Giuseppe Sottile

Da Tardino a Schifani
tramite il pagnottista

Si sono corteggiati per un mese. Da un lato c’era lei, Annalisa Tardino, l’ex europarlamentare leghista nominata dal ministro Salvini al vertice dell’Autorità Portuale. Dall’altro lato c’era lui, Maurizio Scaglione, il super pagnottista di Palazzo d’Orleans. Lei cercava brillanti vie di comunicazione, pari a quelle attivate da Pasqualino Monti, suo magico predecessore. E lui, uno specialista dei retrobottega e dell’informazione cash (paghi e vai sui giornali) ha offerto la sua merce. Finalmente si sono ritrovati. Ieri Annalisa Tardino è entrata in pompa magna nel bar del faccendiere per la rituale intervista. Segno che il contratto – in affidamento diretto, va da sé – sarebbe stato già firmato. I piccioli dati a Scaglione somigliano tanto a un ponte lanciato dall’ex parlamentare leghista verso Renato Schifani. Per dimenticare il Tar e altri..

Affidiamo alla Meloni
il nostro San Francesco

Chi glielo dice a Giorgia Meloni che l’accozzaglia di centrodestra ha sabotato il doveroso omaggio a Biagio Conte, il missionario di “Speranza e Carità” meglio conosciuto come il San Francesco di Palermo? La presidente del Consiglio è una devota del Poverello d’Assisi. Lo è al punto che si è battuta perinde ac cadaver per elevarlo a “Patrono d’Italia”. Il governo di Sicilia poteva seguire il suo esempio con Fratel Biagio. Invece al santo palermitano è stata sbattuta per tre volte la porta in faccia. Il film sulla vita eroica e straordinaria del missionario laico non riesce a ottenere dalla Regione i finanziamenti necessari. Il governatore Schifani ha preso per tre volte un impegno solenne. Ma per tre volte quell’impegno è naufragato nel mare delle imboscate e delle risse tra i..

Quell’asse funesto
tra due presidenti

Meno male che il presidente Schifani aveva rinsaldato l’asse con Galvagno. E meno male che aveva rassicurato i suoi trombettieri sentenziando: “La maggioranza c’è ed è compatta”. Perché in queste ore la realtà dice esattamente il contrario. Dice che Sala d’Ercole è un campo di battaglia dove ogni proposta del governo viene fucilata nel segreto dell’urna. Galvagno ha provato, da presidente dell’Ars, a tirare qualche ragno dal buco ma non lo ascolta più nessuno. Anzi. Se è vero che i voti contrari arrivano soprattutto dai patrioti, irritati dalle scelte di Palazzo d’Orleans sulla sanità, è probabile che il destinatario dei messaggi lanciati dai franchi tiratori sia, oltre a Schifani, anche l’ex golden boy di Fratelli d’Italia, visto come il disertore che nella battaglia cruciale si è consegnato al nemico. L’asse..

C’è pure l’antimafia
delle persecuzioni

Scusate la domanda, ma che ne facciamo della sofferenza patita da Giuseppe Ferdico o del calvario che ha accompagnato fino alla morte Francesco Lena? Il “re dei detersivi” è stato dichiarato innocente dopo tredici anni e dopo che ha perso famiglia, amici e un patrimonio di cento milioni di euro. Mentre per l’imprenditore vitivinicolo di Castelbuono i familiari chiedono a ragione un risarcimento di ventuno milioni di euro. Ferdico e Lena sono rimasti incagliati tra le spire di una antimafia chiodata, ingiusta e persecutoria. Sì, persecutoria. L’aggettivo è sgradevole, specie se raffrontato ai nobili ideali che hanno alimentato, dopo le stragi, la rivolta della società civile contro i boss di Cosa Nostra. Ma dopo avere visto l’antimafia delle pagnotte salire sul palco della Festa dell’Unità quale aggettivo potrà mai scandalizzare..

Il cappello di Galvagno
sulla Corte dei Conti

L’avvocato catanese Pietro Ivan Maravigna è stato eletto ieri, a scrutinio segreto, componente della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti. Sul suo nome sono confluiti a Sala d’Ercole 37 voti su 65 votanti. Le cronache parlamentari riferiscono che “il suo profilo è stato caldeggiato da Gaetano Galvagno”, il presidente dell’Ars sotto inchiesta per corruzione e peculato. Non conosco la storia dell’avvocato Maravigna, ma sono certo che siamo di fronte a un giurista di altissimo valore professionale e di cristallino rigore morale. Disturba non poco, però, la sfrontatezza con la quale Galvagno – che ha problemi con la giustizia penale e, forse, potrà averne qualcuno anche con la magistratura contabile – abbia fatto sapere ai giornali che la nomina è stata patrocinata da lui. Un sovrappiù che non sparge..

S’è preso la rivincita
su Tajani e Chinnici

Chi lo dice ad Antonio Tajani che Totò Cuffaro, buttato dalla finestra, è già rientrato dalla porta? Chi lo dice al segretario di Forza Italia che il tanto sputacchiato segretario della Dc oggi è l’unico punto fermo del governo presieduto da Renato Schifani? Nel maggio del 2024, alla vigilia delle elezioni europee Totò “vasa vasa” voleva federarsi con Forza Italia. Ma ci fu il veto di Caterina Chinnici, appena passata dalle file mortizze del Pd al partito, per lei molto promettente, di Forza Italia. Tajani, come si ricorderà, preferì accontentare la figlia del giudice ucciso dalla mafia e ostracizzare il leader Dc. Il quale ha ingoiato il rospo e, senza creare scompigli o meditare vendette, ha dato all’azzurro Schifani la solidità che Forza Italia e gli altri alleati non sono..

Vedrete, questa frattura
sarà sanata dalle mance

Macché crisi. A due anni dalle elezioni nessuno ha interesse a sfasciare il comodo governo di Renato Schifani. Meno che meno il partito di Giorgia Meloni, che pure ha messo in piedi il teatrino di disertare la giunta e di non avallare la conferma di Salvatore Iacolino alla Programmazione della Sanità. Fratelli d’Italia non ha né la forza né l’autorevolezza per sopportare i contraccolpi che una rottura del quadro politico comporterebbe. Gli scandali hanno già decapitato il vertice e il commissario Sbardella fa davvero fatica a mantenere compatte le truppe. La prova di forza su Iacolino l’ha voluta l’ex assessore Ruggero Razza, orfano di punti di riferimento dopo la caduta del suo amico Croce dall’Asp di Trapani. Ma la solidarietà dei camerati non è andata oltre il teatrino di Palazzo..

La casta si diverte
e la Sicilia paga

Ma dove sono finiti i sacri custodi della legalità? Tra i mosaici e gli stucchi dorati di Palazzo dei Normanni non si pavoneggiano solo i settanta deputati, con i loro sprechi e i loro sfrontati privilegi. Si muove anche, con paludata compostezza, una pletora di questori e super burocrati ai quali spetta il compito di accertare come vengono spesi i milioni di euro che l’Ars amministra in totale autonomia. Da quando la magistratura ha denunciato l’allegra gestione del presidente Galvagno, i controllori avrebbero dovuto aprire di più gli occhi. Ma non c’è scandalo che, in quel Palazzo, abbia il potere di cambiare le cose. Si scialacquava prima e si continua a scialacquare pure dopo. Senza limiti, senza pudore. E senza nessuno che chieda a Galvagno conto e ragione delle sue..

Per le Cannariato
la festa non finisce

Tutte le Marcelle Cannariato – o le Lady Dragotto, scegliete voi – possono dormire sonni tranquilli. Non hanno più motivo di sgomitare né di farsi largo in via Benedetto Civiletti, davanti alla casa di Gaetano Galvagno, magari col rischio di finire in una foto scattata dalla Guardia di Finanza. La festa continua. Il presidente dell’Ars, sotto inchiesta per corruzione e peculato, ha chiesto e ottenuto dai tre questori di Palazzo dei Normanni una integrazione di cinquecento mila euro al fondo contributi; a quel pozzo senza fondo, cioè, che gli consente di distribuire soldi a clienti e parenti, ad amici ed elettori. Fonti autorevolissime sostengono che Galvagno, in questi primi tre anni di legislatura, ha macinato circa quattro milioni di euro. Ciò che sorprende è la velocità con la quale i..

L’accozzaglia comincia
dalle doppiezze del Pd

Campo largo o accozzaglia? Il Pd, inchiodato al 20 per cento, insiste nel rivendicare la leadership della coalizione che nel settembre 2027 tenterà di conquistare sia la presidenza della Regione che il governo del Paese. Ma il risultato delle Marche non preoccupa la Meloni e non suscita alcun allarme nel centrodestra. Anzi, ci dice che con queste opposizioni l’alternanza è diventata obiettivamente una velleità. Soprattutto in Sicilia. Dove, sotto il simbolo del Pd, esistono due fazioni in contrapposizione. Ci sono due linee politiche: la riformista e la movimentista; ci sono due gruppi parlamentari: quello degli inciuci e quello delle mance; e ci sono pure due antimafie: quella delle pagnotte e quella che cerca di portare pulizia e legalità nelle istituzioni. Un partito così disunito potrà mai capeggiare una coalizione e..

Gerenza

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