L’aver annunciato un referendum contro il Reddito di cittadinanza per Matteo Renzi ha sortito due effetti: uno politico, cioè “costringere Salvini a fare marcia indietro”; l’altro, invece, sarà “scardinare questa legge”. Lo ha detto il leader di Italia Viva in una intervista a ‘La Stampa’, nel giorno in cui da Ponte di Legno, dove si tiene la sua scuola politica, ha lanciato il quesito referendario per l’abolizione del provvedimento fatto approvare dal governo gialloverde. “Fino a due mesi fa tutti – ha spiegato l’ex premier – dicevano che il Reddito non si doveva toccare. Dai grillini allo stesso Pd. Poi, appena io faccio uscire sul mio libro l’idea di un referendum, partono due diverse reazioni: la prima di chi dice, “tutto sommato abbiamo fatto un errore”, ovvero Salvini. La seconda reazione è di Pd e Cinque Stelle, che all’unisono hanno cominciato a dire che la legge si può migliorare”.

“Ora – continua l’ex presidente del Consiglio – è evidente che c’è una parte di italiani che prende quel reddito e farà una battaglia in suo favore. L’assegno in parte va a povera gente davvero. Ma è una misura che incrocia anche un pezzo di criminalità, manovalanza che ha incassi illegali, a cui somma il Rdc”. Anche Matteo Salvini nei giorni scorsi ha lanciato una provocazione, spiegando che sarà sua la prima firma sull’emendamento per abolire lo strumento, che oggi – in Sicilia – è rivolto a una platea di 700 mila cittadini. E su Facebook, postando la notizia di altri 29 furbetti che percepivano il sussidio illegalmente, ripete: “Centinaia di denunciati per truffa, quasi tutti immigrati, alcuni perfino clandestini, percepivano il Reddito di Cittadinanza abusivamente. In autunno, in occasione della nuova Legge di Bilancio, si taglia questo spreco”.

Renzi, da par suo, ha già svelato il quesito referendario su Rete 4. Eccolo: “Volete che sia abrogato il dl 28 gennaio 2019, n.4 ‘Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni’, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n.26 limitatamente al capo I, art. Da 1 a 13, recanti ‘disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza”. Quindi l’ex sindaco di Firenze ha ammesso: “Non abbiamo in Parlamento una maggioranza per eliminare il reddito di cittadinanza” che “non è una misura a favore dei poveri. I poveri restano poveri ma sono subalterni ai politici, è voto clientelare. Noi vogliamo che questi soldi vengano usati per creare lavoro, non sussidi. Sono convinto che quando vedranno il quesito, quelli del M5s faranno di tutto per migliorare il reddito. Peggiorarlo sarà difficile”. Draghi fin qui ha preferito posticipare la questione, anche se un comitato tecnico di valutazione creato dal ministro del Lavoro Orlando, ormai da mesi, sta passando al setaccio tutti i bug del provvedimento. Che – una cosa è certa – andrà riformato.