Non c’è siciliano che non si vanti della dominazione normanno-sveva e non c’è siciliano che non progetti il ritorno di Palermo a capitale culturale del Mediterraneo e, ça va sans dire, non sogni il Mediterrano come nuovo centro del mondo o almeno dell’Europa. E’ un sogno che potrebbe davvero diventare realtà o è solo un sogno ad occhi aperti, un wishful thinking, come direbbero gli inglesi? Per verificare la fattibilità del progetto bisognerebbe partire da alcuni semplici tratti caratteristici della dominazione normanna, per capire se sono ancora vivi oggi in Sicilia o almeno rivitalizzabili. Tra tanti ne menziono qui due.

Un Regno internazionale

Giovanni Ventimiglia

Anzitutto la internazionalità. Se una macchina del tempo fosse in grado di riportarci nel Regno di Sicilia del 1224 incontreremmo la seguente situazione: Federico II ha da poco chiamato a insegnare a Napoli, all’università laica da lui appena fondata, un irlandese cristiano di orientamento chiaramente aristotelico: Petrus de Hibernia. Questi insegna la Metafisica del greco pagano Aristotele, corredata dal commento dello spagnolo arabo musulmano Averroè, appena tradotta dall’arabo in latino a Palermo da uno scozzese: Michele Scoto. Qualche anno dopo, precisamente nel 1230, lo stesso Federico II chiama a Napoli da Marsiglia l’ebreo Jacob ben Abba Mari Anatoli, genero di Samuel ibn Tibbon, il traduttore del grande filosofo ebreo Mosè Maimonide. Con l’arrivo di Anatoli nel Regno normanno nasce la tradizione ebraica maimonidea tipica del Sud Italia. Essa ha la caratteristica di non essere limitata ai circoli ebraici, di non essere condannata dalla comunità ebraica – come invece avviene proprio negli stessi anni in Francia – di essere aperta al dialogo con i musulmani e di includere anche i cristiani. Anatoli riferisce che lo stesso Federico II è solito interpretare le Sacre Scritture cristiane seguendo il filosofo ebreo Mosé Maimonide, mettendo a confronto la sua interpretazione con quella del pagano Aristotele e del musulmano Averroè.
Già da questi pochi dati si è in grado di comprendere il primo ingrediente del Regno di Sicilia di allora: greci, arabi, ebrei, spagnoli, francesi, scozzesi, irlandesi, tedeschi erano di casa. E come si capivano tra loro? Semplice, nella lingua comune di allora: il latino! E Federico II, come i suoi antenati normanni, era impegnato a finanziare le traduzioni di molti testi importanti dal greco e dall’arabo in latino. Quanti presidenti di regione oggi conoscono la lingua comune, ossia l’inglese? Quanti corsi si svolgono in inglese oggi nelle università dell’ex Regno di Sicilia? Quanta attrattività di professori irlandesi, scozzesi, spagnoli, francesi, arabi, ebrei, hanno le università del Sud Italia oggi (e le università italiane in genere)?

La religione al centro

Andiamo ora alla seconda caratteristica. I pochi dati di sopra lasciano già intravedere chiaramente anche un tratto fondamentale del famoso dominio normanno-svevo: l’interesse per i temi religiosi e metafisici, in due parole: l’anima (e il suo destino) e Dio. Prima ancora che al dialogo interreligioso, di moda anche oggi, vi era un vivo e autentico interesse per la religione stessa e le grandi domande dell’esistenza. Si conosce l’interesse dello stesso Federico per il tema metafisico e teologico dell’immortalità dell’anima e si sa anche che suo figlio Manfredi chiedeva lumi al filosofo Pietro l’Irlandese in merito a questioni di filosofia dell’anima.
Interessante è in proposito proprio la figura di questo filosofo. Una testimonianza attendibile, quella di Mosè di Salerno, riporta il suo parere in una discussione realmente avvenuta al circolo maimonideo di Napoli attorno alla Trinità cristiana, un dogma avversato dai monoteismi ebraico e islamico: “In realtà il professore Pietro l’Irlandese ammette che i cristiani, credendo che la Divinità si sia incarnata, accettano la necessaria conclusione che il Nome Dio abbia sperimentato la passione, il movimento e il cambiamento”.

Che cosa significa? Significa che secondo il filosofo cristiano Pietro l’Irlandese Dio si appassiona, cambia e diviene, e tutto questo senza smettere di essere perfetto. Nulla di più interessante e nulla di più moderno. Ai nostri giorni, infatti, specialmente al di fuori della vecchia Europa continentale, sono di nuovo molto vivi i dibattiti intorno a questo tema con centinaia di pubblicazioni all’anno! Due delle più note e vivaci correnti teologiche e di filosofia della religione, ossia l’Open Theism (il teismo aperto) e la Process Theology (la teologia del processo), sostengono precisamente questo: l’immutabilità non è necessariamente una caratteristica di Dio, non è necessario essere immutabili per essere perfetti. In fondo, se il mare non si muovesse, sarebbe un mare morto, uno stagno, un acquitrino: proprio per essere perfetto il mare deve muoversi. Una cosa analoga avverrebbe per Dio: Egli diviene e proprio nel suo divenire consiste la sua perfezione. Ecco, una cosa del tutto simile sosteneva l’aristotelico irlandese Pietro nel Regno di Sicilia nel XIII secolo e sostengono oggi decine di filosofi della religione, come ad esempio, per fare un nome molto noto nel mondo anglosassone, Ryan Mullins.

Dio non è morto

Ma come, si dirà, Dio non era morto? Non era l’ateismo la caratteristica principale della cultura moderna? La risposta è no. Lo era ma ora non lo è più. Se nel 1968 Peter Berger, uno dei più grandi sociologi della religione, aveva prognosticato la fine della religione di massa e la vittoria definitiva dell’ateismo, nel 1999 lo stesso Berger ammetteva con onestà: “l’assunzione secondo cui viviamo in una società secolarizzata si è rivelata falsa. Il mondo è, con poche eccezioni, sempre più religioso, come lo è sempre stato, e in un certo senso più di quanto non lo sia mai stato” (The Desecularization of the World). Secondo il centro di studi sulla religione più noto e serio del mondo, ossia il Pew Research Center di Washington, la percentuale di non credenti è destinata a diminuire nel 2050 dal 16.4% attuale al 13.2%. I ricercatori di sociologia della religione commentano: l’ateismo ha iniziato una inesorabile discesa verso l’estinzione. E’ stato un fenomeno limitato nello spazio e lo è anche nel tempo. La religione sta tornando a giocare sempre più nel mondo, con poche eccezioni soprattutto in Europa, un ruolo fondamentale. In America, ad esempio, sia del Nord che del Sud, Dio è tornato di moda ed è al centro di dibattiti internazionali – in inglese – vivi ed estremamente interessanti.

Cinque dibattiti pubblici su Dio

E a Palermo? Che cosa succede nell’ex Regno normanno-svevo? Il progetto Philosophies around the Mediterranean sembra creato proprio per riportare a Palermo e in generale nel Sud Italia i dibattiti internazionali su Dio tipici dei suoi anni di gloria. Il Centro di Teologia e Filosofia delle Religioni (TheiRs) e il Master online in Philosophy, Theology and Religions (PhilTeR) dell’Università di Lucerna in Svizzera, in collaborazione con Fondazione Sicilia (Palermo) e Fondazione Reginaldus (Lugano), hanno organizzato proprio a Palermo da lunedì 29 agosto prossimo a venerdì 2 settembre una summer school e una serie di cinque interessanti dibattiti pubblici in palazzi e ville storiche di Palermo. Da Teheran a New York, da Helsinki a Gerusalemme, da Budapest a Londra, da Marsiglia a Bari, il Gotha degli storici della filosofia ebraica, cristiana e islamica si ritrova dunque prossimamente nell’ex capitale del Regno di Sicilia. Nella terra che nella storia ha attirato studiosi di tutto il mondo e dove i dibattiti su temi metafisici e teologici erano di casa, alcuni tra i principali studiosi del panorama universitario mondiale di filosofia presenteranno i risultati delle loro ultime ricerche sulla natura e l’esistenza di Dio, discutendo di temi quali: Dio è l’Essere? Risposte dalle prospettive ebraica e musulmana; Il male è un argomento contro l’esistenza di Dio? Risposte dalla filosofia della religione cristiana e musulmana; Dio può soffrire? Risposte dalla filosofia della religione cristiana contemporanea; Si può davvero parlare di Dio o si può solo tacere?

I rappresentanti di ebraismo, cristianesimo e islam hanno già annunciato la loro presenza, come pure il Sindaco di Palermo.

In che lingua si terranno tutti questi dibattiti su Dio? Tranne l’ultimo dibattito, gli altri si terranno nella lingua comune di oggi, ossia in inglese. E’ pronta Palermo a tornare ad essere attrattiva non solo per i turisti che affollano i nostri ristoranti ma anche per studiosi e studenti di tutto il mondo, come ai tempi d’oro del Regno normanno-svevo?

BOX

Il Programma

Università di Lucerna/ University of Lucerne
Laurea magistrale online in Filosofia, Teologia e Religioni / Online Master’s in Philosophy, Theology and Religions (PhilTeR)

DIBATTITI PUBBLICI / PUBLIC DEBATES

Che cosa è Dio? Risposte dalle filosofie abramitiche / What Is God? Answers from Abrahamic Philosophies

Palermo, 29 agosto – 2 settembre 2022 / Palermo, 29. August – 2. September 2022

29.08
19:00 Orto Botanico, via Lincoln 2
Olga Lizzini (Aix-Marseille) / Zeev Harvey (Jerusalem)
Is God Being itself? Answers from Islamic and Jewish Perspectives

30.08
19:00 Palazzo Branciforte, Largo Gae Aulenti 2
Gary Carl (Muhammad) Legenhausen (Qom) / Winfried Löffler (Innsbruck)
Is Evil an Argument against God’s Existence? Answers from Christian and Islamic Philosophy

31.08
19:00 Palazzo Lanza Tomasi,via Butera 28
Ryan T. Mullins (Helsinki) / David Anzalone (Lucerne)
Can God Suffer? Answers from Contemporary Christian Philosophy of Religion

01.09
19:00, Palazzo Butera, via Butera 8
Ulrich Rudolph (Zürich) / Mostafa Najafi (Lucerne): What does it mean that God is wise? Answers from classic Islamic theology

02.09
19:00, Orto Botanico, via Lincoln 2
Pasquale Porro (Turin) / Giovanni Ventimiglia (Lucerne)
Dire o tacere di Dio?

I primi quattro dibattiti si svolgeranno in lingua inglese, mentre l’ultimo in italiano.

Per partecipare ad uno o più dibattiti si prega di inviare una email a: summerschoolphilter@gmail.com

Con il sostegno di:
Fondazione Sicilia (Palermo) e Fondazione Reginaldus (Lugano)