Noi poveri profani vorremmo solo capire: chi mente, Schifani o Meloni?

La recente impugnativa da parte del Consiglio dei Ministri contro una norma regionale che stanziava 15 milioni per la specialistica convenzionata ci obbliga a porci questa domanda, tanto semplice quanto amara. Perché uno dei due mente. Tertium non datur.

Da un lato, Schifani e l’assessore all’Economia Dagnino hanno proclamato urbi et orbi che i conti della Regione Siciliana sono finalmente in ordine. Dall’altro, il Consiglio dei Ministri – presieduto da Giorgia Meloni, non certo una leader dell’opposizione – dice esattamente il contrario, bocciando i conti del governo Schifani e ricordando che “la Regione è sottoposta alla disciplina del piano di rientro dal disavanzo sanitario ed è tenuta ad abrogare i provvedimenti legislativi che ne contrastano l’attuazione. Non può erogare livelli di assistenza superiori ai LEA, come già chiarito dalla Corte Costituzionale.”

L’onorevole Davide Faraone

Non solo. Il CdM precisa che, se una Regione vuole applicare tariffe superiori a quelle nazionali, deve prima sottoporre la programmazione sanitaria annuale al tavolo di monitoraggio, dimostrando l’impatto economico delle scelte adottate e assicurando l’equilibrio finanziario del sistema sanitario.

Peccato che – secondo quanto affermato dal Consiglio – la Regione Siciliana abbia trasmesso il 17 marzo 2025 un conto economico preventivo con un disavanzo di 216,79 milioni di euro, senza alcuna documentazione sull’impatto delle nuove tariffe. In altre parole, non ha rispettato gli obblighi richiesti per ottenere la deroga e non ha fornito alcuna garanzia sulla tenuta dei conti in caso di sforamento.

La conclusione del CdM è chiara: “non risultano garantite né la copertura dei nuovi costi indotti dalla legge regionale, né la compatibilità con il piano di rientro.”

Secondo Giorgia Meloni – che, va ricordato, guida un governo dello stesso colore politico di quello di Schifani e dunque non può certo essere accusata di faziosità – i conti della Regione Siciliana, gestiti da Schifani e dall’assessore Dagnino, non sono affatto in ordine. Tutt’altro. E a pagarne le conseguenze è il sistema sanitario regionale: medici, infermieri, strutture pubbliche e private convenzionate, ma soprattutto i pazienti.

I dati ufficiali dipingono un quadro incontrovertibile: la sanità siciliana ha un disavanzo strutturale di 7,2 miliardi, con un piano di rientro in stallo da 7 anni. L’impugnativa del Governo Meloni sui 15 milioni per la specialistica è solo la punta dell’iceberg.

Nel frattempo, Schifani e l’assessora Faraoni continuano a inscenare un teatrino: fingono di voler intervenire, mentre sanno bene che ogni proposta viene sistematicamente bocciata dal governo nazionale. Un gioco ipocrita utile solo a dire ai sindacati: “Noi avremmo voluto, ma è il governo Meloni che ce lo impedisce”. Una presa in giro bella e buona.

Intanto, dal 2020, si spendono ogni anno milioni di euro per gli stipendi dei “comandati” delle ASP, spesso frutto di raccomandazioni o sistemazioni clientelari, parcheggiati comodamente all’assessorato alla Salute. La “macchina dei comandati” è ampia, 1.200 posizioni fuori organico nelle ASP (Corte Conti 2024), con un costo annuo di 58 milioni. Spesso figure sovradimensionate per dirigenti amministrativi.

Si fanno acquisti inefficienti: “Il 33% delle gare per dispositivi medici va deserta (Rapporto Gimbe 2024), con riacquisto in emergenza a +20% di costo”.

La rete ospedaliera è inefficiente e il nuovo piano presentato dalla Faraoni peggiorerebbe le cose: 23 ospedali sotto i 60 posti letto (contro standard nazionali) che assorbono il 19% del budget sanitario, con costi di gestione del 47% superiori alla media nazionale.

Fuga di pazienti: nel 2023, 124.000 siciliani hanno dovuto migrare in altre regioni per cure, con un costo di 300 milioni annui (fonte Agenas).

La mancata digitalizzazione altra fonte di spreco, oltre 100 milioni di fondi PNRR sono a rischio per ritardi sul Fascicolo Sanitario Elettronico (dati Agenas 2025).

E chissà cosa verrebbe fuori se si andasse a guardare con attenzione nei bilanci di molte ASP: quanti fondi utilizzati a fini clientelari. Sarebbe interessante ad esempio analizzare quanto denaro pubblico viene sprecato da ciascuna Azienda ospedaliera per incarichi legali. Si paga un esercito di avvocati per cause che si perdono regolarmente, ma si insiste, si fa appello, si riperde… e intanto gli avvocati vengono puntualmente pagati. A guadagnarci, alla fine, sono sempre loro – e i loro padrini politici che li raccomandano ai direttori generali.

È ora di finirla con la guerra delle versioni. Schifani deve spiegare perché dichiara i conti in ordine mentre il Governo stesso del suo schieramento certifica disavanzi. Meloni deve dire come intende sostenere concretamente la sanità siciliana oltre le mere censure. Ai cittadini servono risposte su come si intende:
1. Recuperare i 7,2 miliardi di disavanzo storico
2. Utilizzare i 900 milioni di fondi PNRR ancora bloccati
3. Ridurre le liste d’attesa che oggi lasciano senza cure 650.000 persone.
Con la salute non si gioca, e la Sicilia è stanca di essere un campo di battaglia politica.