Tutti parlano per non dire nulla. Da Roberto Di Mauro, esponente di spicco del Mpa post-lombardiano (“Non esiste più uno schema di centrodestra o centrosinistra”), all’ex collega di poltrona all’Ars – essendo stato anch’egli vicepresidente del parlamento siciliano – Giancarlo Cancelleri (“Con i partiti non c’è stato alcun abboccamento ufficiale”). Così la battaglia delle prossime elezioni Amministrative, che si disputeranno il 4-5 ottobre e coinvolgono 62 comuni siciliani, si gioca ancora a taccuini chiusi. Finché una sera d’inizio estate piomba nelle redazioni un comunicato della Lega, scritto da Catalfamo (il capogruppo all’Ars) ma ispirato da Candiani (il segretario regionale), inerente le questioni di Milazzo: “Dal presidente Musumeci pretendiamo lo stesso rispetto, lealtà e coerenza”. E’ qui che la battaglia alla Regione si mischia inestricabilmente al destino dei Comuni chiamati al voto per rinnovare sindaco e consiglieri comunali. Due vicende apparentemente slegate, ma più interconnesse che mai. Sia a destra che a sinistra.

Perché il turno elettorale che verrà, potrebbe essere la riproposizione di uno schema bipolare, e comunque riunito attorno a simboli civici che tolgano gli elettori dall’impaccio di doversi scegliere un partito. Così accade che pure Di Mauro e Cancelleri – ne abbiamo presi due a caso – si ritrovino sulle stesse posizioni. L’autonomista spiega che “data l’assenza dei partiti e la legge elettorale, siamo obbligati a puntare sugli uomini e non sulle alleanze. Preferiamo ovviamente soggetti civici”. Idem cum patate Cancelleri. “Il percorso civico si può fare – ha detto il vice-ministro alle Infrastrutture in un’intervista a ‘La Sicilia’ – Partendo da uno scopo: si possono trovare convergenze su candidati sindaci civici da contrapporre a personaggi, come dire… sputtanati”. Tutti puntano a rifarsi una verginità, lontani da presenze ingombranti che rischiano di risultare dannose. Per la verità i Cinque Stelle hanno imparato a osare – in termini di alleanze – soltanto un annetto fa, quando l’annessione di un gruppo civico (Più città) sotto le insegne di Roberto Gambino permise di espugnare Caltanissetta contro il doppio candidato della Lega e del centrodestra (al secondo turno).

Oggi la realtà è completamente diversa. I grillini hanno cambiato due volte partner di governo, continuano a perdere pezzi sia all’Ars che al Senato, e hanno assoluto bisogno di stringere accordi per non abbandonare la scena. L’anno scorso presero anche Castelvetrano, ma altrove finirono per decomporsi. Ecco che potrebbe tornare d’attualità, anche stavolta, per la prima volta, l’asse con il Partito Democratico. Da parte del neo segretario Anthony Barbagallo, che aspira ad allargare il campo, gli inviti sono partiti da tempo. Ma l’ex assessore al Turismo, che sarà proclamato ufficialmente il 19 luglio, deve procedere a piccoli passi per non incrinare e indispettire lo stato maggiore del Movimento. “In Sicilia ci sono città importanti al voto – ha detto Cancelleri nella prosecuzione della sua intervista -. Penso ad Agrigento, Enna, Marsala e Vittoria, quelle dove sono puntati i riflettori e dove ci possono essere dei punti di riflessione con altre forze”. Guai a chiamarle alleanze: piuttosto, si parlerà di costruzione di un progetto su basi programmatiche. Suona meglio, no?

A Enna sarà quasi impossibile riproporre lo schema del Conte-due: “C’è troppa storia che divide”, secondo il senatore Fabrizio Trentacoste. Sarebbe strano veder confluire il Pd di Crisafulli su un candidato grillino, o viceversa. Mentre è incerto il ruolo di Italia Viva, che qualche giorno fa ha rotto con il sindaco uscente Maurizio Dipietro, che al prossimo giro si avvarrà dell’assist della Lega. I due assessori hanno riconsegnato le deleghe in mano al primo cittadino, mentre i coordinatori locali (Francesco Alloro e Carmela Madonia), hanno spiegato che “noi non possiamo stare in una coalizione in cui ci siano la Lega o rappresentanti di questo partito candidati nelle liste a sostegno di Dipietro. E’ il momento di costruire un’altra strada”. Ma i renziani sul punto rischiano di dividersi e di presentarsi agli elettori separati. Non sarebbe un bell’inizio per la nuova creatura moderata. Che, invece, nel Catanese, ha blindato un accordo col Pd per tutti i comuni al voto.

Difficile capire cosa avverrà ad Agrigento, dove l’ex sindaco Marco Zambuto – che li ha girati tutti: dal Pd a Forza Italia – sfida l’uscente (civico, ovviamente) Lillo Firetto e l’ex assessore Franco Micciché, che è molto apprezzato dagli autonomisti e nelle ultime ore avrebbe ricevuto l’endorsement leghista, provocando la fuga del Pd e del deputato regionale Michele Catanzaro. Anche a Vittoria l’unica semi-certezza è la ricandidatura di Ciccio Aiello, che sindaco lo è già stato tante volte (e per tre volte ha fatto l’assessore regionale). Ma è un uomo di sinistra, punto. Altro che civismo. Qui il M5s faticherebbe non poco a confluire e anche da parte dei più aperti riformisti si registra un certo fastidio di fronte all’ipotesi prospettata.

Ma anche a destra le cose non vanno meglio. Anzi, se possibile vanno persino peggio. Perché sull’asse Salvini-Meloni-Berlusconi si gioca una sfida per la leadership e la sopravvivenza (facile capire di chi). E le storie s’intrecciano al destino del governo regionale, e ai futuri assetti di partito. A far discutere, a palazzo d’Orleans, è la federazione tra Lega e Diventerà Bellissima. Quando la strategia è sul punto di quagliare, arriva sempre qualcuno a mettere i bastoni fra le ruote. In questo caso Pippo Midili, uomo di Diventerà Bellissima e anchorman televisivo, che gli alleati storici di Musumeci – Fi e Fdi – hanno preferito a Lorenzo Italiano, sostenuto dal Carroccio, come candidato a sindaco di Milazzo. Nel comunicato stampa, tutto sommato, i toni sono rimasti bassi, ma su Whattsapp la polemica è furente. L’agguato organizzato ai danni della Lega rischia di avere ripercussioni serie sul cammino dei due partiti e sul sodalizio che lo stesso Salvini aveva proposto al governatore.

A Barcellona Pozzo di Gotto vince la linea Catalfamo-Calderone (rispettivi capigruppo di Lega e Forza Italia), che hanno scelto di candidare l’avvocato Pinuccio Calabrò. Ad Enna tutti sembrano orientati su Dipietro, mentre ad Agrigento la situazione è più complessa e non è escluso che l’alleanza salti. La Lega, rimasta senza candidati di punta, potrebbe optare per lo strappo, anche se Catalfamo e Francilia, il commissario leghista di Messina, sono convinti “che un centrodestra che procede in ordine sparso e in maniera impulsiva sia un danno ai cittadini e un vantaggio ai nostri avversari”. Nella maggior parte dei casi non sono gli alleati a determinare una candidatura, ma il candidato a determinare un’alleanza. Ma nel caso della Lega, che alle Amministrative dello scorso anno si era misurata senza troppe aspettative, c’è un fatto nuovo: l’idea di riunire attorno a un tavolo “tutti quelli che ci stanno” per siglare un patto federativo che ha valenza ora e per il futuro. Un progetto siglato Candiani&Minardo, e benedetto da Salvini, sul quale gli “alleati” stanno provando a fare resistenza. Consegnare al Carroccio le chiavi del centrodestra siciliano – con o senza Musumeci – è una conclusione a cui nessuno vuole rassegnarsi. Non senza combattere. Altro che alleanze.