L’elemento più grave della “crisi della monnezza” è che non si intravede alcuna via d’uscita. La Sicilia resta vittima e carnefice del proprio destino. Impantanata nella questione rifiuti, che è anche una “questione morale”. Il termometro di una difficoltà atavica: da un lato imparare a smaltire opportunamente – mancano gli strumenti culturali per farlo e non è un gap che si ricuce in poco tempo; dall’altro, allestire delle contromisure per fronteggiare l’emergenza e, in futuro, per disinnescarla. Prendete Palermo: ai rifiuti abbandonati sul ciglio delle strade (pratica sleale che affonda le sue radici nella storia), si è aggiunta recentemente la crisi di Rap, l’azienda municipalizzata che gestisce la raccolta e il conferimento dei rifiuti senza uno straccio di piano industriale. La quale ha costretto il Consiglio comunale ad approvare una delibera in cui a rimanere vittime dei buchi di bilancio della partecipata, a cui ha contribuito – perché no – anche l’evasione di tanti, troppi, sono 70mila cittadini di Palermo che avrebbero dichiarato meno metri quadrati di quelli reali. E adesso si vedranno recapitare bollette più esose. Tornano in mente le parole di Fabrizio Ferrandelli, consigliere d’opposizione a Palazzo delle Aquile: “I palermitani pagano una delle Tari più alte d’Italia per il servizio peggiore del mondo”.

Va da sé che le “sanzioni pecuniarie”, a fronte di un servizio scadente, non sono un incentivo a migliorare la raccolta. Di casi Palermo, in Sicilia, se ne troverebbero a bizzeffe. Dove la differenziata non funziona affatto – le tre città metropolitane, con percentuali che si aggirano sul 10%, sono un esempio di raccolta medievale -, dove i rincari sono all’ordine del giorno, dove le discariche (Bellolampo è una questione aperta) sono sature e dove tutto rischia di sprofondare in seguito a una gestione arcaica della classe dirigente e amministrativa, che vede in campo mille diverse società – dagli Ato alle Srr, passando per le nuove Ada – che radunano personale, (spesso) non pagano gli stipendi e non riescono a regolamentare il fenomeno.

Alla fine di questo viaggio – che nelle cronache degli ultimi giorni è stato riscoperto per ciò che rappresenta davvero: un inferno – resta l’amara consapevolezza che alle parole (spesso sgangherate, come dimostrerà la relazione del ministro Costa) non seguono i fatti. E che ai rimpalli di responsabilità, cui la Sicilia è tristemente abituata, non c’è rimedio. A onor del vero, il governo Musumeci un tentativo l’ha fatto. Nello scorso dicembre, infatti, ha approvato un nuovo piano di gestione dei rifiuti, uno strumento ordinario che recepisce tutti gli aspetti previsti dalla normativa e gli elementi di novità contenuti nelle quattro direttive dell’Unione europea sull’economia circolare – prevenzione, riuso, recupero di materia e di energia, smaltimento – in anticipo sulla scadenza prevista per l’adeguamento, fissata al 4 luglio 2019. La Regione si era data un gran da fare per essere celere. Ma è servito a poco. Un paio di giorni fa, da Roma, è arrivata una bocciatura memorabile.

Forse è la questione meno impattante, ma anche quella che fa più notizia. In quasi quaranta pagine di “controdeduzioni”, il ministro dell’Ambiente Sergio Costa (Movimento 5 Stelle), che si avvale fra l’altro anche della consulenza del nostro assessore all’Energia, Alberto Pierobon, ha bocciato senza appello la “forma” della riforma: la valutazione (negativa) del piano “ha risentito delle difficoltà del ministero nel dover interpretare alcuni passaggi espressi attraverso frasi incongruenti, di difficile comprensibilità, con strutture grammaticali e punteggiature casuali, parole inesistenti nel vocabolario della lingua italiana, riferimenti errati”. Una serie di errori da matita rossa, che lasciano intendere come la Regione, oltre ad essere allergica all’Abc dei rifiuti, lo sia anche alle regole basilari della grammatica e della sintassi.

Ma è persino peggio entrare nei meandri della vicenda e accorgersi come Palazzo d’Orleans, dalle parti del Ministero dell’Ambiente, non goda della benché minima fiducia. A Roma, infatti, non ci si spiega come la Sicilia, da qui al 2021, possa elevare il livello della raccolta differenziata dall’attuale 20% al 65% previsto dalla normativa. Poi, “non si ritiene condivisibile l’approccio proposto”, quello secondo cui toccherà ai Comuni, associati nei nuovi Ato (le Ada, autorità d’ambito dei rifiuti che un disegno di legge in discussione all’Ars deve ancora materializzare), scegliere le tecnologie e i siti degli impianti, oltre che il metodo per incrementare la differenziata. Anche perché, obiettano al Ministero, queste Ada “non si sa bene se ed eventualmente tra quanto tempo potranno essere operative”. Il piano è impreciso anche al capitolo infrastrutture: “Si rimanda a future valutazioni, fra 5 o 7 anni, la determinazione del fabbisogno di nuovi impianti di incenerimento e/o termovalorizzatori – si legge nella nota di via Cristoforo Colombo, che cita il governo regionale – e l’individuazione di almeno cinque siti idonei alternativi per lo smaltimento dei rifiuti pre-trattati”.

Un ministro grillino che dice a un governo di centrodestra di accelerare sui termovalorizzatori: oggi succede anche questo. “Si rivela l’assoluta necessità di localizzare in Sicilia almeno due o più impianti di incenerimento di capacità pari al fabbisogno”. Che Roma, in una precedente direttiva, aveva indicato in 685 mila tonnellate l’anno (potrebbe essere aumentata). E che la Regione nemmeno specifica. Una presa di posizione che pone il M5S nella classica posizione scomoda, evidenziata da un intervento di Claudio Fava: “Una proposta che va contro le linee europee. Così la Sicilia rischia di essere ostaggio tra due fuochi: da un lato gli errori di forma e di sostanza nella redazione del piano di Musumeci e dall’altro la pervicacia con cui da Roma, complice – ahimè – un ministro dei Cinque Stelle, si torna a riproporre l’incenerimento come pratica virtuosa e necessaria. Che ne pensano i Cinque stelle siciliani di questa posizione?”. Un chiarimento – tiepido per la verità – è giunto dal deputato regionale Giampiero Trizzino: “Non ci sono cambi di passo del Movimento 5 Stelle in tema di incenerimento. Le osservazioni vengono redatte dai tecnici che sono autonomi della politica e a cui il ministro non può indicare la linea da seguire”. In serata anche il ministro Costa ha esternato il suo imbarazzo: “Ho dato mandato immediato al capo di gabinetto e al segretario generale di aprire un’istruttoria amministrativa interna per conoscere chi abbia violato la mia direttiva politica: mai e poi mai avrei proposto quanto letto nelle deduzioni nell’ambito della Vas del piano regionale rifiuti. Mai e poi mai – ribadisce Costa – da questo ministero ci sarà un via libera a nuovi inceneritori

Nel documento del Ministero dell’Ambiente, vengono segnalate anomalie anche nel numero indicato (14) di impianti di compostaggio presenti nell’Isola, cioè quelli in cui viene trattata la parte umida dei rifiuti e che consentirebbero di trasformare la spazzatura in risorsa. Il piano – ed è qui il succo dell’intera questione – “non rappresenta una strategia operativa di prevenzione e riduzione dei rifiuti, né di riciclo delle materie mostrandosi molto lontano dal disegnare per la Sicilia quella economia circolare che dovrebbe trovare luogo di attuazione nel contesto isolano”. Insomma, la Sicilia va indietro come i gamberi: non specifica, non individua soluzioni, è poco tempestiva, è fin troppo approssimativa, non conosce l’innovazione.

Un terremoto che non intacca di una virgola il rituale aplomb di Alberto Pierobon, l’assessore “veneto” all’Energia. Che dopo aver spiegato ai propri collaboratori come quello romano somiglia tanto a un sabotaggio – a causa delle imminenti elezioni, per dare ai grillini dell’Isola un assist formidabile contro le politiche del governo regionale – è tornato nei ranghi, specificando che si tratta di rilievi di leggera entità: “Le osservazioni del ministero rientrano nel normale iter di approvazione del piano rifiuti – ha detto –. Non c’è nulla di eccezionale, anzi ben vengano”. La sospensione del Vas, la valutazione ambientale strategica, potrebbe ritardare di mesi i piani della Regione e dilatare nel tempo l’emergenza. Ma anche su questo aspetto l’assessore mantiene i nervi saldi: “È la prima volta che la Sicilia decide di dotarsi di un piano rifiuti – spiega Pierobon – è un lavoro storico, un documento importante di pulizia e trasparenza che il governo sta portando avanti. Le osservazioni del ministero fanno parte del normale iter seguito per migliorare il piano. Si tratta di centinaia di pagine e allegati che vanno integrati con i suggerimenti di tutti, dei territori, delle opposizioni, dei sindaci. Non ci sarà alcun allungamento dei tempi, integreremo il piano e andremo avanti nell’interesse di tutti i siciliani”.

Il gioco delle parti è sintomatico dei processi della politica, e potremmo anche sguazzarci un po’ se Palermo e altre realtà non corressero davvero il rischio di finire inghiottite. Solo qualche giorno fa Musumeci, sospendendo i regimi commissariali delle Srr (le società per la regolamentazione del servizio), sanciva una spaccatura – sul livello delle competenze – coi comuni e i sindaci di quattro differenti province, costretti a emanare ordinanze “contingibili e urgenti” per arginare ogni eventuale crisi nella gestione dei rifiuti: “Il governo non farà nessun passo indietro” ha spiegato il presidente della Regione. Forse, però, sarebbe il caso di farne qualcuno avanti. Coi termovalorizzatori – quelli più moderni non hanno alcun impatto ambientale – al posto delle discariche ormai esauste; con una governance consolidata al posto di enti e acronimi che non garantiscono né i processi né il personale; con il consolidamento della differenziata, che giusta per com’è da sola non può bastare a ricucire un abito stracciato. Insomma, iniziative vere che non ci facciano urlare “al lupo al lupo” e che riconducano la Sicilia, esasperata, nei canoni di una normalità vista, ormai, come una chimera.

MUSUMECI: “GRILLINI INCOMPETENTI”

Con un video su Facebook, il presidente della Regione Musumeci ha replicato al documento di 35 pagine con cui il Ministero dell’Ambiente ha “bocciato” il piano rifiuti che la Regione Sicilia ha elaborato in pochi mesi dopo un’attesa quasi ventennale. E non ha risparmiato critiche all’operato del ministro Costa e dell’intero governo gialloverde: “Sono trentacinque pagine di lana caprina – ha esordito Musumeci – Come se ci volessero dire: “noi questo piano non ve lo facciamo passare”. E’ così che si comporta Roma nei confronti della più grande regione d’Italia. Ora passerà del tempo, perché bisogna trovare una soluzione per ogni osservazione. Ma la cosa che ci ha più sorpreso, e ci sembrava avessimo la vista annebbiata, è che il ministero del governo grillino propone di realizzare gli inceneritori. Ma aiutatemi a ricordare: i grillini non dicevano di essere contrari ai termovalorizzatori? Il ministro Costa, che gode della mia simpatia, non aveva dichiarato qualche giorno fa che avrebbe mai autorizzato alcun inceneritore in Italia sotto il suo governo? Questo è un atteggiamento schizofrenico che non aiuta ad accelerare il processo di smaltimento dei rifiuti in Sicilia. Ma noi dobbiamo discutere col Ministero che vuole gli inceneritori o col Ministro all’Ambiente che è contro? E comunque, a scanso di equivoci, il piano dei rifiuti non è stato bocciato, anche se ci aspettavamo 4-5 rilievi e non 35 pagine. Noi andremo avanti, ma voi dovete sapere chi sono i nostri oppositori e con chi abbiamo a che fare ogni giorno. Con questi incompetenti è un calvario: servono gli interessi del partito rispetto agli interessi della comunità”.