Anche sulle nomine il governo Schifani non eccelle per coerenza. Bastano due esempi: il primo riguarda Tommaso Dragotto, il patron di Sicily by Car, indicato come presidente dell’Irfis e subito dimissionario; il secondo, invece, è Roberto Sanfilippo, che dopo essere stato bocciato a gennaio nell’ambito dello spoils system, ha avuto il via libera a distanza di pochi mesi (si dice, con la benedizione del partito di Raffaele Lombardo). Prima non andava bene, ma come per miracolo la lunga esperienza da direttore del centro d’eccellenza per la formazione del personale del servizio sanitario (maturata al fianco di Ruggero Razza), è tornata utile. Buon per lui.

L’ex dirigente generale del Comune di Catania, cresciuto sotto l’ala protettiva di Raffaele Stancanelli e approdato alla scuderia di Musumeci nel corso dell’ultima legislatura, è stato il principale beneficiario della centralità assunta dal Cefpas durante i cinque anni dell’imperatore Ruggero (per usare una definizione dell’arcirivale Micciché). E conosce a menadito dubbi e paure sollevati da alcuni sindacati su incarichi e consulenze che, nel centro di Caltanissetta, venivano distribuiti ad amici e parenti di politici: “E’ tutto in regola”, si giustificò normativa alla mano. Ma al netto delle supposizioni, sussiste una certezza: ovvero il ruolo predominante assunto dal Cefpas negli ultimi anni. Sia perché qui si formano i direttori generali della sanità (chi supera il corso si iscrive all’Albo ed è ‘eleggibile’ dalla politica); sia perché, in occasione del tragico evento della pandemia, ma anche prima e dopo, ha beneficiato di fior di finanziamenti da parte di mamma Regione, a cominciare da un contributo annuo ordinario da 5,4 milioni di euro.

Il Pnrr ha destinato alla sanità siciliana 800 milioni circa, di cui una grossa fetta saranno custoditi e utilizzati dallo stesso Sanfilippo: il Cefpas si è visto assegnare 140 milioni per la digitalizzazione dei Dea (dipartimenti di emergenza e accettazione) di I e II livello; ma anche 3,5 milioni per occuparsi di interconnessione aziendale fra case di cura, assistenza domiciliare e telemedicina; e altri 3 milioni per il rafforzamento dell’infrastruttura tecnologica e degli strumenti per la raccolta, l’elaborazione e l’analisi dei dati. Senza dimenticare i sette milioni e mezzo per le attività di formazione. Presso il Cefpas sarebbe dovuto nascere anche il Cerpes, il punto di riferimento di tutto il Mezzogiorno contro le epidemie e le pandemie. E’ chiaro che un bottino così cospicuo e una così ampia sfera di competenze vadano gestiti con uomini e donne di fiducia. E se per un attimo quella nei confronti di Sanfilippo era arrivata a vacillare, le congiunzioni politiche astrali – non è un mistero che gli Autonomisti si ritrovino sulla candidatura di Razza a sindaco di Catania – hanno permesso di superare questo scoglio. E chissenefrega della coerenza.

D’altronde le valutazioni – politiche e professionali – sono sempre suscettibili al giudizio umano. Quello di Schifani nei confronti di Tommaso Dragotto, per esempio, era ottimo. Specie dopo il contributo elargito da quest’ultimo alla campagna elettorale del presidente eletto. Così, per l’85enne di belle speranze, era scattata una nomina di primissimo ordine: all’Irfis, la banca della Regione che gestisce una montagna di soldi (e un sacco di fondi legati al rilancio dell’economia dopo il Covid). Ma la scelta dell’imprenditore è durata lo spazio di una svista: quella che avrebbe commesso Dragotto (per sua stessa ammissione, in una intervista a Live Sicilia) non dichiarando il suo coinvolgimento in alcune grane giudiziarie al momento della nomina. Era indagato per traffico illecito di rifiuti. Dopo le dimissioni si è aggiunta un’altra accusa per falso. Lui ha detto di essersi tirato fuori perché l’impegno richiesto da Irfis era più gravoso del previsto e risultava “incompatibile” con i progetti d’espansione con Sicily by Car. Se così fosse, Schifani avrebbe sbagliato due volte: a nominarlo e a non metterlo al corrente delle mansioni richieste.

Ma in questo valzer di nomine ci sono (ancora) parecchi tasselli da mettere a posto. Tornando alla Sanità, infatti, sembra già aver fatto il suo tempo l’assessore Giovanna Volo, bersaglio mobile delle contestazioni di laboratori analisi e ambulatori specialistici che ne hanno invocato le dimissioni durante una manifestazione a Palermo. Anche Fratelli d’Italia s’è scagliata sul ‘tecnico’ per le mancate proroghe ai precari Covid. Volo ha assorbito come una spugna, arrivando a ‘fuggire’ dall’aula alla prima richiesta di chiarimenti. Un passo di lato avrebbe legittimato altre critiche nei confronti di Schifani che non l’ha saputa scegliere. La resistenza dovrebbe protrarsi almeno fino alla nomina di Salvatore Iacolino, ex eurodeputato di Forza Italia, che è già stato scelto come commissario straordinario del Policlinico di Palermo: a breve potrebbe diventare il nuovo capo dipartimento alla Pianificazione strategica (ruolo ricoperto fino a poche settimane fa da Mario La Rocca). La giunta, che un paio di pomeriggi fa ha autorizzato il bando per reclutare un “esterno”, in pratica gli ha apparecchiato la tavola.

Tra le altre nomine sfornate da Schifani & Co. c’è quella di Francesco Cascio, che somiglia tantissimo a una ricompensa. Doveva diventare sindaco di Palermo, ma è stato sacrificato sull’altare di Lagalla; doveva diventare vicesindaco, ma è stato snobbato per interessi di rango superiore (la soddisfazione di FdI); doveva fare l’assessore regionale alla Sanità, ma gli hanno preferito un tecnico. Non è stato neppure eletto all’Ars, nonostante un discreto risultato. Così è stato catapultato alla guida di Sicilia Digitale, un carrozzone che lo scorso anno s’è salvato dal fallimento per il rotto della cuffia; che non prende più una commessa dalla Regione; ma che tuttavia continua ad essere funzionale in questo risiko di nomine e contronomine che tengono in vita i partiti. Schifani s’è ricordato anche di lui, che resta un fedele esponente della sua Forza Italia. Come s’è ricordato di Giovanni Ilarda, magistrato in pensione e un po’ demodé, nel ruolo di commissario liquidatore dei Consorzi Asi della Sicilia occidentale; e di Maria Mattarella, la segretaria generale messa a capo di una task force per controllare le spese del Pnrr. Non gli è riuscito il colpo con Vito Riggio, ex presidente di Enac, che sembrava a un passo dalla guida dell’aeroporto di Trapani (gestito da Airgest) e invece ha dovuto “accontentarsi” della nomina ad amministratore delegato di Gesap.

C’è anche la categoria degli “intoccabili”. A breve si dovrà procedere con il rinnovo delle cariche all’Istituto Zootecnico e all’Esa, l’Ente di sviluppo agricolo, che il governo Musumeci aveva affidato alle cure di Giuseppe Catania, marito della deputata di FdI Giusy Savarino, nonché ex presidente dell’assemblea regionale di Diventerà Bellissima: esistono spiragli di conferma? Mentre è finito il commissariamento di Nicola Tarantino alla Foss, la fondazione orchestra sinfonica siciliana. Ma per il dirigente d’alto rango scelto da Manlio Messina rimane un premio di consolazione: cioè la Sicilia Film Commission. Da quello scranno è stata apposta la firma sul decreto che ha assegnato 3,7 milioni, senza bando, a una società del Lussemburgo per la realizzazione della seconda mostra fotografica su donne e cinema a Cannes. Un episodio che ha raccolto la condanna del Tar di Palermo (in attesa degli esiti di altre due inchieste giudiziarie) e dello stesso Schifani (che ha intimato la revoca degli atti in autotutela), ma per cui nessuno continua a pagare.