Per dare una mano ai manager delle Asp inadempienti, l’assessore Faraoni ha tirato fuori dal cilindro una novità impossibile da attuare: “eliminare” dalle liste d’attesa le prestazioni urgenti che gli ospedali – con le risorse umane e materiali a disposizione – dovrebbero esitare al massimo entro 10 giorni. Sarebbe una prospettiva esemplare per provare a governare un fenomeno fuori controllo: ma è impensabile che da oggi si riesca a far fronte a una domanda esageratamente alta, garantendo risorse economiche aggiuntive a medici e infermieri (bisognerebbe assumerne degli altri). O tenendo aperte le porte degli ambulatori anche di notte (cosa che non avverrà).
La nuova trovata (“Un’innovazione sostenibile” secondo la Faraoni) aiuterà l’assessore – questo sì – a far scomparire migliaia di prestazioni dalle agende di prenotazione. Così facendo i numeri sorrideranno ai manager, la cui permanenza ai vertici delle singole Aziende sanitarie e ospedaliere è ancorato al raggiungimento di una serie di obiettivi minimi, compreso lo smaltimento delle liste d’attesa. Quello adottato dalla Faraoni, col beneplacito di Schifani, somiglia più a un trucco che a una soluzione. Salvando la pelle dei Direttori generali, il presidente, l’assessore e i partiti della maggioranza non dovranno rispondere delle scelte politiche compiute con le nomine a gennaio 2024.
Molte non sono state azzeccate: mentre Roberto Colletti è stato costretto a dimettersi dopo la morte sospetta di un paziente a Villa Sofia (17 giorni in attesa di un intervento ortopedico), Ferdinando Croce ha fatto le valigie in seguito allo scandalo degli esami istologici a Trapani, altri – come il manager del ‘Civico’ Walter Messina – non hanno mai pagato dazio per alcune vicende non troppo limpide, a partire dal demansionamento della dottoressa Desirée Farinella, già direttore dell’ospedale dei Bambini. Il provvedimento delle liste d’attesa è una foglia di fico sulle vergogne della sanità, un coup de theatre messo in atto per placare l’ira dei pazienti, almeno in apparenza.
Il governo Schifani non è insolito a certe scenette. E oltre ai trucchi conosce molto bene le fiction. Ad esempio, ha imparato a distinguere fra “mance” e finanziamenti per “attività di promozione turistica e culturale”: sono la stessa cosa, ma nessuno ha voglia di ammetterlo. Anche perché c’è una linea di demarcazione netta fra il prima e il dopo: è rappresentata dallo scandalo Auteri, coinciso con quel vezzo tutto siciliano di ripartire i fondi in Finanziaria – senza alcuna regola o criterio oggettivo – alle associazioni di amici e familiari. Dopo Auteri la storia è cambiata: i soldi vanno ai Comuni. Ovviamente a quelli benedetti dai deputati. Ma vuoi mettere la gestione di un sindaco attento, sebbene di parte, con quella di un imprenditore musicale senza scrupoli?
Non cambia la sostanza. Pochi enti e associazioni serie, spesso senza padrini, fanno la corsa per accaparrarsi gli unici fondi “riconosciuti” per l’organizzazione di rassegne e serate, raggruppati nel Furs (il Fondo unico regionale per gli spettacoli). Gli altri attendono un cenno dalle istituzioni del posto, già servite e riverite dai parlamentari regionali, per poter organizzare feste e festini accampando la scusa del marketing territoriale. Sono le stesse abitudini di sempre, cambiano soltanto nome. Iniziative che avrebbero la loro ragion d’essere se solo trovassero un contesto trasparente ed equo in cui essere attuate. E invece no.
Tra le fiction che la Sicilia Film Commission ha scordato – distrattamente – di finanziare c’è la pellicola dedicata alla vita del missionario laico Biagio Conte. La commissione valutativa nominata dal dirigente Nicola Tarantino, allievo tra i più riusciti del Balilla, non l’aveva ritenuta in linea coi requisiti fissati dal bando. Strano. Il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè ha sollevato la questione, interrogandosi sul perché la Regione “spende e spande per festini e carnevali non è stata capace di trovare la strada per assicurare il suo contributo”. Schifani ha già promesso di attivarsi un paio di volte, arrivando a rassicurare persino la produttrice, ma non è ancora chiaro il “come”. Potrebbero scriverci un altro film (stavolta senza chiedere un solo euro alla politica).
Schifani, anziché preparare il terreno al ritorno in aula – che sarà ricco d’insidie sin da subito – ha trascorso l’estate contrastando Salvini sulla nomina all’Autorità Portuale di Palermo. E presenziando a Ragalna, dove ha tentato di riaccreditarsi con i vertici di Fratelli d’Italia e, specialmente, con l’amico di sempre Ignazio La Russa. Ma ha commesso una gaffe: concedere una lunga intervista al suo pagnottista di fiducia, Maurizio Scaglione, che in questi giorni sta riproponendo la conversazione con il governatore in tutte le salse. Un boccone alla volta. “Il pagnottista fa articoli pagnottisti elogiando il re”, ha commentato il deputato di Controcorrente, Ismaele La Vardera.
L’editore de ilsicilia.it è lo stesso che ha rastrellato incarichi a palazzo d’Orleans e a enti e società partecipate della Regione per circa mezzo milione di euro, e che di recente ha ricevuto un altro incarico per circa 90 mila euro: dovrà produrre e consegnare al dottor Gaetano Chiaro, dirigente dell’Ufficio Stampa e Documentazione, dei “video per eventi istituzionali promossi dalla Presidenza della Regione Siciliana”. Anche in questo caso non emergono in maniera limpida i criteri a cui dovrà attenersi. Trucco e fiction, stavolta, viaggiano insieme.