Ai leghisti che si strappano i capelli per il risultato della Sardegna bisognerebbe ricordare che non si lasciano le grandi opere a metà. Salvini aveva in mano la carta vincente e l’ha miseramente sciupata. Aveva stipulato un patto di ferro con Lorenzo Cesa ma non è stato capace di utilizzare la luce che il naufrago democristiano avrebbe potuto spargere sull’isola: una luce di coerenza e di intransigenza, di impegno civile e rigore morale, di legalità e trasparenza. Lorenzo Cesa è un sommario di virtù e Salvini avrebbe dovuto portarlo in processione per tutta la Sardegna, come una Madonnina di Lourdes. Ma ha perso l’occasione e ora non gli resta che aspettare il miracolo delle europee. A giugno Cesa moltiplicherà il pane e i pesci: sa come fare. Poi, come ogni santo venuto dal mare, tornerà negli abissi chiari della politica e Salvini reciterà un de profundis.