“In una democrazia parlamentare, il presidente della Regione avrebbe già dovuto rassegnare le dimissioni. Il governo è stato sfiduciato dall’aula”. Comincia oggi, a palazzo dei Normanni, l’iter delle variazioni di Bilancio che, a meno di miracoli, saranno l’ultima legge votata dal parlamento nel 2021 (assieme all’esercizio provvisorio?). Ma ad Anthony Barbagallo, segretario del Partito Democratico, è rimasto un cruccio. Riguarda la sonora bocciatura inflitta da Sala d’Ercole a Musumeci, mercoledì scorso, col rinvio delle elezioni nelle ex province. Avrebbero dovuto tenersi il 22 gennaio, ma sono state cancellate da una proposta di legge trasversale, contro il volere del presidente della Regione e del suo partito: “La fine dell’impero – racconta Barbagallo – è il tentativo del capogruppo di Diventerà Bellissima di immortalare col telefonino, allo scopo di intimorirli, i deputati favorevoli al rinvio… Ma contro la nostra proposta hanno votato in 18. Diciotto deputati su 70, capisce? Segno che la maggioranza non c’è più”.

Musumeci le risponderebbe, numeri alla mano, che una maggioranza non c’è mai stata.

“Non sono d’accordo. Musumeci una maggioranza ce l’ha eccome. A parte quella con cui si è insediato, è reduce da quattro anni di campagna acquisti. Il gruppo di Attiva Sicilia è una vera e propria stampella del governo, pronta a votare tutti i provvedimenti. Sulle ex province, all’ordine del capogruppo di Diventerà Bellissima, sono saltati in aria come le molle. Il presidente la maggioranza ce l’ha. Solo che a causa dei conflitti, dei giochi di potere, degli incarichi dati o non dati, non riesce più a governarla. Per questo ci aspettiamo che ne tragga le conclusioni”.

Onorevole Barbagallo, lei sa benissimo che il problema sulle ex province viene da lontano.

“L’unica iniziativa sensata di riforma della Legge Delrio è del Partito Democratico. Dopo essere passata al vaglio del Consiglio dei Ministri, approderà alla Camera e al Senato”.

Sì, ma in Sicilia c’è un vulnus che dura da otto anni. E voi ve ne uscite con un emendamento per istituire le assemblee dei sindaci. Non le pare un pannicello caldo?

“Certo che è un pannicello caldo. Ma almeno diamo voce ai territori e restituiamo una parvenza di democrazia al processo elettorale. Musumeci aveva impostato la propria campagna elettorale, nel 2017, dicendo che avrebbe rimesso in moto le province attraverso l’elezione diretta. Il suo disegno di legge ha ottenuto l’approvazione dell’aula, ma poi è stato polverizzato dalla Corte Costituzionale. Ha preso in giro i siciliani facendo approvare una legge palesemente incostituzionale”.

Perché parla di governo sfiduciato?

“Perché proprio sull’emendamento Ciancio, il governo per ben due volte – prima con l’assessore Cordaro e poi con l’assessore Falcone – aveva espresso parere contrario. Ma proprio in quella votazione, sono andati sotto clamorosamente. Solo una decina di deputati li ha seguiti. Inoltre, dalle motivazioni dell’assessore Falcone, è emersa la malafede dell’esecutivo, che avrebbe preferito tenere in vita i commissari anziché le assemblee dei sindaci. Un modo per piazzare i propri luogotenenti a dirigere il traffico…”.

Facciamo un passo avanti. Cosa si aspetta dalle variazioni di Bilancio?

“Intanto le variazioni devono prevedere un impegno di spesa entro il 31 dicembre. Io temo che siano azionate da un motore di tipo clientelare. L’ultima volta in aula abbiamo visto spostare sui capitoli del turismo migliaia di euro per organizzare qualche festa di paese”.

Succederà anche stavolta?

“Noi saremo vigili e particolarmente duri nei confronti di queste clientele. Inoltre, nelle pieghe di tanti provvedimenti personalistici – speriamo di far votare qualche buona norma: come quella che stanzia 5 milioni di euro per riparare ai danni della cenere vulcanica nei paesi etnei. Si tratta di un provvedimento indifferibile targato Partito Democratico”.

Con la procedura degli 83 super esperti si è aperta la stagione dei concorsi. La pubblica amministrazione siciliana ha bisogno di una svecchiata.

“Tira un’aria da campagna elettorale. Ci preoccupa il metodo di scelta utilizzato per la selezione di alcune figure legate al Pnrr, dove le valutazioni continuano ad essere discrezionali e degne della Prima repubblica. Molte procedure sono accidentate, per questo abbiamo presentato degli atti ispettivi”.

Perché campagna elettorale?

“Perché assistiamo a uno scollamento del confronto politico e a continue imboscate del governo sui capitoli di spesa. E poi le riforme, una più sbagliata dell’altra… Quella idrica grida vendetta: il governo vuole centralizzare e privatizzare la gestione dell’acqua, mentre le Ati (assemblee territoriali idriche), per fortuna, stanno votando per il mantenimento in house del gestore unico su base provinciale. Al cinismo e alla cattiveria di questa classe politica c’è una Sicilia che sta rispondendo: è composta da amministratori e persone perbene”.

Il presidente della Regione è molto impegnato a blindare la sua candidatura. E voi?

“Per le verità Musumeci è andato ben oltre le iniziative elettorali. Prenda l’ultimo episodio alle Ciminiere di Catania: più che incontro di politica sembrava un convegno di Medicina. In platea erano presenti vari esponenti della sanità alla ricerca di prebende e sotto prebende. Con la scusa del Covid e a carico dei cittadini…”.

Abbiamo capito che non gradisce i metodi del centrodestra. Ma il centrosinistra come si avvicina al turning point? Fava rimane in campo…

“Il ragionamento di Fava è coerente con quanto ha sempre sostenuto. Ma il Pd farà le proprie valutazioni solo dopo aver tracciato il perimetro della coalizione e aver definito, specie coi Cinque Stelle, il metodo di scelta del candidato”.

Lei ha lanciato il tridente composto da Chinnici, Bartolo e Provenzano. Alle primarie correrà uno di questi tre?

“Il partito farà le proprie valutazioni negli organismi dirigenti, che in questa stagione si sono sempre contraddistinti per la grande unità. Ma anche la coalizione, al netto della diversità delle posizioni, mi sembra molto unita”.

A Palermo siete riusciti a smussare le differenze?

“Venivamo da fronti opposti, ma le varie riunioni ci hanno permesso di stabilire un percorso programmatico comune. Sulla Palermo che vogliamo, sulle strategie da mettere in campo, su come risolvere i tanti problemi che investono i Comuni e che nelle città più popolose esplodono in maniera ancora più critica. Sono certo che nelle prossime settimane accelereremo sulla scelta del candidato sindaco. Poi parleremo della Regione”.

E poi Catania. Crede che si voterà prima del 2023?

“Siamo preoccupati per il groviglio giudiziario che investe Pogliese. Siamo preoccupati perché il dibattito non riguarda ciò che bisogna fare per la città, ma le vicende personali del sindaco. Il dato evidente è che Catania ha fatto notevoli passi indietro. Non solo per la qualità dei servizi, ormai ridotti al lumicino, ma anche sulla sicurezza, sull’ordine pubblico. E’ una città che occupa gli ultimi posti in tutte le classifiche e che continua ad andare indietro nella percezione di tutti: cittadini, visitatori, turisti”.