Una manciata di articoli e pochissimi sussulti. Anche le variazioni di Bilancio, che prevedono impegni di spesa entro e non oltre il 31 dicembre, vanno in archivio. La questione dirimente, cioè il ripristino di 10 milioni per gli enti locali, è stata risolta con un compromesso. Dopo le spiegazioni iniziali del presidente della commissione Bilancio, Riccardo Savona, secondo il quale lo stanziamento previsto in Finanziaria già ammontava a 330 milioni (rispetto ai 340 degli anni precedenti), e il pressing incessante di alcuni deputati, si è riusciti a recuperare 5 milioni – cioè la metà di quanto richiesto dalle opposizioni – raschiando il fondo del barile. Musumeci, presente in aula, si è formalmente impegnato a reperire altre risorse a partire dalla prossima sessione di Bilancio, senza tuttavia specificare l’ammontare della cifra. Le sue dichiarazioni sono state accolte con diffidenza dai Cinque Stelle: “Proposte da campagna elettorale”

Nell’ambito del maxi emendamento di riscrittura dell’articolo 1, un milione e duecentomila vanno a Corfilac e Consorzio di Bonifica di Ragusa (che ha la tesoreria pignorata). Duecentomila euro, invece, sono stati stanziati per la manutenzione straordinaria della tribuna dello stadio ‘Renzo Barbera’, da effettuare attraverso il dipartimento tecnico della Regione (e in seguito a un accordo col Comune di Palermo). E’ una richiesta che arriva direttamente dalla Figc per poter disputare la gara di qualificazione ai Mondiali fra Italia e Macedonia nel prossimo marzo. Polemica di Pd e Cinque Stelle sul mancato contributo da 450 mila euro a copertura del vitalizio dei talassemici.

“Per carità, 200 mila euro per sistemare la tribuna del Barbera in vista della partita della nazionale ci potrebbero pure stare – scrivono i grillini in una nota – ma non in un momento in cui si taglia in primis ai Comuni, che mai come ora sono alla canna del gas, e perfino ai talassemici”. “Queste variazioni – sostiene il capogruppo Di Caro – sono piene di spese che potevano essere rimandate a favore di altre, come quelle per il consorzio di bonifica di Palermo, per la pubblicità de siti culturali e delle attività sportive isolane. Sono piene pure di spese per debiti fuori bilancio, comprese quelle per i cornetti e i caffè in occasione di un corso di formazione per la polizia municipale, costati ai siciliani quasi 1.300 euro. Tutti gli assessori hanno avuto qualcosa, tranne l’assessore Messina, cui hanno bocciato un articolo aggiuntivo di 50 mila euro. A testimonianza del clima non certo idilliaco che contraddistingue questa maggioranza”.

Nel corso della seduta all’Ars è stata approvata la proroga del contratto degli Asu fino al 2023 (nelle more che la Corte Costituzionale si pronunci sulla stabilizzazione: una norma già prevista dall’ultima Finanziaria ma impugnata dallo Stato). Inoltre è arrivato il via libera alla diminuzione dei canoni demaniali, in parte già prevista con la Legge di Stabilità 2020. E’ stato approvato un articolo che libera maggiori risorse (350 mila euro) per i dissalatori. Due milioni e mezzo finiscono nelle casse del Consorzio di Bonifica di Palermo. Quattro milioni e mezzo, invece, vengono stanziati “per gli interventi urgenti nei comuni dell’areale etneo in ordine alla rimozione della cenere vulcanica a seguito dell’attività del vulcano Etna”. Mentre 12 milioni vanno a Sicilia Digitale per la risoluzione di un contenzioso (sentenza passata in giudicato) con gli ex soci privati.

Si può trasformare in baraonda anche l’ultima leggina del 2021? Il governo Musumeci ci ha provato. Decidendo di tagliare gli stanziamenti a favore dei Comuni rispetto a quelli previsti dall’ultima Finanziaria (da 340 a 330 milioni). Questioni di lana caprina, direte voi. Ma è in quei dieci milioni che sta il no-sense. Che nessuno, né Armao né il collega Zambuto, sono riusciti a giustificare. Perché farlo? Perché non andare a intaccare altri capitoli, certamente meno utili? Perché incidere – ancora e ancora – su enti locali già tartassati e che persino Roma, con un due provvedimenti similari (uno da 150 milioni per i Comuni del Mezzogiorno e uno da 50 per quelli delle Isole), sta cercando di aiutare con la manovra in discussione al Senato? Mistero.

Riannodiamo i fili. Il disegno di legge, secondo quanto comunicato dall’assessore Armao in precedenza, si sarebbero dovute approvare per legge (ma anche per effettuare in tempo utile i mandati di pagamento) entro il 30 novembre. Ma c’è stato di mezzo l’accordo di finanza pubblica con lo Stato che ha ritardato tutto. I 66 milioni utili a far quadrare i conti sono stati garantiti solo il 17 dicembre. Passi il ritardo, quindi. Poi, però, è successo che la giunta, nonostante le risorse aggiuntive garantite dallo Stato (i 66 milioni) ha deciso di ridurre gli stanziamenti a favore dei Comuni. Ed è successo pure che durante la velocissima seduta in commissione Bilancio, sabato mattina, non ci fosse nessuno degli assessori a spiegare il perché.

E’ davvero difficile comprendere la ratio di questo atteggiamento. Perché i Comuni? Nelle scorse settimane l’Anci si è presentata a Roma, al gran completo, per una manifestazione di protesta: i sindaci siciliani, all’epoca, hanno denunciato l’impossibilità di chiudere i bilanci entro i termini previsti dalla legge (evidenziato il rischio commissariamento); segnalato la mancata previsione di strumenti perequativi che compensino la scarsa capacità fiscale; così come l’inadeguatezza del sistema di riscossione dei tributi locali (è il motivo per cui il Comune di Palermo si trova a un passo dalla bancarotta); inoltre, hanno sottolineato le profonde carenze di personale qualificato. Su questo fronte la Regione si è persino impegnata a bandire un concorso per 300 tecnici, in parte destinati anche ai Comuni, per affrontare la sfida della spesa comunitaria. La mobilitazione dell’Anci è totale e prosegue da mesi. La crisi dei Comuni è acclarata e prosegue da anni. A fronte di tutto questo, il governo manda un messaggio in controtendenza. “Ma sì, tagliamo, che sarà mai”.

Detto che le variazioni sono modifiche a valere sull’ultima Finanziaria, riesce difficile comprendere perché la stessa tagliola non sia stata applicata, a tempo debito, alle inutili partecipate regionali, feudi di ricche poltrone e consenso elettorale (ci siamo già risposti); alle feste e alle sagre di paese che, come evidenziato dal segretario del Pd Barbagallo, hanno sempre beneficiato di un trattamento di favore; o alle numerose passerelle, compresi giri ciclistici, gare a cavallo e promozioni pubblicitarie, che da sempre infiammano il cuore del governatore e dei suoi assessori. Perché non si è provveduto a risparmiare altrove, riqualificando la spesa (ce l’aveva chiesto Roma nell’accordo Stato-Regione dello scorso gennaio, già caduto in disuso); e si è deciso, invece, di applicare il rigore nel taglio (scomodo ma sistematico) nei confronti degli enti locali? A questa domanda, reiterata, l’assessore Armao non ha risposto. Si è soffermato, piuttosto, sui 3,5 miliardi di risparmi che la Regione, grazie a questo accordo di finanza pubblica, avrà risparmiato entro il 2025 (rispetto alla base di partenza del 2012, con Crocetta). Se nel frattempo i Comuni saranno morti di fame e di sete, amen.