Catania sembra la Palermo dei “bei” tempi. Con chilometri di monnezza accatastati lungo i marciapiedi. In un video del 24 giugno, via Fossa della Creta è invasa da tonnellate di rifiuti. In alcuni quartieri la raccolta differenziata non è mai partita – per i più distratti: corre l’anno 2022 – e molti catanesi non sanno nemmeno cosa sia. “Così i turisti scappano”, è il messaggio recapitato da alcuni deputati etnei durante il dibattito con l’assessore all’Energia, Daniela Baglieri, ieri all’Ars.

Di munnizza, ma soprattutto di turismo, dovrebbe saperne qualcosina Manlio Messina, il cavaliere del Suca. Sagre, festival, promozioni e cartelloni pubblicitari. Persino una rassegna da oltre due milioni a Cannes, la patria del cinema e dei lustrini: il “ragazzo” sa vendersi. Ma il prodotto spesso manca. Se oggi Messina dovesse promuovere la bellezza e la ricchezza della sua città, e spiegare tutti i cumuli accatastati agli angoli delle strade, potrebbe appellarsi alle parole del procuratore capo di Catania Carmelo Zuccaro, che durante un’audizione in commissione nazionale Antimafia, ha spiegato che la gestione scellerata del sistema dei rifiuti da parte della Regione ha spalancato le porte alle organizzazioni criminali, che hanno approfittato dell’emergenza per realizzare profitti.

Ma c’è già un precedente: quello dello scorso Ferragosto, che ha visto la Sicilia “sputtanata” in tutta Italia dal report itinerante di Selvaggia Lucarelli. Una turista d’eccezione che passava di qui e, con la sua penna dissacrante, ha smantellato il sistema abominevole dei rifiuti. In quel caso la Baglieri era subentrata da pochi mesi ad Alberto Pierobon, sacrificato sull’altare della politica. Un anno dopo siamo punto e a capo, forse anche peggio. Discariche sature ed Srr che sbattono la testa. Piano dei rifiuti bocciato dall’Europa e riforma della governance ferma al palo dal 2019. L’unica soluzione è trasportare la spazzatura fuori regione, con l’aumento della Tari che i Comuni non possono contrastare e la Regione non può coprire: pagano i cittadini. Il problema riguarda la gestione dei rifiuti, ma più in generale la gestione dei problemi correnti da parte di questo governo. Che però si appella ai dati sul turismo, che parlano di “sold-out” fino a ottobre, per farsi bello e rendersi appetibile.

L’ha ripetuto Nello Musumeci sul palco di Taobuk, richiamandosi gli sfottò di Ficarra e Picone, e i fischi del pubblico (che per fortuna del governatore, la Rai ha censurato): “I turisti? Siamo costretti a rimandarli in Calabria”. Eppure nell’Isola si esulta per gli ultimi numeri “che confermano la nostra capacità di attrarre e ci spingono a maggiori investimenti su infrastrutture e formazione”, ha detto il presidente della Regione. Quale capacità di attrarre? L’esperienza di See Sicily, la mastodontica operazione promozionale che a Manlio Messina è costata 75 milioni in pubblicità e marchette (partorita con la Finanziaria di guerra del 2020), non si sa fino a che punto sia tornata utile. Le strade sono un clamoroso sconquasso, ma se glielo fai notare sul palco del Teatro Antico, il presidente dice che è colpa di Roma. Giù altri fischi.

La Sicilia è bella da sé. Senza la politica. E se i turisti arrivano in massa non è certo merito delle iniziative (assenti) del governo regionale. O del loghino della Trinacria che appare a fianco dei grandi eventi: dai giri in bicicletta alle fiere dei cavalli, passando per Taobuk. Magari serviranno agli albergatori di Taormina per incrementare i propri ricavi. Costituiscono un ritorno d’immagine a tratti necessario. Ma non comportano valore aggiunto. Né fanno vendere un libro in più.

Il turismo sbagliato della Regione è figlio di alcune situazioni drammatiche, a cui proprio non si riesce ad ovviare: come i rifiuti, ad esempio; o come l’aumento ingiustificato dei prezzi sulle tratte che collegano Palermo alle isole Eolie (ci vogliono 100 euro per fare andate e ritorno da Lipari). Anche se un ulteriore rincaro al momento è scongiurato. Merito di un tavolo convocato dal Ministro Giovannini. “Come già fatto dalla Regione sui collegamenti di nostra competenza, è indispensabile che lo Stato faccia al più presto la propria parte per scongiurare i pesanti effetti del caro carburante sui trasporti statali “ex Siremar”. Nelle more – spiega l’assessore alle Infrastrutture, Marco Falcone – il ministro Giovannini ha chiesto al concessionario Sns di sospendere il nuovo aumento previsto a partire dal 30 giugno che farebbe schizzare i rincari al 40 per cento in meno di due settimane”.

In Sicilia sappiamo solo mettere pezze. Mai risolvere i problemi per tempo. La vendita dei biglietti aerei per le isole di Lampedusa e Pantelleria è ripresa dopo un blackout di alcune settimane a causa della scadenza del contratto di continuità territoriale fra l’Enac, ente statale, e la compagnia aerea che propone le tariffe sociali (la danese Dat). Più in generale, i costi dei biglietti non favoriscono la mobilità, e la richiesta d’insularità avanzata dal prode assessore Armao deve ancora maturare nel rimpallo fra Camera e Senato. Ci dicono sempre che a Roma sono sporchi e cattivi. E sarà pure mancata l’attenzione per questo lembo di terra disperata, che Musumeci vorrebbe riportare al centro dei flussi euro-afro-mediterranei. Ma cos’è ha fatto il governo della Sicilia per rendere appetibili le proprie lagne? O sopperire alle carenze croniche di uno Stato distratto rispetto ai problemi dell’Isola?

Niente. Ha solo organizzato mostre, incontri, dibattiti, presentazioni. Ha seminato clientele in giro per l’Italia, cementando i rapporti con gruppi editoriali e agenzie pubblicitarie, come la Itaca, divenute punto di riferimento e ombelico del turismo nostrano. Ha sparso cartelloni ovunque (dalle stazioni ferroviarie ai network televisivi); ha scritturato fenomeni dello show biz, come Eleonora Abbagnato e i cantanti Colapesce e Dimartino; ha realizzato spot costosissimi (700 mila e rotti euro) utilizzando i fondi europei per lo sviluppo. E poi, durante la pandemia, ha scelto di regalare una notte gratis ogni tre trascorse sull’Isola. Infine, ha pensato di costituire uffici stampa e destinare montagne di piccioli senza precisare come. E’ accaduto nel corso dell’ultima pomposa manifestazione di Cannes, dove all’interno di “Casa Sicilia” è stata allestita l’anteprima della mostra del progetto fotografico “Sicily, women and cinema”, che ha proposto la reinterpretazione in chiave moderna, da parte di 12 modelle, di altrettanti personaggi cinematografici femminili di pellicole ambientate nell’Isola. Gli scatti sono opera del fotografo di moda Awamu Moja. Costo dell’operazione: 2,2 milioni di euro (di cui 176 mila euro alla voce ‘comunicazione’). Ovviamente extra bilancio. Paga Pantalone.

La Regione ha fatto tutto questo. Ma non è riuscita a ritirare dalle strade i sacchi maleodoranti di monnezza. Non è riuscita a battere i pugni sul tavolo, a Roma, per fare in modo che in Sicilia si potessero avere strade più efficienti e costi di mobilità calmierati. Ha mancato l’appuntamento con lo sviluppo di un paio di aeroporti strategici, come Comiso e Trapani, dopo aver salvato quest’ultimo grazie a una montagna di denari pubblici (Musumeci ha parlato ufficialmente di “uno straordinario impegno, strategico e finanziario, profuso in questi anni dal nostro governo regionale”). E che dire degli altri collegamenti? Perché non esiste un collegamento all’avanguardia e nel periodo estivo non ci saranno treni a far la spola fra Catania e Palermo? Ovviamente è colpa di Ferrovie dello Stato, che sta realizzando i lavori sull’asse Catenanuova-Bicocca, e come forma di “riscatto” ha offerto una manciata di bus sostitutivi. Il turismo sbagliato della Regione è figlio di certe scelte, ma soprattutto della capacità di non decidere. E’ una realtà assai più vasta delle marchette e delle clientele che foraggiano le tasche di pochi interlocutori e finiscono per lucidare l’immagine di qualche assessore. Vaglielo a spiegare ai turisti… Loro vengono comunque, ma spesso tornano indietro con l’amaro in bocca.