Lo scontro sotterraneo per le poltrone della sanità; quello – rivelato attraverso i giornali – per le stabilizzazioni nei Consorzi di Bonifica; i mille interrogativi che avvolgono la prossima Legge Finanziaria. Non basterà un solo vertice a risolvere le grane che il centrodestra si porta dietro da tempo. L’inchiesta su Cuffaro, costato il posto a due assessori della Democrazia Cristiana, sembrava la pietra tombale sulla legislatura; ma i partiti che affiancano (o accerchiano?) il presidente Schifani, continuano a raschiare il fondo del barile, trovandoci sempre qualcosa dentro.
Nessuno s’interroga sulla “questione morale” – su quanto sia incoerente lasciare in giunta due assessori inquisiti, mentre due senza macchia siano stati fatti fuori – ma Movimento per l’Autonomia e Lega hanno trovato il modo di tornare a discutere di poltrone della sanità proprio nei giorni meno indicati. Con un’inchiesta della Procura di Palermo che ha rivelato ciò che molti sapevano: cioè che la spartizione dei manager avviene nelle segreterie politiche e non per le reali competenze dei prescelti. Ecco: la Lega accelera per rimpiazzare Santonocito alla guida del Policlinico di Messina, mentre il Mpa – che ha contestato al pari dei patrioti la conferma di Iacolino alla guida del dipartimento Pianificazione strategica – lo vorrebbe fuori anche da lì. Mettendosi di traverso.
Gli Autonomisti hanno prima fatto saltare il vertice la scorsa settimana, adducendo l’impossibilità di partecipare (non c’erano né il capogruppo Di Mauro né il coordinatore Mancuso, mentre Lombardo ha deciso di non presentarsi mai più); e adesso aggiungono nuova carne al fuoco, prima chiedendo di lasciar perdere le nomine, poi incolpando l’assessore Sammartino di voler sabotare qualche centinaio di stabilizzazioni nei Consorzi di Bonifica, come se anche quel terreno non rappresentasse l’avamposto di una fruttuosa ricerca del consenso elettorale.
I lavoratori dei Consorzi sono precari come i circa 4 mila ex-Pip su cui Cuffaro, come emerge dalle intercettazioni, sperava di poter contare azionando la leva della Sas, la partecipata regionale guidata dal fedelissimo della Dc Mauro Pantò (che Schifani non ha ancora rimosso). Queste persone rappresentano la carne viva della sofferenza e del bisogno, su cui la politica – puntualmente – prova a costruire il proprio tornaconto. Agli autonomisti, che avanzavano dubbi sull’operato di Sammartino (da sempre il rivale accreditato numero uno di Lombardo nel catanese), l’assessore all’Agricoltura ha risposto per le rime: “Dopo tanti anni di illusioni e speculazioni portate avanti da parte di politicanti vari, il governo Schifani e la maggioranza parlamentare hanno risolto il problema con serietà e competenza. I detrattori se ne facciano una ragione: la stagione delle promesse a vuoto è finita”.
Guardarsi in cagnesco, mandarsi maledizioni, ostacolarsi fino allo stremo è lo sport preferito di questa maggioranza litigiosa, che in vista del vertice non ha risolto alcuna delle sue controversie: Fratelli d’Italia, come il Mpa, continua a rivendicare la revoca di Iacolino (nel frattempo ha già incassato qualche nomine, come quelle dell’ex deputato Nicolò Catania in qualità di subcommissario ai rifiuti) e meno poteri a Sammartino; gli Autonomisti si aspettavano un segnale con l’azzeramento della giunta e ora sgomitano per ottenere un altro assessore; Forza Italia spera di guadagnare spazio nella squadra di governo dopo aver ricevuto soltanto umiliazioni; la Legge di Stabilità, al vaglio delle commissioni di merito dell’Ars, meriterà un approfondimento dettagliato, giacché molte delle norme sono state riproposte da Schifani e Dagnino nonostante siano state fatte a pezzi dai franchi tiratori nell’ultima manovrina.
Sarà questo il campo di battaglia in cui misurare la resistenza della coalizione. Che eventualmente avrebbe ancora un piano-B per ricompattarsi: cioè la discussione sulla mozione di sfiducia avanzata dalle opposizioni. Un altro tema utile a filosofeggiare sul “cuffarismo” e sulla “decuffarizzazione”, a prendersi del tempo. La grande differenza rispetto al passato è che al tavolo di Schifani non ci sarà più la Democrazia Cristiana, che però ha già garantito pieno appoggio al suo governo. Nonostante il presidente abbia già rinnegato l’amico Totò, cancellando la sua presenza dall’esecutivo, i sei paladini lealisti (al momento il capogruppo Pace rimane con una richiesta d’arresto sul groppone), non ne vogliono sapere di reagire. Anche loro si accoderanno e saranno ammessi alla spartizione del tesoretto – ancora da quantificare – che rappresenta il vero obiettivo di questo mese e mezzo che ci separa dal nuovo anno.
Insomma, la ruota ha ripreso a girare alla velocità di sempre. Questa Regione è già moralizzata. Il centrodestra è più coeso che mai. A proposito, Cuffaro chi?

