Basta alzare una pietra e ci trovi i vermi. La Sicilia lasciata da Nello Musumeci è un campo di macerie, di sperperi, di conti sballati, di illusioni perdute, di ferite difficili da rimarginare. Per rendersene conto basta allentare la coltre di omertà che per cinque anni ha tenuto al riparo di occhi indiscreti i fatti e i misfatti del cerchio magico. In cassa non c’è un euro: le acrobazie dell’assessore Armao sul Bilancio hanno spinto la Regione sull’orlo del baratro. Al punto che il presidente Schifani, per evitare il fallimento, non sa se chiedere clemenza alla Corte dei Conti o invocare una grazia dal ministro Giorgetti. Il nuovo assessore, Marco Falcone, dice che seguirà la strada opposta, quella del rigore amministrativo: senza funambolismi e senza spregiudicatezze. Magari. Siamo all’ultimo stadio: o si inverte la rotta o tutti a casa. Tertium non datur.