Ora che la famosa villa di Berlusconi, a Lampedusa, non appartiene più alla famiglia del Cav. (è stata venduta a un uomo d’affari), la Sicilia appare sempre meno azzurra. Il congresso nazionale potrebbe amplificare questa sensazione. E cioè che Forza Italia, nonostante il gran numero di delegati provenienti dall’Isola e circa 12 mila tesseramenti, abbia allentato i legami con questa regione (clamoroso fu il 61-0 del 2001 alle Politiche, con l’aggiudicazione di tutti i collegi uninominali e scapito della sinistra).

Con Draghi, che nonostante le reiterate richieste dell’allora commissario Micciché, non aveva assegnato alcun posto di sottogoverno ai siciliani, sembrava si fosse raggiunto il punto più basso. Ma con Tajani si è continuato a scavare e oggi, con l’esclusione di Schifani dal lotto dei pretendenti al ruolo di vicesegretario, l’unica ancora di salvezza dimora a Caltanissetta: si chiama Caterina Chinnici. Sì, proprio lei. Stiamo parlando dell’eurodeputata uscente (eletta col Pd) e candidata del centrosinistra alle ultime elezioni Regionali (finì terza senza muovere una critica al centrodestra). Che con una giravolta degna dei transfughi più consumati, si è accasata sotto l’ala protettrice di Antonio Tajani, con cui “ci conosciamo e stimiamo reciprocamente dal 2014” (lo ha detto al Corriere).

E’ cambiata la Chinnici (“Con la Schlein visioni diverse, il gruppo dei Socialisti e democratici nel tempo si è spostato sempre più a sinistra. Troppo per me”, ha dichiarato), ma è cambiata soprattutto Forza Italia, che complice l’uscita di scena di Silvio Berlusconi, è finita a pescare dall’elenco dei paladini dell’antimafia, estraendo il bussolotto più ambito: la figlia dell’ex giudice ammazzato dalla mafia. Per una questione di lignaggio familiare, di opportunità sociale, di integrità morale e capacità professionale (Chinnici è un magistrato in aspettativa che si occupa a tempo pieno di politica). Ma soprattutto perché ha i voti. Ne raccolse oltre 113 mila alle ultime consultazioni europee. E l’obiettivo, neanche tanto mascherato, di Tajani è ricandidarla per la conquista di un seggio a Bruxelles.

La sua presentazione a Milano, in compagnia della compagna di sventure Rita Dalla Chiesa, alcuni mesi fa a Milano, è stata salutata come un’apparizione. Adesso, dopo quasi un anno di militanza in sordina – perché la Chinnici raramente si espone – sta venendo il tempo del raccolto. E a pensarci bene Chinnici potrebbe essere il vero coup de theatre di questa due giorni romana che, altrimenti, si preannuncia statica e noiosa (e poco siciliana). Tajani sarà eletto segretario, mentre per i quattro posti da vice sono in ballo Roberto Occhiuto (presidente della Calabria ‘sconfessato’ da Schifani), la deputata Debora Bergamini, il presidente del Piemonte Alberto Cirio e, per ultimo, il “compagnetto” di Marta Fascina, Stefano Benigni. Su quest’ultimo starebbero convergendo le preferenze della classe dirigente siciliana di FI, guidata dal ventriloquo Marcello Caruso.

La Chinnici, invece, potrebbe essere riproposta nel ruolo di esempio e modello da esportare, di degna rappresentante della società civile, sebbene la sua storia e i suoi trascorsi (specie politici: ricordate la questione morale e l’esclusione di Peppino Lupo alla vigilia delle ultime Regionali dalle liste del Pd?) non sembrano coincidere esattamente con il garantismo dei padri fondatori azzurri. Specie in queste ore, in cui, secondo il Corriere della Sera, sarebbe tornato sulla scena il senatore Marcello Dell’Utri, che ha scontato una condanna di 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Sarebbe lui il prescelto della Fascina, riemersa dal torpore di Arcore, per far ottenere a Benigni lo scranno di vicesegretario vicario e controllare dall’interno l’indirizzo politico del partito. Le telefonate sono in corso e sempre più frenetiche.

Ma questa è cronaca e retroscenismo insieme. La questione semmai è un’altra: come potrà la limpida Caterina Chinnici giustificare la convivenza con Dell’Utri all’interno dello stesso partito? Come potrà mostrare le effigie di Forza Italia senza vergognarsi un pochino di taluni che gorgheggiano “Azzurra libertà” al suo fianco? Soprattutto dopo aver determinato, con la sua discesa a Taormina al fianco di Tajani e dell’assessore Falcone, l’esclusione di Cuffaro e della DC dal listone sognato da Schifani? Senza entrare nel merito di quale delle due correnti – garantisti o forcaioli, eletti o reprobi – abbia ragione d’esistere più dell’altra, un quesito di coerenza andrebbe posto. E poi andrebbe chiesto a Tajani come intende utilizzare l’esperienza dell’europarlamentare all’interno del Partito Popolare Europeo, ma soprattutto dove ha intenzione di candidarla. In Sicilia o altrove?

Sia nel 2014 che nel 2019 la Chinnici è stata eletta nella circoscrizione Isole, anche se stavolta ci sarebbe una concorrenza (maschile, soprattutto) da far tremare i polsi: quella di Edy Tamajo, l’assessore alle Attività produttive per cui Schifani ha già speso un endorsement; e quella di Marco Falcone, che brama una rivincita per le troppe umiliazioni subite dal governatore nell’arco di questa breve legislatura. Hanno entrambi un radicamento territoriale forte (rispettivamente a Palermo e Catania), un bacino di preferenze considerevole e soprattutto zero intenzioni di rinunciare al seggio (qualora eletti). E’ altamente probabile che FI, anche a questo giro, debba accontentarsi di eleggere solo un eurodeputato, come accadde cinque anni fa, quando Berlusconi si scansò per fare spazio a Giuseppe Milazzo (poi passato a FdI). E’ strano se fosse Chinnici ad assumere l’eredità politica e culturale del Cav., ma di questi tempi non si può escludere nulla.