Andrea Lombardo, mafioso di Altavilla Milicia, si è pentito quando ha visto in carcere la reliquia di Santa Rosalia. E allora portiamo la Santuzza in processione dentro le carceri perché solo un miracolo può cambiare il corso delle cose.

Prendete l’ultimo blitz che ha stoppato la nuova Cupola di Cosa nostra. Chi c’era seduto al tavolo della commissione se non volti stranoti alle cronache giudiziarie? A cominciare da quel Settimo Mineo, presidente onorario della commissione, la cui esistenza puzzava di mafia e malaffare già ai tempi del maxiprocesso.

Gira e rigira ci sono sempre le stesse facce. Li arrestano, si fanno la galera, e una volta scarcerati ritornano in pista. Non hanno mai lavorato, e mai lavoreranno.

Ed ecco la necessità di cui sopra: solo un miracolo può redimere i mafiosi. Lombardo, che sulla coscienza ha il cadavere di un uomo, ha guardato negli occhi l’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice e Filippo Sarullo. Quest’ultimo era il parroco di una chiesa di Altavilla Milicia, oggi lo è della Cattedrale di Palermo. Erano andati in carcere nei giorni che precedevano il Festino per portare conforto ai detenuti. Lui si è pentito e ha sacrificato il padre sull’altare della sua nuova vita, accusandolo di un omicidio.

Un miracolo ci vuole per questa miserabile Palermo. Miserabili sono i boss sanguisughe e sempre più straccioni, ma non per questo meno pericolosi. Miserabili sono coloro che, e purtroppo restano tanti, si mettono in fila nella questua del nuovo millennio.

Una raccomandazione, un aiuto per aprire persino una bancarella abusiva, per avere un lavoro sottopagato, per recuperare i soldi di un assegno protestato: in troppi si affidano alla mafia in una esistenza ai confini della disperazione che si alimenta di quei gesti che appaiono salvifichi. Non c’è salvezza alcuna nell’affidarsi al mammasantissima di turno.

Non resta che sperare nel miracolo, affidandosi alla Santuzza. Che arrivino altri dieci, cento, mille Andrea Lombardo che voltino pagina guardando negli occhi un prete e facendosi il segno della croce dinnanzi alla reliquia di Santa Rosalia, patrona dell’antimafia.