In questa calda estate, che si è improvvisamente complicata per il caos aeroporti e lo sciopero dei regionali, Schifani rischia di finire travolto. Il presidente fatica a governare le emergenze e il suo carattere non gli consente di farsi molti amici: nella black list è finito persino Vito Riggio, amministratore delegato di Gesap, dopo la decisione di non accettare altri voli diretti a Catania. Il governatore, che gli aveva affidato le cure del “Falcone-Borsellino” dopo aver tentato (invano) di metterlo a capo dell’aeroporto di Trapani, s’è sentito tradito. Ma lo scontro sotterraneo con Riggio ha portato Schifani a incrociare i guantoni col sindaco di Palermo, Roberto Lagalla: che oggi rappresenta per il presidente della Regione la vera incognita, e il rivale più accreditato.

Da un po’ di tempo i rapporti fra i due si sono raffreddati. Complice la mania egemonista di Schifani, che da mesi chiede a gran voce – per il tramite del suo spiccia faccende, Marcello Caruso – di modellare la giunta di Palermo a sua immagine e somiglianza. La richiesta, che ha indisposto parecchio Lagalla, è di sostituire due assessori in quota Forza Italia (Andrea Mineo e Rosi Pennino) perché non rappresentano l’attuale gruppo dirigente. Al contrario: sono amici del rivale odiatissimo, Gianfranco Micciché. E di metterci in cambio un Pietro Alongi qualunque. Lagalla, stanco di subire pressioni, ha comunicato ufficialmente che di rimpasto si parlerà dopo l’approvazione del Bilancio. Da quel momento il telefono segnala occupato: fine delle comunicazioni.

Il presidente della Regione non ha partecipato, l’altro giorno, all’opera di demolizione delle prime 72 tombe abusive del cimitero dei Rotoli, che grazie a un contributo economico del Ministero della Protezione civile e l’attribuzione dei poteri commissariali da parte dello Stato, ha permesso a Lagalla di cancellare una vergogna di anni. Su Gesap, poi, si è consumato l’ultimo cortocircuito. Con un piccolo preambolo: a differenza di Schifani, Lagalla non ha mai creduto nella fusione con Airgest, perché ciò significherebbe accollarsi anche le perdite da quest’ultima. Sul sistema aeroportuale, pertanto, sindaco e presidente non si sono mai trovati. L’ultimo assalto a Gesap, con le critiche aspre nei confronti di Natale Chieppa, in qualità di direttore generale, hanno alzato i livelli di tensione fra le parti. E il rimpasto è davvero l’ultima spiaggia per salvare un rapporto sull’orlo del precipizio.

La seconda punta del tridente che sta rendendo la vita impossibile a Schifani è, invece, un giovanotto di 37 anni. C’era anche lui, Gaetano Galvagno, a stringere la mano alla premier Meloni di fronte alla caserma Lungaro, nel giorno della ricorrenza di Via d’Amelio (per il governo s’è visto solo Tamajo). Galvagno, Fratelli d’Italia, condivide con Schifani la “passione” per Ignazio La Russa. Ma ciò che li separa è la visione dei lavori dell’Assemblea. I buoni propositi di Schifani, da “parlamentarista convinto”, sono durante lo spazio di una notte. Poi si è alzata una cortina di ferro, che ha visto ogni tentativo di mettere becco da parte del governatore – sul segretario generale dell’Ars, sul direttore della Federico II – puntualmente rintuzzato. Galvagno, in una famosa intervista, non ha potuto fare a meno di evidenziare che l’Ars sarebbe potuta rimanere aperta h24, ma senza “carne al fuoco” da parte del governo, non ci sarebbe stato nulla di cui parlare. Così Schifani ha richiamato i singoli capigruppo e organizzato i lavori. Risultati? Meno di zero. Il 5 agosto si andrà tutti in vacanza e l’unica proposta approdata in aula è il collegato alla Finanziaria (in due tempi, peraltro).

Galvagno, mostrando tempra, ha respinto l’assalto di Schifani (“Non si può pensare d’invadere il campo altrui”) sul famoso emendamento Taormina, costringendo il governatore ad accogliere (almeno) un pezzo della proposta di Cateno De Luca. Il sindaco aveva trattato con il presidente dell’Ars, e ancora lo ringrazia per aver garantito la rappresentatività dell’organo parlamentare e delle opposizioni. Ma dopo essere arrivato a minacciare le dimissioni, Schifani ha deciso comunque d’interrompere i collegamenti diretti col “rivale”, consegnando la delega ai rapporti col parlamento nelle mani di Luca Sammartino: “Una scelta che, al netto del fatto che Luca gode della mia simpatia e del mio rispetto, non si fa da soli – ha ammonito Galvagno su ‘La Sicilia’. Anche questa dev’essere condivisa. Tu sei il presidente della Regione, ma io sono tuo socio – e qui intendo il mio partito – quasi al 50 per cento e ne dobbiamo parlare prima”. In ultimo, Galvagno ha dimostrato che a Sala d’Ercole decidono i deputati: l’esito della concessione del voto segreto alle opposizioni, è stata la debacle della maggioranza sugli incarichi esterni per un nuovo censimento del patrimonio immobiliare. Il messaggio è chiaro: o si fanno le cose per bene, o questi sono i risultati.

I patrioti non lo lasciano in pace, ma la vera spina nel fianco del governatore è Cateno De Luca. Se non fosse intervenuto il neo sindaco di Taormina, i comuni che ospitano i parchi archeologici non avrebbero ricavato un centesimo per i servizi di pulizia e pubblica sicurezza prestati in occasione dei grandi eventi. Invece quell’emendamento, modificato e fatto proprio da Schifani, consentirà di avere il 15% degli introiti dallo sbigliettamento ordinario, fino a 600 mila euro annui. Ma non è tutto: De Luca si sta impuntando pure sulla gestione dell’aeroporto di Catania, che per il leader di Sud chiama Nord “è sempre stato terra di conquista e l’emergenza odierna ha messo in luce le enormi lacune gestionali presenti (…) Il presidente della Regione Schifani dov’è? Non abbiamo sentito neanche la sua reazione su questa vicenda. Tutto tace”.

Su Scateno s’infrangono i mille capricci di Schifani. Che era partito nelle vesti del gran controllore – del parlamento siciliano, del comune di Palermo e persino di Taormina – e oggi si ritrova a capo della task force dei collegamenti fra gli aeroporti. Tiepida consolazione per chi ha dissipato la maggior parte del proprio tempo a rastrellare incarichi per i propri adepti. Dimenticandosi del resto.