La cultura siciliana ha un nuovo palcoscenico, un nuovo respiro, una nuova finestra sul mondo. Si è aperta in queste ore nella chiesa di San Mamiliano di via Valverde, a Palermo, una mostra che non è la solita mostra. Per almeno tre motivi. Primo: le opere sono esposte in una chiesa che è un monumento – fa parte del complesso di santa Cita – ma non è sconsacrata. Ha la sua storia, la sua anima sacra e la sua cifra artistica ma è ancora impregnata di quella spiritualità che la cultura, proprio di questi tempi, è tornata a respirare con sempre maggiore insistenza e convinzione. Si pensi a Manifesta, la grande rassegna d’arte contemporanea, che si terrà l’anno prossimo nella Ruhr, in Germania, e che ruoterà quasi per intero sull’architettura delle chiese per cogliere il respiro mistico di quei luoghi. Oppure si pensi alla Biennale di Venezia, altro pilastro della cultura universale, che ha aperto le porte addirittura a “l’inaudito” con il Commento al Vangelo di Giovanni del teologo medioevale Meister Eckhart.
Secondo motivo: la mostra raccoglie opere di artisti provenienti da tutto il mondo e con il titolo significativo di “Spazio umano” è riuscita a far convergere su Palermo sensibilità, tormenti, aneliti e speranze che tagliano i cinque continenti; comprese le terre di mezzo, quelle dimenticate. Terza ragione: il grande palcoscenico di San Mamiliano è stato pensato, voluto e curato in ogni dettaglio da Patrizia Monterosso che non solo rappresenta una istituzione per la cultura siciliana ma, con le sue mostre e le sue iniziative, ha anche segnato un’epoca felice. La grande ambizione di “Spazio umano” vuole essere soprattutto quella – sostiene – di “generare uno speciale luogo di prossimità concettuale a difesa della dimensione umana, per sollecitare riflessioni sociali e per comunicare l’urgenza di opporre resistenza all’anestesia che le storture della nostra società generano nella percezione della nostra identità, del sé, degli altri, del mondo”.
L’esposizione presenta le opere di dodici artisti di varie culture, generazioni, origini geografiche: Adalberto Abbate, Francesco Balsamo, Tony Cragg, Francesco De Grandi, Aziz Hazara, Francesco Lauretta, Urs Lüthi, Rabih Mroué, Dala Nasser, Mimmo Paladino, Hans Schabus, Alberto Scodro. Artisti caratterizzati – si legge nella nota diffusa alla stampa – “da differenti espressività e tecniche artistiche che convergono nel recupero culturale, civico e spirituale di un impegno che si esprime contro il post-umano, per opporsi all’omologazione culturale, nell’auspicio di ricreare un “un nuovo tempo umanizzato”, senza il quale la società “è destinata a frantumarsi tra conflitti e indifferenza”. La mostra, da un’idea di Gianluca Collica e Patrizia Monterosso si avvale del board curatoriale diffuso che seguirà la progettazione e produzione artistico-culturale di Fondazione RIV del quale fanno parte, oltre a Collica e Monterosso, Cesare Biasini Selvaggi, Emmanuel Lambion e Alberto Salvadori.
La Fondazione RIV contribuirà – è stato puntualizzato a margine della conferenza stampa – a realizzare una rete sinergica di fondazioni e realtà culturali e sociali impegnate, in particolare in Sicilia, nel settore dell’arte contemporanea, dell’arte sacra e dell’arte sociale, e che muovono dalla consapevolezza “che le attività di proposta culturale sono generative anche di coesione sociale e crescita individuale”. La prima concretizzazione di questo progetto di coalizione culturale riguarda la collaborazione per la mostra Spazio Umano con la Fondazione Brodbeck (Catania), la Fondazione OELLE Mediterraneo Antico (Catania), Pulcherrima Res (Palermo).