La notte del 18 aprile 2015, nel Canale di Sicilia, affondava un peschereccio carico di migranti e disperazione. Una tragedia che seminò morte. Una tragedia che seminò morti. Fra 700 e 1000, un numero imprecisato. Nella memoria collettiva rimarrà una delle più grande sciagure del mare dei nostri tempi. Quel peschereccio, che venne riportato a terra nel 2017, oggi è diventato un’opera d’arte. Ed espone alla Biennale di Venezia, in zona Arsenale. Fa da cornice alla mostra di Ralph Rugolff, “May you live in interesting times”. Ma questa trovata è opera di un artista estroverso se ce n’è uno. Trattasi dello svizzero Christoph Buchel, che riesce sempre a far parlare di sé. Buchel, grazie all’ausilio dell’assessorato regionale siciliano ai Beni Culturali, e del compianto assessore Sebastiano Tusa, del comune di Augusta e del comitato “18 aprile 2015”, è riuscito a ottenere le autorizzazioni e prelevare il relitto dal pontile della marina mercantile di Augusta, dove l’aveva riportato il governo Renzi con una operazione costata quasi 10 milioni di euro.

All’interno della barca della morte furono trovati i cadaveri di circa 300 persone. Oggi quel peschereccio segnala la riapertura di una ferita. Suggerisce che non si deve mai abbassare la guardia. Ricorda gli orrori della storia più recente. E’ una pagina di cronaca tramutato in monumento dell’umanità. Di un’artista che sta dalla parte dell’impegno civile, un dono prezioso di questi tempi. La curatrice dell’opera – Barca Nostra – si chiama Mariachiara Di Trapani. Racconta che “era custodita dal ministero della Difesa attraverso la Marina Militare di Augusta, sul pontile della baso Nato, ma sembrava impossibile capire se appartenesse alle Dogane, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai Beni Culturali…”. A quel punto si mosse l’assessore Sebastiano Tusa, che due mesi fa rimase vittima di uno schianto aereo nei pressi di Addis Abeba, mentre raggiungeva un convegno Unesco. “Ha avuto la premura, prima della sua partenza per Nairobi, di informare il suo gabinetto, condividendo tutte le informazioni su ‘Barca Nostra’, così che si potesse inviare la lettera di sostegno per il Ministero. Ha avuto l’attenzione di comunicarlo per e-mail e telefonicamente poche ore prima di salire su quell’infausto volo. Per me che ho curato il progetto – continua la Di Trapani nel corso di un’intervista ad Art Tribune – e condotto la battaglia burocratica, l’Assessorato dei Beni Culturali è diventato un riferimento importante, un interlocutore prezioso e disponibile nelle diverse fasi tecnico-amministrative. E un particolare ringraziamento sento di doverlo rivolgere al Direttore Sergio Alessandro e al dott. Angileri”.

E proprio Sergio Alessandro, che Tusa lo conosceva bene e aveva il privilegio di lavorarci in coppia, ricorda come la barca di Buchel “fu uno dei progetti che Sebastiano Tusa aveva già apprezzato e di cui avremmo dovuto discutere ancora al ritorno da quel tragico viaggio. Dopo la sua scomparsa fui raggiunto telefonicamente dalla curatrice, molto provata per le difficoltà burocratiche. La rassicurai dicendole che avrei fatto tutto il possibile proprio per onorare il nostro assessore. Si stupì dell’attenzione che riservai alla vicenda, ma fu per me naturale: ho cercato di agevolarne i passaggi nel ricordo di Sebastiano e in ossequio degli impegni presi”. Così oggi quel peschereccio, teatro di morte, è sintomo d’arte e di memoria. Grazie a Sebastiano Tusa. Per Sebastiano Tusa.