E’ l’uomo di Cannes e SeeSicily. Da assessore regionale al Turismo ha bruciato qualcosa come cinquanta milioni di euro. Motivo per cui è al centro di due pesantissime inchieste: una della procura di Palermo e l’altra della Corte dei Conti. Ma Manlio Messina, bene assistito da un’intervista di Repubblica, mantiene ancora intatta la sua spocchia: “Io indagato? Non credo”. Una sfida aperta alla magistratura e pure ai vertici di Fratelli d’Italia che lo hanno defenestrato da vice capogruppo alla Camera e, con la nomina di un commissario per la Sicilia, tentano di stringere in un angolo lui e la sua famigerata corrente turistica, meglio conosciuta come una confraternita sotterranea di scandali e sprechi. Ma a quanto pare il commissario Luca Sbardella non avrebbe toccato palla e avrebbe lasciato tutti gli uomini di Messina al loro posto. “Bisognerebbe spedire laggiù il prefetto Mori”, si sarebbe lasciata sfuggire la premier Giorgia Meloni con un accenno all’uomo forte che nella prima metà del secolo scorso sradicò il banditismo di Sicilia.
Comunque, per l’allegra compagnia degli scandali, la parola d’ordine è una sola: mostrare indifferenza. Elvira Amata, la patriota che è succeduta a Messina al vertice dell’assessorato al Turismo, piritolleggia quasi ogni giorno tra un tappeto rosso e un concerto. Senza imbarazzo. E così fa finta che l’inchiesta per corruzione, aperta dalla procura di Palermo su Galvagno and Friends, non la riguarda. Invece il dossier racconta fatti, favori e atteggiamenti che non possono essere trascurati. Se rimane al suo posto, dove si muove con gli stessi metodi e gli stessi uomini del suo predecessore, deve dire grazie a Renato Schifani. Il quale ha avuto una vampata di moralismo quando ha invitato Marcella Cannariato, indagata per corruzione, a lasciare il Consiglio d’indirizzo del Teatro Massimo, ma ha già perdonato la sua assessora, indagata per lo stesso reato. Del resto, si sa: il governatore di Sicilia, è abilissimo, oltre che velocissimo, nel tagliare le teste che non gli vanno a genio, anche quelle che non hanno alcuna colpa; ma davanti a Fratelli d’Italia diventa improvvisamente tenero, mansueto e accondiscendente come un agnellino. Difatti, la sua manina vellutata non sfiora nemmeno i due superburocrati che hanno fatto da spalla al balilla Messina per tutto il tempo del suo incarico al vertice di via Notarbartolo: Nicola Tarantino e Lucia Di Fatta, rimasti tenacemente ai loro posti di combattimento – uno alla Film Commission e l’altra al fianco dell’Amata – nonostante i loro nomi e le loro coperture vengano ripetutamente annotate dalla Guardia di Finanza a proposito della madre di tutti gli scandali: di quei quattro milioni, cioè, versati da Messina a un avventuriero lussemburghese per una mostra fotografica presentata a margine del festival di Cannes.
Ma i due pesi e le due misure, ormai, non scandalizzano più nessuno. In questa Regione sono la prassi. Prendete Galvagno: la sua ape regina, Sabrina De Capitani, ha tagliato la corda perché sopraffatta dalle evidenze: i bonifici ricevuti per i favori fatti da Palazzo dei Normanni ai suoi parrocchiani sono lì, incancellabili e acquisiti agli atti. Ma un bonifico di ottomila euro, “frutto di un’azione corruttiva”, come si legge nel dossier della procura, lo ha ricevuto anche l’addetto stampa del presidente, Salvatore Pintaudi da Capo d’Orlando. Un pagnottista sul quale però nessuno proferisce parola. Finché la barca va, lasciala andare.