Per un governo che fa la guerra alla povertà, il decreto Salvini rischia di essere un’arma a doppio taglio. A sottolinearlo, nel suo intervento, è Agnese Ciulla, l’ex assessore alla Cittadinanza Sociale e alle Pari Opportunità del comune di Palermo. La mamma delle diversità ben accette, che ha fatto dell’accoglienza e dell’integrazione la stella polare della sua attività politica. E che non ha mai dimenticato, ora che se ne sta lontana dalle istituzioni, cosa vuol dire far del bene agli altri. Ecco, il decreto su sicurezza e immigrazione approvato dal Consiglio dei Ministri, e che lo stesso Salvini ha definito “il più condiviso della storia”, ha qualcosa da farsi perdonare già in partenza, atteso il fatto che “gli effetti li vedremo nei prossimi mesi”.

Ciò che fa discutere è la “cancellazione della protezione umanitaria” – così come la conosciamo oggi – e, di conseguenza, del diritto all’asilo per i rifugiati. Una pratica tenuta in vita dalle convenzioni internazionali e, di fatto, abrogata dal testo: “E’ un decreto che renderà tutti più poveri – spiega Agnese Ciulla – E anche più insicuri. Il sistema maggiormente mortificato è quello delle persone che si trovano già in Italia. Gli sbarchi non saranno ridimensionati. Verranno bloccate, invece, le attività di integrazione e accompagnamento delle persone migranti in Italia, di chi richiede asilo o l’ha già ottenuto. Gente che è scappata dalla guerra”.

Viene smontato il sistema degli Sprar, ossia quella “seconda accoglienza” dove nascono i progetti per l’integrazione, in favore del sistema più “leggero ma ugualmente pagato dei Cas (i Centri d’accoglienza straordinaria), strutture che accolgono ma senza integrare”. “Col restringimento della protezione umanitaria – riflette Agnese Ciulla – molti neo maggiorenni, tutti quei ragazzi che avevano avviato un percorso di inserimento, verranno spostati da strutture che hanno una progettualità, destinate appunto ai rifugiati, a strutture che non ne hanno. Molti di loro scapperanno e si ritroveranno nelle nostre città senza documenti, vittime del lavoro nero, della sopraffazione e della povertà. La toppa che si cerca di mettere è peggiore del buco. Il decreto fissa delle regole più di propaganda che di contenuto. Noi siciliani sappiamo cosa vuol dire povertà, perché l’abbiamo già provata. Senza un documento è impossibile svolgere un lavoro dignitoso”.

Commettere reati legati al terrorismo, secondo il decreto, farà scattare automaticamente la revoca della cittadinanza. Ma anche un reato minore – come la violenza sessuale, lo spaccio di droga o il furto aggravato – comporterà la sospensione della richiesta d’asilo già dopo una sentenza di primo grado. Un “cattivismo” eccessivo secondo Agnese Ciulla. “Le leggi devono essere uguali per tutti. Credo sia fondamentale esigere la certezza della pena. Ma bisognerebbe anche far ricorso alla giustizia riparativa. Invece si continua a colpire senza immaginare un modo diverso, soprattutto per i reati minori, di intervenire nelle comunità”.

Volgendo lo sguardo in casa nostra, il comune di Palermo ha appena deciso di apporre la propria bandiera sulle navi che salvano i migranti: “Penso a tutti quei ragazzi, qualche migliaio, di cui sono stata tutore – ricorda la Ciulla – Vorrei sapere che idea si sono fatti di questa Italia. Il simbolo sulla nave può raccontare per immagini un sentire. Apprezzo il gesto, ma apprezzerei di più che tante persone si dimostrassero aperte all’accoglienza. La sicurezza non si fa chiudendo le porte, ma aprendole e cercando le soluzioni nel confronto e nelle azioni. L’Italia è stato un paese sicuro in questi anni perché ha trovato una strada per costruire legami coi migranti. Questo decreto è tutto un grande spot e non incide nemmeno sulla sicurezza degli italiani”.

Che, sondaggi alla mano, stanno però dalla parte dei governanti: “Nelle persone c’è il desiderio di imboccare la via del cambiamento. Ma le azioni a supporto di questo cambiamento sono deleterie. I migranti rappresentano uno specchietto per le allodole rispetto ai grandi problemi del Paese. Li stiamo usando per nascondere la polvere sotto il tappeto. Gli italiani, in un’epoca di impoverimento e incertezza, sono sempre abituati a cercare il salvatore della patria. E’ successo per vent’anni con personaggi assai più noti”.