Scendere in Politica.

L’idea è quella che – da un luogo elevato della propria dimensione sociale e professionale – si sprofondi in una specie di anfratto maleodorante (anzi, puzzolente…) del vivere collettivo per cercare di dare un senso compiuto a ciò che la coscienza impone.

Potrebbe apparire brutale, ma la sintesi delle cose è in questo: “Scendo in Politica” perché, facendo il magistrato, ho compreso che non conto un cazzo e che ciò che cerco di fare non potrà mai avere un suo esito compiuto. Stando così le cose, accetto di bere l’amaro calice sperando che disseti la mia arsura di giustizia insieme a quella di tutta la collettività.

L’idea ha una sua specificazione concettuale: “Poiché non sono riuscito ad affermare una Verità attraverso i processi e le sentenze, mi candido al voto dei cittadini per potere andare in Parlamento ed in quel luogo gridare al Paese ciò che mai avrei potuto urlare in un’aula di Giustizia…”

All’apparenza potrebbe considerarsi un impulso – tanto sano quanto ragionevole – nato nella mente di soggetti guidati dalla buona fede e da valori che trascendono l’utile individuale. Insomma, “buttarsela in politica” per fare giustizia di ciò che la Giustizia, con le sue inani e assurde ritualità, mai riuscirà a fare.

Però (c’è sempre questa avversativa in tutte le cose italiane…) qualcosa dovrebbe fare riflettere questi ex eroi della resistenza giudiziaria sulla bontà e l’utilità del “supremo gesto”. Intanto, occorrerebbe spiegare a questi epigoni giudiziari che il nostro Paese ha da tempo smarrito la vera essenza della Democrazia essendo diventato una oligocrazia cleptocratica.

Molti di voi si chiederanno cosa esattamente io intenda dire con queste due parole tra loro unite.

Semplice.

Provate a candidarvi per essere eletti in Parlamento e capirete. Solo se fai parte di una consolidata compagine di potere puoi pensare di avere ingresso in una lista e aspirare ad ottenere – grazie alle tue idee – il voto degli elettori. La libertà di pensiero del singolo è un’aspirazione pari a quella che può avere un vegetariano davanti all’appetito di un coccodrillo. Pensare che il coccodrillo non ti mangi perché sei vegetariano è una cazzata che ha effetti esiziali.

In realtà, in quel “sistema” ed in quel consesso, le idee non contano poiché conta solo la forza dell’oligarca o del gruppo oligarchico che dirige il partito. Chiamiamola la forza del coccodrillo (che agisce secondo leggi di natura e fottendosene del “fair play” correlato alla Democrazia). Punto.

E andiamo al secondo aspetto, ovvero la bulimia onnivora delle compagini politiche che solo la cleptocrazia (ovvero l’uso scientifico del Potere per fare soldi…) riesce a sfamare. Qui tocchiamo un aspetto che esplose crudemente al tempo di “Mani Pulite” (con tutti i suoi dubbi…) e che mise in evidenza la Verità posta sotto gli occhi di tutti. Senza denaro non si può fare politica e, quindi, la ricerca – a tutti i costi – del denaro diventa strumento di sopravvivenza politica.

Solo un regime cleptocratico può pensare di sopravvivere a se stesso. Punto.

In questo sistema le “anime buone” della magistratura (prestate alla politica) si troveranno allocate. Hai voglia di gridare: “Giustizia!”. Le loro grida arriveranno – dritte dritte – alle fauci del coccodrillo…