L’ultimo “capriccio” del Movimento 5 Stelle ha un nemico dichiarato: la 61enne Anna Finocchiaro, nata a Modica ma catanese d’adozione. L’ex parlamentare del Partito Democratico, in questo tumultuoso avvio di settembre, s’è vista negare la possibilità di essere ricollocata in via Arenula, sede del Ministero della Giustizia, dove il Csm – l’organo che controlla la magistratura – l’aveva “spedita” grazie all’intermediazione del precedente Guardasigilli, Andrea Orlando.

Ma andiamo con ordine e partiamo dall’inizio: Anna Finocchiaro, che nella vita ha ricoperto numerose cariche politiche di prestigio, fra cui quella di ministro (un paio di volte), nasce magistrato. Ed esercita fino al 1987, quando viene eletta alla Camera dei Deputati con la maglia del Partito Comunista. Entra in aspettativa e lascia temporaneamente la toga. Ma in pochi, lei per prima, si sarebbero aspettati che questo distacco durasse così a lungo. Trent’anni per la precisione, dato che solo alla vigilia delle ultime elezioni Politiche la Finocchiaro capì che gli spazi si erano ristretti troppo e che Renzi non l’avrebbe più presentata.

La Finocchiaro, transitata nel frattempo dal Pds ai Ds, e infine al Pd, è stata candidata anche alla presidenza della Regione Sicilia nel 2008, spazzata via dalla furia di Raffaele Lombardo (quella partita finì 65-30% per l’autonomista di Grammichele). Non farà nulla, nel frattempo, per attirarsi le simpatie dei futuri giustizialisti grillini: tra consulenti poco affidabili e vicende poco chiare, ciò che colpisce e genera clamore è la spesa all’Ikea con scorta al seguito, che fa tracimare di rabbia – nel 2013 – il popolo dell’antipolitica.

Il sentimento attecchisce e la Finocchiaro è definitivamente segnata. Nel 2016 entra nel governo Gentiloni al posto della Boschi come Ministra per i rapporti con il Parlamento, ma coi vertici rottamatori del Pd le storie si fanno tese e nel marzo 2018 si ritrova fuori da tutto. Così chiede a Orlando di avviare le pratiche col Consiglio Superiore della Magistratura perché, dirà a inizio settembre, “dopo 30 anni di Parlamento non posso tornare a fare giurisdizione attiva. Lo ha detto anche il ministro Bonafede davanti al plenum del Csm: i giudici che fanno politica non hanno la terzietà per rientrare nel loro ruolo”.

Il Csm ha accolto la richiesta di Finocchiaro l’8 giugno scorso, ma da quel momento non si è mosso più un capello. Tornare in via Arenula e diventare funzionario o, peggio, collaboratrice di Bonafede è un’ipotesi che il nuovo ministro scarta del tutto. Il popolo della rete, di cui i 5 Stelle si nutrono, non accetta il fatto che si possa rientrare a lavoro dal portone principale dopo 30 di (dis)onorata carriera a sinistra.

La Finocchiaro chiede “un posto al ministero. Non un posto apicale”. La Costamagna, giornalista del “Fatto”, replica a tono: “Perché non si è mai dimessa dalla magistratura per fare politica?”. E insinua che si una questione di danaro. O magistrato o nulla, cara Anna. La Finocchiaro, inoltre, percepisce un vitalizio di 9 mila euro al mese, di fronte al quale qualsiasi pretesa o diritto di tornare a lavorare è “cancellata”. Di vitalizio, si sa, non è mai morto nessuno.