Da rapida e libera dea della frivolezza qual è Chiara Ferragni non si lascia irretire dall’impostura del pandemicamente corretto. Per dirla con Gianluca Veneziani non fa mai la povera con la povertà degli altri. Tanto è vero che la fashion blogger di Cremona non figura su Le Monde nell’appello di Juliette Binoche e dell’astrofisico Aurelién Barrau contro il ritorno alla normalità dopo la fine del lockdown.

A dispetto di Paolo Sorrentino, di Monica Bellucci o di Madonna – tra gli altri, c’è perfino Cate Blanchett – giustamente lei non firma. Come tutti quelli Ferragni ha sì un solido patrimonio, come tutti loro lei è una celebrità internazionale – ha quasi venti milioni di follower su Instagram – ma col consumismo, in difformità con la moraloide degli appellisti, lei fa le cose.

Ed ecco la sua raccolta milionaria: fondi per la costruzione di un reparto di terapia intensiva per far fronte alla tragedia del Covid-19. Ed ecco – insieme ai volontari – che va a fare la raccolta di frutta e verdura all’Ortomercato di Milano per distribuire sacchetti della spesa agli indigenti. E poi, certo, ecco che con altri soldi – sono sempre i suoi – la bella e solare Chiara fa la festa a se stessa.

Ha appena compiuto trentatré anni, li ha festeggiati in casa propria con il marito Fedez e quella birba di Leone, il loro bambino di due anni, ma a differenze dei suddetti – tutti col culo nel burro – lei non se ne vergogna, non va a sgattaiolare nella tana del moralismo. Sazia di tutti gli agi sociali, insomma, Ferragni non predica la decrescita a chi per mangiare deve uscire di casa per procurarsi il pane.

Non sproloquia in tema di riscaldamento globale, revisione di obiettivi, valori e risparmi per impedire alla gente di godersela dopo una lunga quarantena. Anzi, tutto il contrario: elargisce il proprio album squillante di carinerie e sorrisi.

Il suo quadro familiare è un ininterrotto apologo dell’armonia, una sorta di Mulino Bianco e però questa volta autentico perché perfino il marito, il comunista Fedez, pur con tutti i suoi cupi tatuaggi, grazie al Rolex da cui non si stacca mai, in tutta quell’ovatta di occhi azzurri – così profondamente azzurri (quelli di lei e quelli di Leone, la birba) – è un batuffolo di beatitudine.

Non sia mai torni il consumismo, strillano gli appellanti del poveraccismo altrui su Le Monde e invece, lei, in quest’apnea di mascherine, gel igienizzanti e respiratori – consapevole di vivere in uno stato di fiammeggiante grazia – tiene il punto della propria natura pubblica: “Felice e serena come non mai, circondata dall’amore, dalla mia famiglia, dai miei amici, e da voi ragazzi, la mia incredibile comunità online che non mi fa mai sentire sola”.

Nei giorni dello psicotico #restateacasa, Ferragni porge ai suoi follower la fiaccola dell’insolente sprezzatura – tutta di libertà mentale – del futile: l’aperitivo in terrazza col Galbanetto, i petali disseminati sul parquet del terrazzo e la fascia da starlette ricavata da un rotolo di carta igienica. Eccola, lei: miss Bathroom!

Nella verità del pop, c’è il suo contrassegno: il canto della sirena consumistica contro la cera del pandemicamente corretto. Nel tempo compiuto delle ricrescite, delle ciabatte a metro di misura dell’esistenza lei è quella che fa del consumo un uso da favola. La fiaba sua, infatti, ha sempre più filo da svolgere. Non sia mai che finisca il consumismo lei, comunque, sa come fare. Fa la ricca con tutto ciò che le capita nella vita.