Avrebbe avuto le carte in regola per dare l’assalto alla Regione, e anche le regole d’ingaggio – grazie alle primarie – erano state fissate; ma il centrosinistra ha complicato tutto. Colpa, più che altro, delle piroette romane, dove la decisione dei Cinque Stelle si non votare la fiducia al governo Draghi, costringendo l’ex governatore della Bce a dimettersi, ha scatenato la reazione d’orgoglio del Pd di Enrico Letta e la fine di un’alleanza che ha manifestato i suoi rigurgiti fino a Palermo. Dove, tuttavia, l’esperienza del ‘campo largo’ rimane attuale. Anche se, ad onor del vero, minata da un clima di sfiducia che non porterà lontano.

Ha portato, finora, solo a un paio d’incontri fra i partiti della coalizione e Caterina Chinnici, la candidata taciturna che sta provando a tenere insieme i pezzi del puzzle. Due incontri per stabilire i punti di massima del programma e tentare di sovrapporre l’agenda della sinistra e quella del Movimento 5 Stelle. “Sulla base dei contributi forniti dai partiti per la stesura del programma, ho predisposto una prima sintesi che è stata discussa e consegnata e sulla quale i partiti faranno nelle prossime ore le ulteriori valutazioni”, ha detto la Chinnici a margine della riunione di ieri a Caltanissetta. C’è l’intesa su alcuni temi come la contrarietà agli inceneritori e l’apertura a nuove forme di gestione dei rifiuti vicine all’economia circolare. Si è parlato anche di sanità e della riforma dei consorzi di bonifica. Tra le proposte emerse, poi, quella di rinnovare e snellire le struttura degli assessorati e, su iniziativa di della Chinnici, quella di costituirne uno specifico a favore dei giovani.

Ma non si è ancora iniziato a discutere delle modalità di formazione dell’eventuale giunta, dove il Movimento 5 Stelle vuole recitare un ruolo forte e non essere fagocitato dal Pd. L’accordo, insomma, rimane balneare e resta da chiarire anche il ruolo (oltre che i componenti) della Lista Chinnici, di cui si starebbe occupando Mirello Crisafulli. Nel Pd, però, i problemi sono tanti e gravi. A partire dalla candidatura all’Ars di Peppino Lupo, deputato regionale uscente, che un’impuntatura della Chinnici sulla questione morale (unico elemento su cui l’europarlamentare si starebbe esponendo) ha messo in discussione: il suo obiettivo è evitare candidati che abbiano processi in corso. Come nel caso di Lupo, indagato per corruzione. Lo statuto, però, non ravvisa motivi ostativi alla sua discesa in campo, e, d’altronde, fu il partito a chiedergli di sacrificarsi due mesi fa, mettendosi in lista per il Consiglio comunale a Palermo. Allora il processo non contava? Nella stessa situazione di Lupo, che ha consegnato il proprio destino alla commissione di garanzia, ci sono altri potenziali candidati: il segretario provinciale del Pd catanese Angelo Villari, l’ex assessore regionale alle Infrastrutture Luigi Bosco e il sindaco di Melilli Giuseppe Carta. Per i primi due c’è la bollinatura verde della direzione provinciale del partito etneo.

Sulla questione dei presunti incandidabili si pronuncia anche Claudio Fava: “Non entro, per dovuto rispetto, nel merito della lista del Partito Democratico, ma mi sembra sproporzionato e irrituale il veto posto da Caterina Chinnici alle candidature di Lupo, Bosco e Villari. Se per essere messi fuori da una campagna elettorale basta un procedimento penale in corso per reati minori, il rischio di una deriva frettolosamente giustizialista diventa reale ed umiliante per tutti”.

Le altre questioni che lacerano la sinistra sono sotto gli occhi di tutti. A partire dalla compilazione delle liste per Camera e Senato, che hanno portato alla rinuncia di un big come Antonello Cracolici (che adesso sta ripensando all’opportunità di tornare all’Ars). L’arrivo dei paracadutati – la ligure Annamaria Furlan e il siciliano (solo d’origine) Antonio Niceta – nei collegi proporzionali del Senato, da capilista, hanno spiazzato i dirigenti locali e lo stesso Cracolici: “Considero un grave errore politico, aver indicato nelle posizioni eleggibili nei due collegi siciliani, due persone che non hanno un radicamento in Sicilia. Il Senato, anche per legge, è espressione delle regioni italiane” ha rimarcato l’ex assessore all’Agricoltura. Invece “il Pd ha deciso di non dare voce alla Sicilia nel Senato della Repubblica. Neanche Renzi, che ha fatto una carneficina con le liste fatte per la Sicilia cinque anni fa, aveva scelto parlamentari non siciliani per rappresentare la Sicilia al Senato”.

Anche se, dentro il partito, cova il sospetto che il segretario Barbagallo, componente di Areadem (la corrente legata a Dario Franceschini) non abbia fatto nulla per far valere le ragioni della Sicilia e, al contrario, abbia consapevolmente silenziato i suoi “avversari interni”. Anche gli orfiniani, infatti, sono sul piede di guerra. Prima hanno dovuto incassare l’esclusione dell’ex segretario Fausto Raciti, poi quella di Antonio Rubino, dopo la proposta (ritirata) di candidarsi in un collegio uninominale. “Chiedo a Enrico Letta di intervenire urgentemente a tutela della dignità e del rispetto della storia politica di tanti di noi – ha dichiarato Rubino a Repubblica – Dobbiamo fare la campagna elettorale e non vogliamo perdere più tempo a occuparci delle provocazioni del segretario regionale”.

In queste ore nel Pd è in atto una guerra senza quartiere. Un tutti contro tutti che ha pochissimi beneficiari tra cui il vicesegretario nazionale, almeno lui di Milena (Caltanissetta), Peppe Provenzano, che ha ottenuto due nomination per i collegi proporzionali della Sicilia occidentale. Lo stesso Barbagallo sarà capolista per la Camera nella Sicilia orientale. Ma in pochi hanno apprezzato la ricomparsa, ad esempio, dell’ex assessore di Enzo Bianco, Valentina Scialfa, all’uninominale “3” e come capolista nel plurinominale di Catania. Nei mesi scorsi era a un passo dal transito in Forza Italia.

E poi c’è il problema di sempre: cioè Caterina Chinnici. Una signora dai modi garbati, un magistrato assolutamente in gamba, un’eurodeputata apprezzata. Che però non ha alcuna intenzione di scendere in campo per la campagna elettorale: questa sua riluttanza al dibattito, anche per evidenziare le pecche del governo Musumeci, o le divisioni che hanno attanagliato il centrodestra, non le ha acconsentito di acquisire popolarità nell’opinione pubblica (che evidentemente non la conosce) né le simpatie di molta sinistra, a partire da quella rappresentata da Claudio Fava, reduce da cinque anni d’opposizione dura e a tratti intransigente. Questa mollezza di fondo ha portato alcuni alleati a credere che il cuore della Chinnici batta ancora per Raffaele Lombardo, che nel 2009 l’aveva nominata assessore alla Funzione pubblica: durante la campagna per le primarie, con molta sorpresa da parte dello stesso Fava, Chinnici aveva ipotizzato un campo talmente largo da includere gli autonomisti. Poi le hanno detto che aveva governato con Musumeci, e ha dovuto desistere.

Ma in questo purpurrì insapore che è il campo progressista, tutto è ancora possibile. Persino che, di fronte a un centrodestra frastornato dall’operazione Schifani, e depotenziato da alcune variabili interne che continuano a guardare con nostalgia a Musumeci, la Chinnici possa concedersi il lusso di trionfare. Certo: dire una parolina ogni tanto sulle incomprensioni dell’altra metà campo, senza per forza salire sul ring, aiuterebbe i siciliani a conoscerla e, quindi, a sceglierla. Ma su questo l’europarlamentare non desiste: “Forse si vorrebbe che io facessi annunci da titolo, che commentassi qualunque cosa, che parlassi contro, che lanciassi attacchi verso l’altro campo, che partecipassi alle polemiche da campanile. Questo non è accaduto e non accadrà – ha rilevato la Chinnici a Repubblica -. È una mia scelta. È il mio tratto, composto e pacato. Filosoficamente diverso. Istituzionale”. Ma raccogliere il frutto di 5 anni d’opposizione dei suoi “compagni” all’Ars, denunciare gli scandali di chi l’ha preceduta (vedi alla voce Ente minerario), o il malgoverno di chi ha gestito in maniera spregiudicata i fondi pubblici per attirare consenso elettorale, sarebbe così deprecabile? O, forse, garantirebbe quel gap rispetto alla politica nuova della Chinnici fin qui rimasta solo sulla carta?