La misura è colma. Non è bastato l’arrivo di Sbardella per imprimere la svolta invocata da Giorgia Meloni. Fratelli d’Italia in Sicilia continua ad arrancare tra scandali, flop e imbarazzi. Il filone del turismo, in particolare, sembra collezionare più disastri che risultati. Anche se i protagonisti, come l’ex assessore Manlio Messina, sembrano evaporati nella nebbia del commissariamento. In generale, è la gestione dei fondi per la cultura ad essere “incriminata”.

L’onorevole Carlo Auteri è stato accolto dalla DC di Cuffaro dopo l’autosospensione dai patrioti a seguito dello scandalo rivelato da Piazza Pulita: 700 mila euro di fondi pubblici ad associazioni gestite da familiari. Ma l’indagine su Gaetano Galvagno – accusato di aver favorito l’erogazione di fondi pubblici a due imprenditori in cambio di consulenze per i suoi collaboratori – rivela un problema più profondo: riguarda l’etica, la gestione della cosa pubblica, gli obblighi di trasparenza e i criteri di merito. Spesso sacrificati sull’altare della convenienza e del posizionamento politico.

L’elenco delle sventure di FdI è lungo e articolato. A inizio 2023 esplode il caso Absolute Blue. L’assessorato al Turismo, all’epoca guidato da Francesco Scarpinato (allievo di Messina e componente della corrente turistica), assegna 3,7 milioni di euro a una società lussemburghese per allestire “Casa Sicilia” al Festival di Cannes. Nessuna gara, affidamento diretto, spese spropositate: 311 mila euro per un servizio fotografico, quasi un milione per una sala vip. Il tutto sotto la regia di Patrick Nassogne, imprenditore e fotografo. Il presidente della Regione, Renato Schifani, apprende tutto a cose fatte, blocca il provvedimento e lo revoca in autotutela. Ma il danno è fatto: l’ennesima figuraccia, con tanto di ispezioni, fascicoli e contenziosi. Il Tar finisce per sancire l’ovvio: non si possono spendere milioni pubblici senza rispettare le regole. Ed è proprio da lì che la Guardia di Finanza comincia a scavare, fino ad arrivare – un anno dopo – al presidente dell’Ars.

Non va meglio con SeeSicily, il piano nato per rilanciare il turismo siciliano nel post-pandemia. L’idea è semplice: offrire pernottamenti gratuiti, visite guidate, escursioni. Ma i risultati sono disastrosi. Dei 75 milioni stanziati, solo l’1% viene utilizzato per i voucher alberghieri. Il grosso finisce in pubblicità, consulenze, video promozionali. La Corte dei Conti segnala gravi irregolarità. L’Autorità di audit regionale certifica oltre 10 milioni di spese non ammissibili. Bruxelles interviene e cancella una parte dei fondi, chiedendo il rientro di quanto già versato. La Regione – Messina non è più assessore da tempo – è costretta a ripianare il buco con fondi propri. E il conto per i cittadini sale. Si scopre poi che alcuni pacchetti promozionali vengono affidati direttamente, senza adeguata pubblicità o trasparenza. E che molti degli operatori selezionati sono legati, in un modo o nell’altro, a circuiti politici ben oliati.

Del resto, l’idea di turismo di Fratelli d’Italia appare sempre più incline alla redistribuzione di fondi pubblici in eventi autoreferenziali. Come dimostrano la musica sacra di Monreale, le Celebrazioni Belliniane o il Sicilia Jazz Festival, dove per l’edizione 2025 sono stati stanziati 100 mila euro solo per l’ufficio stampa. In questo schema rientra anche il Taormina Film Festival, appena concluso. La Fondazione Taormina Arte, ente di diritto privato ma controllato dall’assessorato al Turismo, ha ricevuto un contributo di 500 mila euro con un decreto firmato il 30 maggio. Una cifra importante, da liquidare dopo verifica delle attività svolte. Intanto, però, sul palco e sul tappeto rosso hanno sfilato attori, registi e amministratori. E accanto a Martin Scorsese o Michael Douglas, non poteva mancare Elvira Amata, l’assessora meloniana al Turismo, in prima fila a rivendicare una vetrina.

Il caso Auteri deflagra quando si scopre che associazioni e società riconducibili alla famiglia del deputato regionale di Fratelli d’Italia ricevono centinaia di migliaia di euro in fondi pubblici. Una di queste, la “Progetto Teatrando”, ha sede nella casa della madre e in tre anni incassa oltre 400 mila euro. Un’altra, la “ABC Produzioni”, fa capo alla moglie e riceve altri 95 mila euro. A sollevare il caso è l’onorevole La Vardera, che diffonde anche un audio in cui Auteri lo minaccia nella buvette dell’Ars. La Procura di Palermo apre un’inchiesta. Auteri si autosospende dal partito negando ogni addebito. La Corte dei Conti valuta l’eventuale danno erariale.

Di altro tenore, se vogliamo più grave, è lo scandalo dell’Asp di Trapani, che intacca la sanità nelle fondamenta già sgretolate. Oltre tremila referti istologici rimangono bloccati nei laboratori dell’Anatomia Patologica. Tra i casi più gravi, quello di un’insegnante che attende otto mesi per scoprire di avere un cancro in fase avanzata. Il ministro della Salute chiede chiarimenti. Il direttore generale dell’Azienda, il patriota Ferdinando Croce, viene sospeso per 60 giorni e poi costretto alle dimissioni. Lui si difende parlando di inerzie interne, ostacoli burocratici, carenza di personale. Non bastano neppure le lacrime di coccodrillo durante l’ultima audizione a Palermo. La Commissione Sanità dell’Ars definisce l’episodio “una ferita profonda per il sistema sanitario siciliano”. Una di quelle ferite che non si rimarginano in fretta.

Anche durante la pandemia era emerso qualche impaccio. Le intercettazioni in cui il datore di lavoro di Croce, l’ex assessore alla Salute Ruggero Razza, parlava di “spalmare i morti” per evitare picchi nei bollettini quotidiani, hanno fatto scalpore. Quelle frasi, pronunciate mentre la Sicilia era nel pieno dell’emergenza Covid, hanno sollevato uno scandalo politico e mediatico che ha travolto la giunta Musumeci. Razza si dimise, salvo poi rientrare qualche mese dopo. Fu anche indagato per falso. Oggi fa l’europarlamentare a Bruxelles.

Il colpo di grazia, però, l’ha inferto qualche giorno fa la Procura di Palermo. Il presidente dell’Assemblea regionale, Gaetano Galvagno, volto emergente di Fratelli d’Italia, è indagato per corruzione. L’accusa è pesante: avrebbe favorito due imprenditori (tra cui il patron di Sicily by Car, Tommaso Dragotto) nell’assegnazione di fondi pubblici, ricevendo in cambio incarichi per i suoi collaboratori più stretti: l’addetto stampa e la portavoce, quest’ultima proveniente da Mediaset. L’inchiesta è in corso, ma intanto il simbolo del rinnovamento meloniano in Sicilia vacilla. Galvagno è stato ascoltato dai magistrati solo di recente, ma la notifica dell’indagine risale a inizio anno. Un silenzio lungo mesi, mentre il partito continuava a esibire la bandiera dell’onestà.

Tutti questi episodi, presi singolarmente, potrebbero sembrare incidenti di percorso. Ma messi insieme raccontano una storia diversa: quella di un partito che doveva rivoluzionare la Sicilia e che invece ha replicato, con zelo, i peggiori vizi della politica locale. Clientelismo, opacità, gestione disinvolta del denaro pubblico. Il cambio della guardia non è servito a cambiare il passo. La retorica del “cambiamento” si è sgretolata sotto il peso delle inchieste, dei flop e delle bugie. E in tutto questo, l’unica vera costante è l’assenza di autocritica. Come se tutto fosse normale. Come se niente fosse successo.