Una tre giorni per Salvini

Stefano Candiani, ex sottosegretario al Ministero dell’Interno, è il segretario regionale della Lega in Sicilia

Nel coast to coast della Sicilia, in dieci giorni, il segretario regionale della Lega, Stefano Candiani, ha attraversato la Statale 115, risalendo da Siracusa fino a Marsala. Ha verificato con i propri occhi quanto sia drammatica la situazione delle infrastrutture nell’Isola (“Ma c’era bisogno che lo scoprissi io?”, ci schernisce al telefono). Fra qualche settimana, invece, farà tappa a Catania, da cui passa il destino politico e personale di Matteo Salvini, che il 3 ottobre sarà a processo per il caso Gregoretti. La Lega, ovviamente, non lo lascerà da solo. Anzi, la macchina s’è messa in moto per organizzare tre giorni di dibattito, dall’1 al 3 ottobre. Con tutte le limitazioni dovute al Covid. “Non è un appuntamento di partito – ci tiene a ribadire il senatore – ma una serie di eventi che parlano di libertà. La libertà declinata in tutte le sue dimensioni: di parola, di pensiero, di impresa. La Lega vuole rompere gli schemi di sistema che comprimono la libertà dei cittadini. Siamo nati per questo”.

Cosa rappresenta il 3 ottobre?

“Per alcuni, solo l’occasione di mettere alla gogna Matteo Salvini”.

Le vicende di questi giorni – dall’ordinanza di Musumeci alla sospensiva del Tar, passando per l’impugnativa del governo – gettano una nuova luce su Salvini Ministro dell’Interno?

“Certamente. Ed evidenziano che quella del governo è una posizione ideologica. Lo è stata contro Salvini, e lo è adesso contro Musumeci. In generale, lo è contro gli italiani. Il problema non è la ricollocazione dei migranti, ma aver rimesso in moto – da quando non c’è più Salvini – il traffico di esseri umani. I dati del Viminale non mentono: dall’1 gennaio al 28 agosto risultano 17.985 sbarchi, contro i 4.878 dell’anno scorso. Il dato eclatante è rappresentato dai 7.581 tunisini. Qualcuno lo giustifica dicendo che in Tunisia ci sono la crisi economica e il Coronavirus. Bene, vi do una notizia in anteprima: il Covid e la crisi ci sono anche in Italia”.

Musumeci ha scritto un’ordinanza che si è dimostrato non avere alcun presupposto giuridico.

“Io ho chiesto a Musumeci cosa gli avesse detto la ministra Lamorgese nel corso dell’ultima telefonata che hanno avuto. Di “avere pazienza”, è stata la sua risposta. Chi governa non può chiedere, a chi sopporta il peso delle tensioni sociali, di avere pazienza mentre sprofonda nel caos. Era necessario che Musumeci prendesse una posizione: da un lato per tutelare i siciliani, dall’altro per obbligare Roma ad assumersi le proprie responsabilità”.

La risposta di Roma è stata impugnare l’ordinanza.

“Si chiama arroganza. Nell’ultimo anno al governo hanno solo provato a smontare ciò che ha fatto Salvini. Io sono stato a Lampedusa: ho visto 1.400 migranti all’interno di un hotspot che può ospitarne 200. Un nastro bianco e rosso separava la polizia e i carabinieri da certi energumeni alti due metri. Le forze dell’ordine, sostanzialmente, sono lasciate sole. Musumeci poteva solo alzare la voce ed evidenziare la necessità di un confronto. Per evitare che chi sta al governo continui a nascondere la realtà per partito preso. Questi migranti non sono profughi di guerra, hanno un costo sociale enorme e vanno in giro come se niente fosse, rischiando di creare tensione. Mentre gli italiani sono costretti a starsene in casa o con la mascherina. Inoltre, diventano merce di scambio per gli scafisti”.

Il senatore di Italia Viva, Davide Faraone, ha presentato un esposto alla Procura di Agrigento e denunciato sia Musumeci e Salvini per procurato allarme. Far passare l’immagine di una Sicilia invasa dai migranti, non rischia di danneggiare gli operatori economici?

“L’esposto di Faraone è una cialtronata. Se non avesse tirato dentro Salvini, avrebbe avuto un decimo del risultato che ha ottenuto. Musumeci non c’entra nulla col procurato allarme. E’ creare un campo di concentramento a Vizzini, stipare 1.400 persone a Lampedusa o assistere alle fughe dai centri di Caltanissetta e Porto Empedocle che crea allarme. Questo sì”.

Lei crede che i siciliani non abbiano altre priorità rispetto alla questione migranti? Le faccio un esempio: da quattro mesi l’Ars ha approvato una manovra finanziaria, ma non si è speso un euro perché la Regione siciliana attende di conoscere il verdetto di Roma e Bruxelles sulla rimodulazione della spesa.

“Ci sono emergenze che da troppo tempo sono dichiarate tali senza essere affrontate. E’ indubbio che qualcosa non funzioni da tempo e vada registrato”.

Lei che è pragmatico, ha pensato a una ricetta?

“Bisogna finirla con la spesa improduttiva. I soldi che dovrebbero arrivare non sono generati dal lavoro, cioè dagli italiani che pagano le tasse, bensì prelevati dall’Europa o dal debito pubblico. E possono essere ripagati solo se si genera lavoro. Altrimenti l’Italia è destinata a un commissariamento prefallimentare”.

Dove sta il problema?

“Se fino a ieri le regole del gioco non ti hanno permesso di decollare, è indubbio che con le stesse regole, dopo questa grave crisi, è impossibile spiccare il volo. Bisogna rifondare le regole dell’amministrazione e della struttura pubblica”.

Non lo dica a noi. La Regione siciliana ha sul proprio groppone le spese di gestione di decine di società partecipate o vigilate che non producono utili e, nel peggiore dei casi, non riescono nemmeno a chiudere i bilanci.

“Se ieri non era tollerabile che ci fossero sprechi, oggi è due volte intollerabile, perché non ci sono più risorse e i soldi ce li devono prestare”.

Quel viaggio sulla Statale 115 per risalire la Sicilia è stata una prova di resilienza.

“Ma io mi chiedo: dov’è stato chi ha governato l’Isola negli ultimi vent’anni? O i siciliani che l’hanno rappresentata nelle istituzioni? Tutti quelli che oggi latrano alla luna, prima dov’erano? Io, da ospite, provo a sollecitare ogni giorno il cambiamento. So di dare fastidio. Ricevo sputi, insulti, derisione e talvolta ostracismo. Le ultime Amministrative ne sono un esempio. Siamo stati ostacolati in ogni dove”.

Perché?

“Nel 10% dei casi abbiamo trovato collaborazione e brava gente, negli altri casi – se ti va bene – gente che ti dice una cosa e ne fa un’altra per poter garantire se stessa; se ti va male, che risponde a sistemi incrostati. Con un solo obiettivo: gestire il potere per garantire a qualcuno elezioni future. Lo chiami ascarismo o come vuole: ma la Lega è l’esatto opposto di questa roba qua. Se vuol dire finire emarginati, ci assumiamo il rischio e corriamo da soli come a Marsala, Milazzo, Agrigento. Posti in cui non avrebbero nemmeno voluto farci presentare. Invece ci siamo, con tutti i rischi connessi”.

Chi ha provato a escludervi, agiva da solo o era teleguidato da Palermo?

“Che lo facciano a livello locale è sicuro, ma ogni tanto può fare comodo anche a chi sta sopra. C’è gente che pensa di costruire la propria rielezione, andando a raccattare voti a destra e a sinistra, spesso in maniera totalmente distonica e deforme rispetto al quadro di governo regionale. Nella mia visione – non dico romantica, ma onesta – se tu hai un accordo regionale lo devi garantire anche a livello locale. Invece è tutta una partita interna ai comitati elettorali e io, per mia natura, sono avverso al meccanismo dei comitati elettorali. Mettendo in discussione questo status quo, è ovvio che il sistema cerchi di ostruire la presenza della Lega”.

Qualche tempo fa, lei ha anche avanzato una provocazione: la riforma della legge elettorale siciliana e la cancellazione delle preferenze. Ci spiega perché?

“Quando il sottoscritto, alle Politiche, si presenta nel collegio uninominale di Varese, accanto al suo nome ci sono i simboli dei partiti che lo sostengono e che hanno condiviso un programma. Il voto espresso dagli elettori è un impegno a mantenere fede a quella coalizione, oltre che un elemento di chiarezza e onestà intellettuale nei confronti di chi ti vota. Facendo una “x” sulla scheda elettorale, inoltre, rendi impossibile riconoscere il tuo voto come, invece, può accadere con la preferenza. La gente spesso è vittima di un meccanismo clientelare, se non malavitoso, che utilizza le preferenze per controllare il voto. Invece bisognerebbe esercitarlo in modo libero. Sento spesso parlare de “i miei elettori”: è un concetto feudale, tipico dei signori delle preferenze. Che un attimo dopo essere stati eletti, pensano solo a salvaguardare se stessi”.

Cercherà ventura in un collegio siciliano alle prossime elezioni?

“Niente affatto. Sono qui come segretario-commissario per allenare una squadra che domani sia totalmente autonoma nella sua gestione politica”.

Chi ha lasciato il gruppo della Lega all’Assemblea regionale (Bulla e Caronia), ha parlato di una gestione del partito verticistica se non addirittura militaresca. Vuole sfatare questo tabù?

“E’ esattamente il contrario. Stiamo parlando di persone rimaste pochi mesi. Che abbiano un giudizio su tutto il menu avendo semplicemente letto o assaggiato l’antipasto lo trovo ridicolo. La Lega è un partito serio e ha una struttura organizzata. Non c’è quella condizione di caos funzionale a qualcuno di questi soggetti. C’è una responsabilizzazione a tutti livelli: c’è il segretario regionale, i vicesegretari, i responsabili enti locali, i segretari provinciali e di sezione. E’ chiaro che all’interno di questa struttura si definisce una linea e si fa politica. Questo non significa stare in caserma”.

Il centrodestra, di recente, ha fatto trapelare qualche malumore sulla gestione di Musumeci. Miccichè gli rimprovera di essere troppo diffidente nei suoi confronti e di procedere col rimpasto, i centristi di non coinvolgere abbastanza i partiti. Lei?

“Aver fatto tre riunioni da quando è iniziata la legislatura, fra l’altro da gennaio in avanti, è di per sé un’anomalia. Ma in una di quelle riunioni dissi che la mia preoccupazione principale era fornire risposte adeguate ai tempi. Con la crisi economica determinata dal Covid, niente sarebbe stato come prima. Per cui non basterà, alla fine dei cinque anni, presentarsi agli elettori e dire di aver onorato il programma elettorale, perché nel frattempo le priorità della gente sono state stravolte. Se c’è lentezza nell’attuazione del programma, e a questo si somma la difficoltà nel mettere a disposizione la liquidità necessaria, si rischia di andare a sbattere i denti”.

Il rimpasto è necessario oppure no?

“Quando entrammo in giunta con Samonà – eravamo nel bel mezzo di una epidemia – non potevamo permetterci di perdere un solo minuto per rincorrere equilibri politici. Ma se altri partiti della maggioranza, adesso, vogliono fare aggiustamenti per una maggiore efficienza o dare risposte politiche, non ci trovo nulla di drammatico. Non sono ammessi, tuttavia, ragionamenti che gettino l’esecutivo o l’assemblea in una fase di stallo. Si deve risolvere tutto in poche ore”.

Con Micciché ve ne siete dette di tutti i colori fino a un anno fa. Poi è successo qualcosa.

“Di Micciché non ho mai cambiato idea. Oggi ho la stessa buona considerazione di ieri. Alcuni eccessi verbali non mi hanno fatto piacere, ne è consapevole anche lui. Insieme a Micciché e Salvini abbiamo parlato dell’Italia del futuro. Una politica che si limita alla gestione del momento e non parla delle prossime generazioni si è già arenata. Al contrario, mi trovo spesso a rincorrere gli esponenti di altri partiti per gli accordicchi che tizio o caio non ha voluto attuare in qualche comune. Mai per confrontarci sulle grandi dinamiche che servono a governare la Sicilia negli anni a venire: questo è molto deludente”.

Musumeci ha le carte in regola per essere ricandidato?

“Se nella prima parte del mandato ciascuna forza politica che compone la maggioranza ha la necessità di distinguersi per avere spazio, da metà in avanti occorre lavorare sui punti di convergenza. Musumeci deve interpretare la sua funzione di cardine. La convergenza sui temi rende possibile declinare l’azione elettorale non in cinque ma in dieci anni. Se si ricandiderà avendo interpretato questo ruolo, nulla questio”.

Un suggerimento per fargli guadagnare quota.

“La Sicilia, ai bordi delle strade, è ancora invasa dalla spazzatura, e non sto parlando solo di Palermo. Ecco: faccia una campagna straordinaria per ripulire l’Isola e un piano per la gestione dei rifiuti che superi le attuali aporie e incoerenze. Dia delle risposte serie. Su queste cose non abbiamo difficoltà a convergere, ma se non ci si confronta…”.

Paolo Mandarà :Giovane siciliano di ampie speranze

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