Ha già respinto ogni addebito (“Non credo di avere il suo numero di telefono, né mi ricordo come sia fatto fisicamente Fiduccia”), ma anche Gianfranco Micciché è finito nelle carte dell’inchiesta della Guardia di Finanza relativa allo scandalo Ast. In un passaggio delle intercettazioni che lo riguarda, Eusebio Dalì, vicepresidente dell’azienda dei Trasporti in quota Forza Italia, fa riferimento al vicerè berlusconiano. Era il 19 febbraio dell’anno scorso quando venne intercettato mentre diceva a Fiduccia di «essere stato contattato da Micciché – annota il gip – il quale gli avrebbe detto di avere bisogno “di una posizione su Trapani, di una su Enna, che si sposta dove va lui, e una su Palermo”».

Micciché ha smentito anche questa ricostruzione, eppure i finanzieri  – come riportato questa mattina da Repubblica – hanno chiesto ai pm di “valutare la sussistenza dell’ipotesi di reato di cui all’articolo 319-quater (induzione indebita a dare o promettere utilità) in capo a Gianfranco Miccichè ed Eusebio Dalì”. Per gli investigatori “è evidente come Fiduccia, la cui nomina è di matrice politica, subisca le incessanti richieste di assunzione di personale provenienti, tra l’altro, da Miccichè attraverso Dalì, richieste che vengono puntualmente assecondate”. Nel corso dell’interrogatorio di garanzia, lo stesso Fiduccia (ora ai domiciliari) avrebbe confermato le pressioni della politica. Ma non ha fatto nomi per evitare querele.

Il presidente dell’Ars, quando venne fuori l’inchiesta ‘Gomme lisce’, aveva subito precisato: “Chiedo al signor Fiduccia di indicare alla Procura i nominativi delle persone assunte su mia pressione, altrimenti lo denuncio per diffamazione. Quello di tirare fuori il mio nome sta diventando uno sport insopportabile”. La stessa posizione assunta da Musumeci, che invece Fiduccia l’ha già querelato. Secondo il giudice Marco Gaeta, infatti, «il direttore precisava che il “contatto” sono “Micciché o u prisirienti da Regione… iddi sunnu”».