A Trapani non si parla d’altro. Nel giro di pochi mesi Valerio Antonini si è assicurato il calcio, il basket – con gli Shark ha raggiunto una promozione in Serie A e, immediatamente, la semifinale scudetto – e pure una televisione. Adesso si affaccia sulla politica, con un movimento che si chiama “Futuro” e lo slogan “Cambiare tutto” (ma anche un claim di sicuro impatto: “Make Trapani Great Again’, d’ispirazione trumpiana). Non è più soltanto il patron granata: è l’uomo che condiziona il dibattito pubblico, che fa e disfa alleanze, che coltiva amicizie influenti, mette in difficoltà il sindaco Giacomo Tranchida e agita i sonni del centrodestra.
Con Tranchida, che la coalizione di centrosinistra e l’insospettabile Turano avevano trainato alle ultime Amministrative, è ormai rottura totale. Lo dimostra la vicenda dell’ex assessore Emanuele Barbara, costretto alle dimissioni dopo una registrazione telefonica diffusa dallo stesso Antonini. Un episodio che ha certificato il punto di non ritorno nei rapporti tra l’imprenditore romano e il primo cittadino. Sullo sfondo c’è la gestione del Palasport, tra convenzioni contestate, bollette non pagate e minacce di finire in tribunale.
Ma Antonini non si accontenta dello scontro con il primo cittadino. Ha messo in piedi un movimento politico. La rappresentanza istituzionale, per ora, si riduce a un consigliere comunale. La prospettiva, però, è ghiotta, almeno per il diretto interessato. Antonini non è un imprenditore/politico qualsiasi: dispone di mezzi economici enormi, sa mobilitare migliaia di tifosi (ne è prova la festa realizzata di fronte al PalaShark il party granata, con nomi di grido fra cui Elodie), è un fattore di potere che nessuno può permettersi di ignorare.
Nel campo progressista è già un oppositore dichiarato. Nel centrodestra, invece, prevale la cautela. Tutti si tengono alla larga, perché se Antonini decidesse di candidarsi a sindaco chi potrebbe dirgli di no? E se scegliesse di sostenere un candidato con una lista personale, chi riuscirebbe a controllarne la spinta? È questa incertezza a renderlo il convitato di pietra della politica trapanese e regionale.
Ed è proprio a Palermo che la vicenda si fa più complicata. Alla presentazione di “Futuro” accanto ad Antonini c’era Roberto Schifani, avvocato e figlio del presidente della Regione. Una presenza che ha subito acceso i riflettori: cosa c’entra, se c’entra, Renato Schifani con questa operazione? Il capogruppo di Forza Italia all’Ars, Stefano Pellegrino, ha provato a smorzare: “La presenza di Schifani jr è solo professionale”. Ma è lo stesso Pellegrino ad aver firmato l’emendamento in Finanziaria che ha assegnato 300 mila euro al Trapani Calcio, la società del patron granata.
Un finanziamento dallo strano retrogusto. Tanto più perché nell’organigramma societario figura, nelle vesti di consulente generale, proprio il figlio del governatore. A denunciare la vicenda è stato il deputato regionale Ismaele La Vardera, che ha ricostruito come quei fondi siano stati spesi: 133 mila euro per trasferte e noleggio pullman, 67 mila per vitto e alloggio, 128 mila per materiali e forniture, 47 mila per collaborazioni con altre società. E soprattutto 69 mila euro di voli privati con la compagnia maltese Luxwing, rimborsati come “promozione turistica”. Dentro c’è anche un cartellone pubblicitario con la faccia di Antonini e lo slogan “Non C basta”.
La Regione ha rimborsato quasi per intero la spesa, 294 mila euro su 375 mila. Una storia che in qualsiasi altro contesto avrebbe fatto tremare i palazzi, e che nell’Isola passa quasi sotto traccia. Per ora. C’è poi la rete di relazioni. Secondo Repubblica, Antonini non ha esitato a definire Luigi Bisignani – l’uomo che da decenni frequenta le stanze del potere, già iscritto alla P2 e condannato per la maxitangente Enimont – “il mio maestro”. Bisignani ha risposto schermendosi: “Non mi occupo di politica locale”. Ma il sigillo resta.
E qui il profilo di Antonini si precisa: non un politico di razza, ma una sorta di guitto decisionista, che prova a impressionare oltre che a comandare. In Sicilia figure del genere non sono mai mancate: uomini che hanno tentato di incarnare il ruolo del capo carismatico, capace di dominare la scena a colpi di gesti teatrali, promesse roboanti e qualche parola fuori posto. Antonini si muove su questo crinale: più che alla costruzione di un progetto, punta a occupare lo spazio, a mostrare forza, a lasciare gli altri sulla difensiva. Aveva anche provato a scalare le quote di Airgest, per assicurarsi una fetta di controllo sull’aeroporto di Birgi (materia delicatissima, su cui la Regione non sembra fare sconti).
Il risultato è che oggi, a Trapani, nessuno sembra in grado di contrastarne l’ascesa. Tranchida lo combatte a viso aperto, ma rischia di restare isolato. Forza Italia si dibatte tra imbarazzi e convenienze. Schifani cerca di tenere le distanze, ma l’immagine del figlio accanto al patron granata resta lì, inesorabile. Gli altri partiti osservano in silenzio, sperando di non dover scegliere troppo presto da che parte stare. Antonini, intanto, ha già vinto la sua prima partita: ha spostato l’asse del potere cittadino, ha trasformato lo sport in piattaforma politica, ha costretto tutti a fare i conti con lui. Se davvero “cambierà tutto”, come promette lo slogan del suo movimento, è presto per dirlo. Ma una cosa è certa: ha già cambiato le regole del gioco.