A sostenere la battaglia dei sindaci siciliani, nell’escursione romana di qualche giorno fa, c’era pure Alfio Mannino, segretario regionale della Cgil. “I Comuni hanno bisogno di immediata liquidità e di risorse aggiuntive. Il livello di evasione ha raggiunto il 40-50%: ciò dipende dai limiti del sistema di riscossione, che va modificato; ma anche dall’impossibilità, da parte di molti cittadini, di pagare i tributi locali. Questo combinato disposto rappresenta un mix esplosivo”. Il manifesto della crisi sociale in corso. Il prossimo step, quello del Pnrr, potrebbe consegnare all’Isola svariati miliardi per una ripresa insperata (e, in parte, anche impossibile senza la pandemia). Per sfruttare l’occasione, però, serve “rinnovare l’infrastrutturazione normativa, amministrativa e organizzativa”.

Quanto incide la carenza cronica di personale, all’interno della pubblica amministrazione siciliana, sulla capacità di drenare le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza?

“Per il 50%”.

E l’altro 50%?

“Dipende dalla mancanza di infrastrutturazione a tutti i livelli”.

Che significa?

“Le faccio alcuni esempi. Il primo: non possiamo attingere alle risorse destinate all’impiantistica del riciclo e del riuso senza un piano regionale dei rifiuti che indichi questa precisa direzione di marcia. In Sicilia si parla solo di termovalorizzatori, che: a) non trovano finanziamenti nel Pnrr; b) non risolvono il problema. L’assessore Baglieri ha spiegato che dalla consegna dei lavori, servono tre anni per realizzarli. Le proroghe alle discariche di Gela, Misterbianco eccetera, scadono fra meno di 30 giorni. Quindi la spazzatura rimarrà per strada”.

Come si risolve?

“Bisogna dare liquidità alle Srr affinché siano loro, all’interno dei rispettivi territori, a programmare un impianto o una filiera per completare il ciclo dei rifiuti nell’ottica del riciclo e del riuso, in modo da beneficiare delle risorse del Pnrr. Non possiamo continuare ad autocastrarci”.

Quella che lei definisce “infrastrutturazione” è l’insieme delle “condizioni di partenza” che ci permettono di attingere ai finanziamenti?

“Esatto. Le faccio un altro esempio: nel piano di ripresa e resilienza ci sono una serie di risorse straordinarie destinate alla transizione energetica ed ambientale. La Sicilia, però, non ha un piano energetico innovativo. La Regione non ha nemmeno avviato le discussioni coi poli industriali di Milazzo, Siracusa e Gela. Sulla base di quale programmazione pensiamo di ottenere queste risorse? E poi, mi perdoni, ma è necessario un ultimo esempio…”

Prego.

“Qui tiro in ballo anche il governo nazionale. Stanno uscendo le misure sugli asili nido. Se il criterio utilizzato è quello della spesa storica, è logico che la Sicilia – che non ha mai investito risorse paragonabili a quelle di altre regioni, come la Lombardia – non otterrà mai i fondi necessari a recuperare il gap. E’ un aspetto distorsivo, che non permetterà mai al Mezzogiorno di ricevere il 40% delle risorse”.

La Regione e i Comuni tremano perché non hanno abbastanza personale per fare i progetti.

“La pubblica amministrazione non è adeguata né attrezzata. Una delle questioni che bisogna affrontare subito è come rimpolpare le piante organiche dei Comuni. Inoltre, dato che la Regione non si fa mai mancare gli uffici speciali, avevamo proposto di istituire un’agenzia regionale per il lavoro, dove far confluire 100-200 tecnici che si occupassero di progettazione per il Pnrr. Un gruppo di lavoro che l’accompagnasse in tutta questa fase”.

A proposito di tecnici e personale. Nei Comuni siciliani lavorano 4.571 Asu, il cui destino è appeso a un filo. Oltre a quello con Roma per la stabilizzazione, un altro “contenzioso” è sorto all’interno della maggioranza. Come se ne esce?

“In attesa di procedere con la stabilizzazione, bisogna utilizzare le poste inserite in Bilancio per aumentare il monte orario di questi lavoratori. Pure gli enti locali soffrono il blocco delle assunzioni: ci sono già alcuni comuni medio-piccoli che, in assenza degli ex articolisti e degli Asu, non hanno più personale”.

Eppure il governo regionale applica tagli su tagli. Dal fondo enti locali, con le variazioni di Bilancio, potrebbero essere sforbiciati 10 milioni.

“Non si può, da un lato, stare al fianco dei Comuni perché si ritiene che abbiano un ruolo importante nella tenuta sociale; e dall’altro, promuovere queste azioni. Il segnale è devastante”.

Musumeci ha elogiato Armao per aver raggiunto alcuni risultati al tavolo col Ministero dell’Economia: dal risparmio di 200 milioni di contributo alla finanza pubblica, passando per 100 milioni di acconto (a partire dal 2022) in attesa che si realizzi il riconoscimento dell’insularità. Queste minori uscite che ricaduta avranno sulla prossima Finanziaria?

“Quasi zero: perché non sono risorse destinate a misure strutturali, ma utili ad aumentare gli investimenti per recuperare alcuni gap. E poi trecento milioni non bastano. Noi abbiamo bisogno di rivedere l’accordo Stato-Regione, senza andare a Roma con il cappello in mano. Bisogna ridiscutere alcuni temi riguardanti la fiscalità, e fare in modo che le imposte di produzione o la spesa sull’Iva – che in questi anni è diminuita proporzionalmente al calo dei consumi – rimangano in Sicilia”.

L’insularità è un primo passo per vederci riconosciute delle risorse aggiuntive, o no?

“A me queste meline sembrano spot elettorali. Foglie di fico dietro cui nascondere le proprie inadeguatezze. E’ mai possibile che un siciliano paghi un prezzo enorme per spostarsi, con l’aereo, col treno o con la nave, e non sia mai stato previsto un intervento strutturale sulla continuità territoriale? Costruiamo una norma seria che ci permetta di abbattere del 50 per cento i costi dei trasporti. Sarebbe l’unica risposta da dare ai siciliani e alle imprese, il vero elemento di competitività. Se l’obiettivo è strappare 200 milioni per un anno, scusate, ma siamo di fronte all’ennesimo spot”.

Col Reddito di cittadinanza siamo finiti in un vicolo cieco. Non sconfigge la povertà, ma nel contempo fa proliferare truffe e lavoro nero.

“Una cosa è il contrasto alla povertà. Un’altra è immaginare che attraverso il contrasto alla povertà potessero crearsi dei meccanismi di rimodulazione del mercato del lavoro. Questa è una follia. Noi dobbiamo dare un sostegno vero a chi è in condizioni di vero disagio. Dopo di che, occorre ridefinire il ruolo e la funzione dei Centri per l’impiego, in cui avviene l’incrocio fra domanda e offerta di lavoro. Inoltre dovremmo collegare la misura del Rdc alle risorse che noi oggi abbiamo: dal Gol (programma di garanzia di occupabilità dei lavoratori) previsto dal Pnrr, ai percorsi di formazione. Chi ha il Reddito di cittadinanza deve essere inserito in un percorso di riqualificazione professionale, e nelle attività a sostegno della collettività. E’ l’unico modo per impedire che una misura così importante diventi appannaggio di chi vuole sottrarre risorse allo Stato in maniera parassitaria. Non ce lo possiamo più permettere”.