E’ finito in manette, con l’accusa di corruzione, un alto burocrate regionale: si tratta di Giacomo Causarano, funzionario dell’assessorato all’Energia, che avrebbe favorito gli interessi di Paolo Arata, ex consulente all’Energia di Salvini, e Vito Nicastri, il suo socio in affari, meglio noto come “re del vento” (vicino alle cosche) Tra i provvedimenti notificati questa mattina dalla Dia di Trapani ce n’è uno indirizzato a un imprenditore milanese: si chiama Antonello Barbieri e deve difendersi dall’accusa di intestazione fittizia, autoriciclaggio e corruzione, le stesse che tengono in carcere Paolo Arata e Vito Nicastri. Sempre nell’ambito dell’apparato regionale era finito ai domiciliari, qualche settimana fa, Alberto Tinnirello, ex dirigente dell’assessorato all’Energia, prezzolato dalla coppia Arata-Nicastri per portare avanti i loro progetti e fare i loro interessi a scapito della concorrenza. Va letta in questa chiave la missiva indirizzata nei confronti della “Sun Power Sicilia” di Barbieri, che avrebbe dovuto realizzare i lavori del fotovoltaico di Melilli e Carlentini, in cui Causarano chiede di produrre al più presto “gli atti attestanti la disponibilità dei terreni”. Era la condizione posta per ottenere il via libera ai lavori, ma soprattutto un modo per riavvicinare Barbieri a Nicastri. Barbieri non era stato con le mani in mano dopo la lettera-ricatto di Causarano. Scrive il gip Nicastro: “Secondo la ricostruzione degli indagati sarebbero stati immediatamente informati gli sponsor politici di Barbieri, che si sarebbero rivolti all’entourage del presidente della Regione Musumeci, che a sua volta avrebbe attivato i vertici dell’assessorato all’Energia, perché chiedessero spiegazioni a Tinnirello”.

NICASTRI COMINCIA A PARLARE

Il re dell’Eolico Vito Nicastri, secondo quanto emerge dal primo verbale dell’interrogatorio avvenuto il 13 giugno, ha cominiciato a collaborare con gli inquirenti: “Ogni volta che necessitavo di parlare con Tinnirello Alberto, responsabile dell’ufficio III dell’Assessorato e colui il quale avrebbe dovuto firmare l’autorizzazione, mi rivolgevo al funzionario responsabile del procedimento, Causarano Giacomo”, mette a verbale Nicastri.

L’imprenditore trapanese, che avrebbe finanziato la latitanza del super boss Messina Denaro, incontrava Causarano nelle sue aziende oppure in un distributore di benzina a Partinico, mai in assessorato: “Ho consegnato a Causarano personalmente nei miei uffici 100 mila euro in tranches da 10/12 mila euro, denaro che secondo quanto riferitomi da Causarano avrebbe dovuto consegnare a Tinnirello. Il denaro era a me fornito da Isca Francesco, in banconote da 50 e 100 euro. Ricordo che Isca portò in alcune occasioni banconote da 500 euro ma Causarano ci disse che non erano gradite da Tinnirello e dunque fu ridotta la pezzatura”. Isca è un imprenditore indagato per mafia. I centomila euro erano solo la prima parte di una maxi tangente da 500 mila euro utili a ottenere l’autorizzazione per l’apertura degli impianti per la produzione di energia: “Avevamo riscontro tangibile della piena disponibilità del Tinnirello e della funzione sollecitatrice che aveva il versamento di denaro – racconta Nicastri – per la terza e ultima istanza gli uffici si mossero addirittura in un giorno”. Per gli inquirenti Nicastri è attendibile.