Marcella Cannariato potrebbe dimettersi dal Consiglio d’indirizzo del Teatro Massimo. Almeno così vorrebbe Renato Schifani, che l’ha nominata e adesso pretenderebbe il passo indietro. A causa dell’ultimo evento litigioso con il marito Tommaso Dragotto sul concerto palermitano (di beneficenza) di Gigi D’Alessio; ma soprattutto per la presenza della Fondazione nell’inchiesta per corruzione a carico di Gaetano Galvagno, il presidente dell’Ars. Secondo l’accusa, la Cannariato – anche lei indagata – avrebbe procurato delle ‘utilità’ al massimo inquilino di Palazzo dei Normanni, ottenendo in cambio un contributo da 100 mila euro per il Natale solidale a Catania e Palermo. I magistrati faranno il loro lavoro, ma il robusto legame tra la politica e i Dragotto’s appare seriamente compromesso.

Eppure, attendere le dimissioni di Cannariato può rappresentare, in questa fase, un vano esercizio di stile. Perché in Sicilia non si dimette nessuno. Neanche a fronte di “giochini” corruttivi, o presunti tali, rivelati dalle Procure o dagli organi di stampa. Tant’è che il cerchio magico di Galvagno è ancora lì, in attesa di un giudizio che richiede tempo e approfondimenti. Il presidente è tornato in aula martedì, dopo aver superato il magone imposto da “una sorta di doverosa e silenziosa attesa difficile da descrivere”. Mentre nei corridoi si aggirava la sua portavoce, Sabrina De Capitani: una zarina capace di intessere relazioni a tutti i livelli, di gestire – nelle vesti di “supplente” – la fondazione Federico II dopo l’addio di Patrizia Monterosso (sancito con una Pec). Ma muta di fronte ai cronisti che chiedono spiegazioni. Nella descrizione di queste ore, la De Capitani – che ha blindato il profilo Instagram per evitare l’assalto dei curiosi – è una tuttofare di rango. Proviene dal mondo Fininvest, ha conoscenze in ambito culturale, e sa come sfruttarle.

Ma non tutti sanno che il suo nome compare già nel 2021, nell’ambito del procedimento penale avviato dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo sul caso Cannes. Sabrina De Capitani è stato il primo punto di contatto fra la Regione siciliana e la Absolute Blue, cioè la società lussemburghese che ha curato, “in esclusiva”, lo shooting “Sicily, Women and Cinema” al Festival del Cinema. L’attuale portavoce di Gaetano Galvagno, che all’epoca curava le pubbliche relazioni per conto dell’assessore al Turismo pro-tempore, Manlio Messina, inoltrò a un componente dell’Ufficio di gabinetto dello stesso assessore una “lettre de recommandation”, a firma del Direttore del Partenariato del Festival medesimo, tale Samuel Faure, in cui si raccomandano le prestazioni di Absolute che è già stata “l’interfaccia privilegiata” fra Mastercard, main sponsor dell’evento, e “la nostra organizzazione”. Il documento sottolineava che “professionalità, rigore ed efficienza di Absolute Blue sono qualità che contribuiscono al successo” dei “marchi che accompagna”.

Dopo aver fatto gli onori di casa, la De Capitani – per la quale neppure il Consiglio di presidenza dell’Ars ha chiesto l’allontanamento – continua a dare il suo contributo alla rassegna, riuscendo, nell’edizione successiva (2022), in qualità di key account, a fatturare da sola “un totale di 45 mila euro”. La sua presenza a palazzo dovrebbe essere ingombrante, dovrebbe indurre qualcuno delle opposizioni – magari lo sbirresco La Vardera o il rigoroso De Luca – a invocarne, per il principio di cautela, un passo indietro. E invece niente. La zarina continua a fare il proprio mestiere, come se le inchieste dei magistrati fossero soltanto un rumoroso sottofondo.

Un altro di quelli che non si sono mai arresi è Nicola Tarantino, il dirigente della Sicilia Film Commission, che Manlio Messina aveva piazzato anche sul trono dell’Orchestra Sinfonica, in qualità di commissario. Una gestione di un paio d’anni, fortemente criticata da orchestrali e sindacati, per la quale lo stesso Tarantino arrivò sul punto di salutare. Il Balilla lo convinse a non demordere. Da dirigente del Servizio 9 dell’assessorato al Turismo, invece, Tarantino è fra i protagonisti delle tre edizioni di Cannes (l’ultima sfumata a causa dell’intervento a gamba tesa di Schifani). Anche in qualità di RUP, cioè di Responsabile Unico del Procedimento.

Secondo la Guardia di Finanza, era lui l’incaricato di “attivare le procedure amministrative finalizzate alla realizzazione del progetto in questione”, cioè gli eventi di comunicazione e promozione correlati al format “Woman and Cinema”, che nel 2023 avrebbe sfiorato il costo di 4 milioni. Ed è lo stesso Tarantino, dopo aver avviato la negoziazione, a “prospettare” con una nota “l’aggiudicazione della commessa ad Absolute”. L’affidamento stava per andare in porto – senza gara, senza una garanzia fidejussoria o un certificato antimafia – fino all’intervento di Schifani, poi confermato dal Tar. E Tarantino è sempre rimasto nei posti di comando, senza che qualcuno gli abbia chiesto conto e ragione del proprio operato.

Anche l’assessore al Turismo Elvira Amata sa bene che l’indagine su Galvagno è soltanto un filone dell’inchiesta più ampia che riguarda lo “spendi e spandi” della corrente turistica di Fratelli d’Italia. Eppure si guarda bene dal dare una sterzata a uomini e donne che compongono il suo assessorato. Tra cui Lucia Di Fatta, attuale capo di gabinetto dell’assessore, che nel 2023 era rientrata in punta di piedi nelle vesti di consulente gratuito. Nell’ottobre 2022, da Dirigente generale del Dipartimento Turismo, scrive assieme a Tarantino una mail in cui si elogiano i risultati di Absolute Blue nell’edizione di Cannes appena terminata: “… risulta evidente che il successo della manifestazione 2022 sia da ricondurre all’efficacia comunicativa della citata mostra fotografica”. Con quella nota si chiede a Nassogne, patron della società, “l’eventuale sussistenza anche per il 2023 dei medesimi profili di esclusività nella titolarità del format, nonché dell’organizzazione”.

I maggiori interpreti del sistema sono ancora al vertice, nonostante i tentativi di ricambio – a parole – auspicati da Schifani. Si annidano nella pubblica amministrazione e spesso, lontani dai riflettori, permettono a clientes e pagnottisti di proliferare. Dovrebbero tutelare l’onorabilità della politica, ma finiscono per avallare le scempiaggini di cui la Sicilia farebbe volentieri a meno. La Cannariato, a differenza del “cerchio magico” di Galvagno, almeno arriva da fuori. E’ parte del sistema, ma estranea ai partiti. Gioca con una squadra, e subito dopo con quella rivale. Per questo, paradossalmente, potrebbe essere l’unica a pagare. O forse no.