Avrebbero dovuto esserci anche i deputati di Fratelli d’Italia ieri, a Palermo, per perorare la causa dei precari Covid rimasti senza lavoro. I patrioti sono, infatti, tra i sostenitori più agguerriti delle proroghe al personale tecnico e amministrativo, eppure non c’erano. Hanno lasciato la testa del corteo alle sigle sindacali, come la Cgil, e al Pd. Si sono defilati (solo Galvagno ha ricevuto una delegazione a Palazzo dei Normanni) perché nel corso dell’ultimo vertice di maggioranza, da cui è uscita rafforzata la posizione di Renato Schifani, quelli di FdI hanno dichiaratamente fatto un passo indietro, allineandosi alla posizione degli altri partiti: “Sulla vicenda dei precari Covid – si leggeva nella nota diramata da Palazzo d’Orleans qualche pomeriggio fa – è stato condiviso il principio che al personale che ha prestato servizio durante la pandemia verrà riconosciuto un punteggio aggiuntivo in occasione delle assunzioni presso le aziende sanitarie e ospedaliere, nel pieno rispetto delle norme costituzionali che prevedono l’accesso nella pubblica amministrazione tramite concorso pubblico”.

Nessuna premura di una ricognizione, né di una modifica delle dotazioni organiche di Asp e ospedali. Tanto meno la necessità di fare spazio, nell’immediato, a circa duemila lavoratori tagliati fuori dalle ultime direttive assessoriali, che hanno assicurato il proseguo dell’attività solo a operatori sanitari e socio-sanitari (nel rispetto dei posti vacanti e del tetto di spesa). Ma nella sanità siciliana è così: ci si muove in ordine sparso. Così in molte aziende le proroghe si sono già esaurite, in altre (come a Trapani o Ragusa) andranno avanti per mesi, in altre ancora bisognerà rifare i conti fra un paio di settimane. Mentre all’esterno, prima o poi, la morsa è destinata ad allentarsi. La tattica del governo è aspettare che passi la tempesta, anche se la piazza continua a ribollire. Ieri a Palermo non manifestavano soltanto gli “esclusi” del Covid, ma anche numerosi ambulatori popolari che rappresentano la valvola di sfogo dei cittadini che non possono affidarsi agli specialisti privati o che non hanno abbastanza tempo per aspettare le “comodità” del servizio sanitario regionale.

I rappresentanti degli ambulatori popolari, giorni fa, avevano scritto una lettera al presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno: “La mancanza di posti letto, le liste d’attesa, i pronto soccorso strapieni: ogni dettaglio dipinge il quadro desolante di una assenza, mentre i medici vanno in pensione, per non essere rimpiazzati, o fuggono dagli ospedali, oppure resistono, con carichi di lavoro che li rendono prigionieri della professione che amano. Oltre questo scenario ci siamo noi degli Ambulatori Popolari che non agiamo in concorrenza contro quel poco che c’è e che si assottiglia sempre di più. Noi cerchiamo di riempire le falle che si vanno paurosamente aprendo nella vita di troppi”.

La protesta scivola su altri binari rispetto a qualche settimana addietro, quando erano stati i privati convenzionati di laboratori analisi e ambulatori specialistici a inaugurare quattro giorni di serrata, costringendo la sanità pubblica a mettere mano al portafogli (con le “prestazioni aggiuntive” garantite per medici e infermieri) per incrementare i servizi (dalle 8 alle 20). Lo stop alle prestazioni in extrabudget dei privati, però, rischia di segnare un punto di non ritorno per l’assessore Volo, invitata più volte a dimettersi. E poi presa di mira anche dal partito di maggioranza relativa, Fratelli d’Italia, per i pasticci sulle proroghe del personale Covid. L’assessore, in balia di se stessa, non è stata aiutata dalle scelte di Schifani, che da un lato la rassicurava sulla permanenza a piazza Ottavio Ziino (“Ha la mia fiducia”), dall’altra tramava per commissariarla con Salvatore Iacolino, attuale commissario del Policlinico di Palermo e candidato principale alla corsa da dirigente regionale del dipartimento Pianificazione strategica, dopo l’addio di Mario La Rocca.

Un capo dipartimento ci vuole. Il fatto che si voglia puntare sull’usato sicuro (l’atto di interpello è rivolto a figure esterne all’Amministrazione) lascia pensare. L’esperimento di un tecnico alla Sanità, adottato da Schifani per tenere a freno le aspirazioni dei partiti (e del “nemico” Micciché) si è rivelato un salto nel vuoto. L’interim alla Pianificazione strategica (con Salvatore Requirez ad occupare momentaneamente la casella liberata da La Rocca) ha fatto il resto. Ha aperto una voragine in pieno rettilineo, e nessuno riesce a colmarla. Cosa stia facendo la Volo per superare la protesta dei laboratori analisi, rimane un mistero; cosa sia in grado di fare per garantire futuro e stabilità ai precari del Covid è invece accertato: un bel nulla. Su questo terreno, al netto della protesta, non esistono margini di manovra. Il grido rimarrà inascoltato.

Il diverbio tra Fratelli d’Italia e Forza Italia è stato ricondotto nell’ambito della realpolitik, da cui si evince che non è tempo – d’altronde, tranne per poche città, non siamo in campagna elettorale – per promettere mari e monti. Altro discorso riguarda le opposizioni: “Passata l’emergenza Covid, i lavoratori e le lavoratrici reclutati durante la pandemia sono stati dimenticati e rischiano d’essere mandati a casa – ha detto il deputato del Pd, Nello Dipasquale -. Il Governo regionale ha l’obbligo di trovare delle soluzioni per stabilizzare questi lavoratori la cui presenza è fondamentale per migliorare la qualità dei servizi sanitari offerti ai cittadini”. Gli ha fatto eco Ismaele La Vardera, deluchiano dop, ma anche il nuovo corso del Pd regionale, rappresentato da Sergio Lima, componente della segreteria regionale e della direzione nazionale del Partito Democratico: “Il governo regionale, lo stesso che ha inopinatamente dato parere positivo al progetto di autonomia differenziata che si tradurrà in ulteriori riduzioni di risorse per la sanità della nostra regione, sblocchi i concorsi e garantisca l’operatività e la continuità lavorativa dei circa 2.000 precari emergenza covid”.

Tra le numerose questioni aperte, e al netto dell’inaugurazione dei locali del Policlinico di Palermo (su input di Iacolino, guarda caso), resta quella dei Pronto soccorso. Al Policlinico di Messina, come denuncia il deputato di Sud chiama Nord, Giuseppe Lombardo, rimane l’immagine di un cantiere aperto: “L’iniziale impegno di spesa di circa 4 milioni di euro è lievitato fino ad arrivare a 7 milioni. I lavori dovevano essere completati entro giugno 2021, ma la consegna è slittata a data da destinarsi. Nel frattempo il precedente commissario straordinario per la Sicilia, l’allora presidente Nello Musumeci, è diventato Ministro per la Protezione Civile e il suo assessore alla Salute, Ruggero Razza, papabile candidato a sindaco di Catania. Altro che governo del merito! Hanno abbandonato la sanità siciliana ad un destino incerto, con cantieri mai completati e presidi ospedalieri in affanno”.

E siccome la mano destra non sa mai cosa fa la sinistra, è stata richiesta un’audizione in commissione Salute: non soltanto alla presenza dell’assessore Volo, attesa alla prova dell’aula per alcune interrogazioni rimaste in sospeso; ma anche dell’ex assessore Razza. Che riesca almeno lui a dare una spiegazione per cotanta inconcludenza? “Ciò che oggi pretendiamo di sapere – conclude Lombardo – è se e come è possibile salvare il salvabile, ridurre al minimo i disagi. Qualcuno, è evidente, ha giocato con i fondi straordinari Covid sulla pelle dei siciliani. E rispetto a questo intendiamo avere risposte certe”. Come risposte certe esigono tutti i deputati sul presunto buco da 120 milioni – l’ex dirigente La Rocca l’aveva fatto lievitare fino a 400 milioni – che in qualche modo va coperto. Magari evitando tagli dissennati ai servizi della sanità pubblica. I cittadini non ne possono più.