Cent’anni da giusto: celebrato Sciascia

Cento anni di Leonardo Sciascia e non sentirli. Con un doppio appuntamento nel cortile Maqueda di Palazzo Reale, la Fondazione Federico II, assieme all’Unione delle Camere Penali, all’associazione Amici di Leonardo Sciascia e al Teatro Biondo (che alle 20 presenterà lo spettacolo intitolato ‘La Sicilia come metafora’) rende omaggio al grande scrittore di Racalmuto, nato l’11 giugno 1921. E il cui pensiero, al di là dei suoi scritti, appare intramontabile. Scolpito nella pietra. Soprattutto in tema di giustizia. Giustizia, assieme a diritto, è una delle sei parole individuate dallo storico francese James Dauphiné come quelle più “cariche di senso” per descrivere la sua vita.

L’appuntamento di palazzo dei Normanni è un percorso di significati che si snoda lungo i ricordi. Il centenario sciasciano, inoltre, è ospite dell’ultimo appuntamento con le “Letture Massimo Bordin”, un ciclo di iniziative in memoria dello storico giornalista di Radio Radicale. Tra gli interventi più illustri quello della senatrice di +Europa, Emma Bonino: “Mai come oggi, di fronte a numerosi episodi di mala giustizia, Sciascia è attuale. Lo conobbi nel 1979, quando venni a Palermo per raccogliere la sua autentica – ricorda l’esponente radicale – Pannella lo convinse a candidarsi alle Europee e alle Politiche. Ci avviamo verso Racalmuto a bordo di una decappottabile: lo ricordo bene poiché, essendo in grande anticipo sui tempi di marcia, potemmo fare un giro alla Valle dei Templi. Fu un giorno di ansia e di emozione, perché fino a quel momento Leonardo era il mio mito. La cosa fantastica è che leggendo Sciascia, nella sua capacità di utilizzare le parole senza fronzoli, mi è venuta voglia di leggere molto altro sulla Sicilia: da Tomasi di Lampedusa a Camilleri, passando per i Malavoglia di Verga”.

“Per me – ha aggiunto la Bonino – Sciascia è stato soprattutto un compagno d’azione politica, con cui abbiamo condiviso le battaglie sulla giustizia e sullo Stato di diritto. E’ stato il primo a dire che la mafia fosse l’unica organizzazione criminale che potesse permettersi il lusso di avere anche l’antimafia. Leonardo non ha mai seguito la corrente giustizialista, che invece ha fatto proseliti fino ai nostri giorni. Rileggerlo oggi è un’emozione, e mi permette di scoprire molte sfumature che in passato mi erano sfuggite. Dall’incontro con Sciascia – ha concluso la senatrice – ho imparato ad apprezzare la Sicilia, che è una terra bellissima e piena di contraddizioni ma che vale la pena di conoscere. A partire dalle letture di Sciascia”.

Poi ha preso la parola Gianfranco Micciché, che nel ricordare i numerosi incontri con Sciascia presso la casa editrice Sellerio, dove lavorava il fratello, parla di una persona “timida, ma non chiusa. A vent’anni mi disse: ‘che fortuna che non sei mai stato a Venezia’. Intendeva dire che sarebbe stata una fortuna poterla vedere per la prima volta”. Il presidente dell’Ars, facendo gli onori di casa, ha affrontato poi il tema della giustizia: “L’unica cosa che non va in crisi è la follia manettare di certa televisione – è l’affondo di Micciché – Di recente uno di quelli che si crede uno scienziato della mafia, come Santoro, ha portato in studio un pluriomicida (il collaboratore di giustizia Maurizio Avola) facendolo passare per un intellettuale… E’ impensabile mettere in piedi trasmissioni di questo tipo. C’è gente che straparla di mafia senza conoscere il contesto, i gesti, le parole dei siciliani. Mi è capitato tanto tempo fa, quando un procuratore mi interrogò per sei ore su fatti di mafia di cui non sapeva nulla”.

“Ai magistrati che mi ascoltano, e di cui ho grande stima, dico che bisogna avere il coraggio di cambiare idea. Uno Stato di diritto – spiega ancora Miccichè – ha delle regole che non possono essere stravolte. Mai. Invece sono trent’anni che si va avanti con questa storia… Puoi mettere questo Avola sullo stesso piano delle Br? Non voglio essere frainteso: anche loro rappresentano una pagina vergognosa, negativissima della nostra storia, ma è un movimento nato all’interno dell’università, dei movimenti politici. Quelli come Avola, invece, ammazzavano per uno sguardo di troppo. Ma qualcuno si crede legittimato a portarlo in tv”.

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