Le foto di Marco Falcone alla Playa di Catania, in compagnia dello stato maggiore di Forza Italia, hanno inondato i social nella serata di mercoledì. E sono indicative di un sentore che accomuna partiti e partitini, politici e presunti tali. E’ nella città all’ombra del vulcano che ci si gioca una fetta della propria autorevolezza. O per dirla in politichese: la leadership. Fateci caso: i più alti concorrenti al ruolo sono tutti di Catania e dintorni. Falcone, che nella città etnea riveste il ruolo di commissario provinciale del suo partito (gli sta stretto), ha lanciato un’Opa sulla segreteria regionale. E il pass per Bruxelles (sempre che la sfida con Tamajo risulti vinta) darà un significato alla sua permanenza nel partito: da semplice “oppositore interno”, incline al dialogo e al lavoro, o qualcos’altro?

Un altro che rischia parecchio è Luca Sammartino. Il segretario regionale della Lega è un altro: si chiama Claudio Durigon e viene dal Nord. Ma per effetto delle scelte di Sammartino, il Carroccio si è purificato dalle scorie autonomiste e imbastisce una partita a sé, dove l’unico risultato che conta è strappare un seggio per Bruxelles. Se mr. Preferenze non riuscisse nell’interno (col suo candidato, Raffaele Stancanelli), il percorso (che comprende Nino Germanà alla guida del partito siciliano) si rivelerebbe sempre più impervio: specie per un “perseguitato” dalla magistratura.

Chi si gioca tanto è Anthony Barbagallo, di Pedara. Le suddivisioni in correnti e candidati dimostra che il Pd non ha perso l’antico vizietto di tendere un’imboscata al primo segretario che passa. Barbagallo ha attraversato la tempesta di alcune elezioni andate in malora, ma la sfida odierna è persino più delicata: si spende per Antonio Nicita, contro Giuseppe Lupo. Che a Palermo ha buon seguito e punta al sorpasso. Per rimettere tutto in discussione.

Pure Raffaele Lombardo, leader imperituro del Mpa, dovrà dimostrare di aver scelto il cavallo giusto. Caterina Chinnici è candidata da indipendente (ma che significa?) nella lista di Forza Italia e, puntando su di lei, Lombardo potrà “pesarsi” più di chiunque altro. L’apparentamento di scopo con Forza Italia, un domani, potrebbe permettergli di passare all’incasso vantando rendite di posizione. Sempre che la Chinnici non faccia flop e vanifichi tutto.

Ma c’è un altro catanese che si gioca parecchio, senza metterci la faccia. Manlio Messina non solo non si candiderà, ma ha scelto un profilo basso rispetto ai candidati della sua lista: non si schiera (quello che, forse, avrebbe dovuto fare il presidente della Regione per evitare le risse forziste). Messina è come la Svizzera. Rimane apparentemente super partes per mettere il cappello sul risultato di FdI (che potrà contare sull’effetto trascinamento di Giorgia), ed evitare di mettere la faccia sull’eventuale sconfitta di qualcuno dei suoi adepti, come la Amata. Io non c’ero, e se c’ero dormivo.