermo, 2.026 da Catania. Nella classifica delle province seguono Messina, Trapani, Agrigento e Siracusa.

I tempi si sono leggermente dilatati rispetto a quelli previsi inizialmente dal ministro Luigi Di Maio, che pensava di piazzarli in ufficio già da giugno. Ma il problema non sussiste. Per coloro che hanno già fatto dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro nei centri per l’impiego, i colloqui sono stati fissati a settembre. I nuovi “navigator” avranno tutto il tempo per vincere il concorso, affrontare un periodo di formazione e insediarsi nel nuovo ufficio.

Paolo Mandarà :Giovane siciliano di ampie speranze

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