Antonio Megalizzi è quasi un anno che manca all’affetto dei suoi cari. L’11 dicembre scorso, mentre passeggiava ai mercatini di Natale di Strasburgo, dove si era recato per seguire la Plenaria del Parlamento europeo, fu raggiunto alla nuca da un proiettile esploso dal terrorista Cheriff Chekatt. Panico in pieno centro, mentre al telefono, in Italia, il dolore è straziante. Assieme ad Antonio, che si spense tre giorni più tardi in ospedale, muoiono altre quattro persone: uno è Barto Pedro Orent-Niedzelski, al secolo Bartek, un amico, un cronista come lui. Furono freddati mentre parlavano tra di loro.

Ora Megalizzi rivive nel libro di Paolo Borrometi, che su invito della famiglia ha raccolto tutti gli appunti della sua vita e ha sbirciato il contenuto del suo cellulare: “Ma ho letto cose che resteranno solo dentro di me – ha spiegato Borrometi, in una conversazione col “Corriere della Sera” -. Fin dalla prima sera che ho cenato a casa dei genitori e della sorella, il 31 gennaio, mi sono sentito accolto come uno di famiglia. Il libro lo abbiamo scritto praticamente insieme. Finivo un capitolo e glielo mandavo, abbiamo anche pianto insieme. E’ la cosa più bella che abbia fatto nei miei 36 anni”.

Si chiama “Il sogno di Antonio”. Contiene gli appunti di una vita trascorsa a inseguire il sogno di diventare giornalista. Collaborava con Europhonica, viaggiava fra Bruxelles e Strasburgo (le raggiungeva in pullman, con Flixbus) e voleva passare al setaccio tutte le fake news sull’Europa cattiva che anche in Italia avevano provato a rappresentare. Il racconto di Borrometi, cronista che da sei anni vive sotto scorta per le minacce della mafia, parte dall’alba del 10 dicembre, quando Antonio si mette in viaggio per raggiungere la Francia. Ma solo dopo aver detto a Luana, la fidanzata, che stavolta non sarebbe voluto andare. Non era, però una premonizione. Megalizzi non credeva nel destino ma nell’impegno di ognuno a “rendere magiche le cose belle e meno tragiche quelle brutte. È il nostro escamotage preferito per dare un senso forzato a cose che un senso non ce l’hanno”.

Antonio era un reporter instancabile, ma anche un intellettuale attento. “La più bella delle bufale, come la chiamava lui – qui a raccontare è Borrometi – riguardava l’assemblea del Parlamento europeo sulla questione profughi e rifugiati: qualcuno aveva messo in giro la notizia che il presidente russo Vladimir Putin durante l’intervento del premier Matteo Renzi lo avesse interrotto urlando che gli italiani non sanno difendere i propri confini. Fu una bufala che lo lasciò molto amareggiato”.

Borrometi nel libro raccoglie le impressioni dei genitori, che ringraziano Mattarella per la calorosa accoglienza riservata loro all’arrivo del feretro a Ciampino. E per averli chiamati a Natale. Questo libro di Borrometi non è un libro “su” Antonio, ma un libro “per” Antonio: “Non gli sarebbe piaciuto che qualcuno scrivesse un libro per commemorarne la memoria rendendolo un martire o un eroe. E nemmeno diventare un simbolo di chissà quale “meglio gioventù”. In lui mi sono rivisto: la sua passione era anche la mia”.