La Sicilia traina l’Italia. Almeno secondo Renato Schifani, che dopo aver letto il rapporto annuale di Bankitalia sull’economia regionale si è affrettato a esultare: «Siamo al primo posto per crescita del Pil, con un +1,3%, quasi il doppio rispetto alla media nazionale. Anche l’occupazione registra un incremento del 4,6%, tre volte superiore a quella del resto d’Italia». Numeri che, dice il presidente della Regione, «indicano una ripresa concreta e solida, trainata da turismo, servizi e rilancio dell’edilizia». E in effetti il documento restituisce l’immagine di un’Isola in ripartenza: le costruzioni crescono, spinte dal Pnrr; il turismo (+5,1%) e il traffico aereo (+10,3%) godono del boom di presenze straniere; l’occupazione sale, soprattutto tra le donne e nei servizi pubblici e privati. Anche la qualità dei contratti migliora: aumentano le professioni ad alta qualifica, oggi al 36% del totale (erano al 30% solo due anni fa). Perfino le entrate tributarie regionali fanno segnare un +14,9%.
Tutto bene, allora? Mica tanto. Perché mentre Bankitalia fotografa una Sicilia viva, reattiva, e apparentemente in grado di agganciare la ripresa post-pandemica, la politica regionale continua a muoversi in ordine sparso, mettendo in campo provvedimenti che raccontano tutta un’altra storia. Una storia di emergenza, assistenzialismo e bonus a pioggia.
Come spiegare altrimenti il “bonus lavastoviglie” da 200 euro, partorito un anno fa dall’Assemblea regionale e giunto soltanto adesso (o quasi) a destinazione? L’avviso pubblico è stato appena pubblicato: da oggi, i residenti in Sicilia potranno registrarsi online per ottenere il contributo per aver acquistato una lavastoviglie tra il 16 agosto 2024 e il 15 gennaio 2025. Non basta essere poveri: bisogna essere rapidi, perché la seconda fase della procedura sarà un click day, dal 21 al 23 luglio, e vincerà chi clicca per primo. Il budget complessivo? 196 mila euro. Roba da 980 lavastoviglie in tutto. Una misura simbolica, che più che a risolvere un problema punta a comunicare qualcosa: che il governo c’è, che si muove, che qualcosa fa.
Non è l’unica trovata assistenziale: accanto alla lavastoviglie, c’è il contributo sugli interessi dei prestiti al consumo. Una misura bandiera del governo Schifani: contributi fino al 70% degli interessi su prestiti destinati all’acquisto di beni durevoli (niente lusso, ma protesi e lavatrici sì). I residenti in Sicilia con Isee sotto i 30 mila euro possono presentare domanda – rigorosamente online – per importi tra i 150 e i 5.000 euro. Fino a una settimana fa erano arrivate 585 richieste, e una seconda finestra è stata già aperta per soddisfare le domande rimaste “in bozza”. Il fondo complessivo ammonta a 15 milioni l’anno. Misura utile? Forse. Strutturale? Decisamente no. Soprattutto se pensata come panacea per una povertà che continua a colpire una quota enorme della popolazione.
A raccontare la dimensione reale del disagio è stato Emiliano Abramo, responsabile della Comunità di Sant’Egidio, che ha affiancato il governo regionale nell’attuazione della legge 16/2021 per il contrasto alla povertà: in Sicilia, ha spiegato, il 38% della popolazione è a rischio. Il rifinanziamento della misura, con 5 milioni stanziati dall’Ars nell’ultima manovrina di giugno, servirà a sostenere il terzo settore nella distribuzione di alimenti e nell’assistenza agli indigenti. Anche Schifani, seppure tra le righe del trionfalismo, ha riconosciuto che “restano fragilità, in particolare nell’agricoltura e nell’occupazione giovanile”.
Ma come si conciliano queste fragilità con l’immagine di una Sicilia locomotiva del Paese? Come è possibile non notare la distonia di un messaggio che meriterebbe approfondimenti concreti e verifiche sul campo? Da un lato ci sono indicatori macroeconomici incoraggianti, favoriti da flussi turistici e investimenti pubblici (persino dagli appalti, dov’è sottilissimo – come dimostrano le cronache – il confine fra il lecito e l’illecito: vedi rete idrica di Agrigento), non certo da una rivoluzione industriale o produttiva. Dall’altro, una classe politica che continua a rincorrere il consenso con misure estemporanee, incapace di costruire strumenti strutturali di sviluppo.
Non aiuta a chiarire il quadro l’intervento dell’assessore alle Attività produttive, Edy Tamajo, che ha definito il report Bankitalia “un riconoscimento autorevole che premia il lavoro silenzioso e concreto del governo regionale”. Aggiungendo che il risultato “ci motiva a fare ancora di più, proseguendo sulla strada delle riforme e del sostegno all’innovazione e ai talenti siciliani”. Frasi scolpite su misura per i comunicati stampa, che dicono tutto e niente. E che lasciano intatto il dubbio: qual è davvero il motore di questa ripresa? Se c’è un motore…
Lo stesso rapporto di Bankitalia sottolinea come l’adozione delle tecnologie basate su intelligenza artificiale sia ancora limitata: solo il 17% delle imprese siciliane le utilizza (contro il 27% della media nazionale). E se è vero che l’occupazione cresce, lo fa partendo da livelli molto bassi: il tasso tra i 15 e i 64 anni è al 46,8%, ancora distante dalla media italiana del 62,2%. Anche sul fronte bancario la Sicilia resta indietro: gli sportelli attivi sono solo 21 ogni 100 mila abitanti (33 in Italia), e due istituti hanno appena lasciato l’Isola.
“Siamo sulla strada giusta”, ha detto Schifani. Ma qual è la direzione? Quella della lavastoviglie? Del prestito per il frigorifero? Del bando per i pacchi alimentari? Oppure serve davvero “una stagione di scelte coraggiose”, come invocato dallo stesso presidente? L’impressione è che il governo continui a galleggiare tra un annuncio e un’emergenza, rincorrendo il disagio sociale più che affrontarlo.